Una volta si diceva che la minestra era la biada dell'uomo; oggi i medici consigliano di mangiarne poca per non dilatare troppo lo stomaco e per lasciare la prevalenza al nutrimento carneo, il quale rinforza la fibra, mentre i farinacei, di cui le minestre ordinariamente si compongono, risolvendosi in
tessuto adiposo, la rilassano. A questa teoria non contraddico: ma se mi fosse permessa
un'osservazione, direi: Poca minestra a chi non trovandosi nella pienezza delle sue forze,
né in perfetta salute, ha bisogno di un trattamento speciale; poca minestra a coloro che
avendo tendenza alla pinguedine ne vogliono rattener lo sviluppo; poca minestra, e
leggiera, ne' pranzi di parata se i commensali devono far onore alle varie pietanze che le
vengono appresso; ma all'infuori di questi casi una buona e generosa minestra per chi ha
uno scarso desinare sarà sempre la benvenuta, e però fatele festa. Penetrato da questa
ragione mi farò un dovere d'indicare tutte quelle minestre che via via l'esperienza mi
verrà suggerendo.
I piselli del n. 427 possono dar sapore e
grazia, come tutti sanno, alle minestre in brodo di riso, pastine e malfattini; ma si
prestano ancora meglio per improvvisare, se manca il brodo, il risotto del n.75.
7. CAPPELLETTI ALL'USO DI ROMAGNA
Sono così chiamati per la loro forma a
cappello. Ecco il modo più semplice di farli onde riescano meno gravi allo stomaco.
Ricotta, oppure metà ricotta e metà
cacio raviggiolo, grammi 180.
Mezzo petto di cappone cotto nel burro, condito con sale e pepe, e tritato fine fine colla
lunetta.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Uova, uno intero e un rosso.
Odore di noce moscata, poche spezie, scorza di limone a chi piace.
Un pizzico di sale.
Assaggiate il composto per poterlo al
caso correggere, perché gl'ingredienti non corrispondono sempre a un modo. Mancando il
petto di cappone, supplite con grammi 100 di magro di maiale nella lombata, cotto e
condizionato nella stessa maniera.
Se la ricotta o il raviggiolo fossero
troppo morbidi, lasciate addietro la chiara d'uovo oppure aggiungete un altro rosso se il
composto riescisse troppo sodo. Per chiuderlo fate una sfoglia piuttosto tenera di farina
spenta con sole uova servendovi anche di qualche chiara rimasta, e tagliatela con un disco
rotondo della grandezza come quello segnato [figura01].
Ponete il composto in mezzo ai dischi e
piegateli in due formando così una mezza luna; poi prendete le due estremità della
medesima, riunitele insieme ed avrete il cappelletto compito.
Se la sfoglia vi si risecca fra mano,
bagnate, con un dito intinto nell'acqua, gli orli dei dischi. Questa minestra per rendersi
più grata al gusto richiede il brodo di cappone; di quel rimminchionito animale che per
sua bontà si offre nella solennità di Natale in olocausto agli uomini. Cuocete dunque i
cappelletti nel suo brodo come si usa in Romagna, ove trovereste nel citato giorno degli
eroi che si vantano di averne mangiati cento; ma c'è il caso però di crepare, come
avvenne ad un mio conoscente. A un mangiatore discreto bastano due dozzine.
A proposito di questa minestra vi
narrerò un fatterello, se vogliamo di poca importanza, ma che può dare argomento a
riflettere.
Avete dunque a sapere che di lambiccarsi
il cervello su' libri i signori di Romagna non ne vogliono saper buccicata, forse perché
fino dall'infanzia i figli si avvezzano a vedere i genitori a tutt'altro intenti che a
sfogliar libri e fors'anche perché, essendo paese ove si può far vita gaudente con poco,
non si crede necessaria tanta istruzione; quindi il novanta per cento, a dir poco, dei
giovanetti, quando hanno fatto le ginnasiali, si buttano sull'imbraca, e avete un bel
tirare per la cavezza ché non si muovono. Fino a questo punto arrivarono col figlio
Carlino, marito e moglie, in un villaggio della bassa Romagna; ma il padre che la
pretendeva a progressista, benché potesse lasciare il figliuolo a sufficienza provvisto
avrebbe pur desiderato di farne un avvocato e, chi sa, fors'anche un deputato, perché da
quello a questo è breve il passo. Dopo molti discorsi, consigli e contrasti in famiglia
fu deciso il gran distacco per mandar Carlino a proseguire gli studi in una grande città,
e siccome Ferrara era la più vicina per questo fu preferita. Il padre ve lo condusse, ma
col cuore gonfio di duolo avendolo dovuto strappare dal seno della tenera mamma che lo
bagnava di pianto. Non era anco scorsa intera la settimana quando i genitori si erano
messi a tavola sopra una minestra di cappelletti, e dopo un lungo silenzio e qualche
sospiro la buona madre proruppe:
- Oh se ci fosse stato il nostro Carlino
cui i cappelletti piacevano tanto! - Erano appena proferite queste parole che si sente
picchiare all'uscio di strada, e dopo un momento, ecco Carlino slanciarsi tutto festevole
in mezzo alla sala.
- Oh! cavallo di ritorno, esclama il
babbo, cos'è stato? - È stato, risponde Carlino, che il marcire sui libri non è affare
per me e che mi farò tagliare a pezzi piuttosto che ritornare in quella galera. - La
buona mamma gongolante di gioia corse ad abbracciare il figliuolo e rivolta al marito: -
Lascialo fare, disse, meglio un asino vivo che un dottore morto; avrà abbastanza di che
occuparsi co' suoi interessi. - Infatti, d'allora in poi gl'interessi di Carlino furono un
fucile e un cane da caccia, un focoso cavallo attaccato a un bel baroccino e continui
assalti alle giovani contadine.
8. TORTELLINI ALL'ITALIANA (AGNELLOTTI)
Braciuole di maiale nella lombata, circa
grammi 300.
Un cervello di agnello o mezzo di bestia più grossa.
Midollo di bue, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 50.
Rossi d'uovo n. 3 e, al bisogno, aggiungete una chiara.
Odore di noce moscata.
Disossate e digrassate le braciuole di
maiale, e poi tiratele a cottura in una cazzaruola con burro, sale e una presina di pepe.
In mancanza del maiale può servire il magro del petto di tacchino nella proporzione di
grammi 200, cotto nella stessa maniera. Pestate o tritate finissima la carne con la
lunetta; poi unite alla medesima il cervello lessato e spellato, il midollo crudo e tutti
gli altri ingredienti, mescolandoli bene insieme. Quindi i tortellini si chiudono in una
sfoglia come i cappelletti e si ripiegano nella stessa guisa, se non che questi si fanno
assai più piccoli. Ecco, per norma, il loro disco [figura02].
9. TORTELLINI ALLA BOLOGNESE
Quando sentite parlare della cucina
bolognese fate una riverenza, ché se la merita. È un modo di cucinare un po' grave, se
vogliamo, perché il clima così richiede; ma succulento, di buon gusto e salubre, tanto
è vero che colà le longevità di ottanta e novant'anni sono più comuni che altrove. I
seguenti tortellini, benché più semplici e meno dispendiosi degli antecedenti, non sono
per bontà inferiori, e ve ne convincerete alla prova.
Prosciutto grasso e magro, grammi 30.
Mortadella di Bologna, grammi 20.
Midollo di bue, grammi 60.
Parmigiano grattato, grammi 60.
Uova, n. 1.
Odore di noce moscata.
Sale e pepe, niente.
Tritate ben fini colla lunetta il
prosciutto e la mortadella, tritate egualmente il midollo senza disfarlo al fuoco,
aggiungetelo agli altri ingredienti ed intridete il tutto coll'uovo mescolando bene. Si
chiudono nella sfoglia d'uovo come gli altri, tagliandola col piccolo stampo del n. 8. Non
patiscono conservandoli per giorni ed anche per qualche settimana e se desiderate che
conservino un bel color giallo metteteli, appena fatti, ad asciugare nella caldana. Con
questa dose ne farete poco meno di 300, e ci vorrà una sfoglia di tre uova.
Bologna è un gran castellazzo dove si
fanno continue magnazze, diceva un tale che a quando a quando colà si recava a
banchettare cogli amici. Nell'iperbole di questa sentenza c'è un fondo di vero, del
quale, un filantropo che vagheggiasse di legare il suo nome a un'opera di beneficenza
nuova in Italia, potrebbe giovarsi. Parlo di un Istituto culinario, ossia scuola di cucina
a cui Bologna si presterebbe più di qualunque altra città pei suo grande consumo, per
l'eccellenza dei cibi e pel modo di cucinarli. Nessuno apparentemente vuol dare importanza
al mangiare, e la ragione è facile a comprendersi: ma poi, messa da parte l'ipocrisia,
tutti si lagnano di un desinare cattivo o di una indigestione per cibi mal preparati. La
nutrizione essendo il primo bisogno della vita, è cosa ragionevole l'occuparsene per
soddisfarlo meno peggio che sia possibile.
Uno scrittore straniero dice: "La
salute, la morale, le gioie della famiglia si collegano colla cucina, quindi sarebbe
ottima cosa che ogni donna, popolana o signora, conoscesse un'arte che è feconda di
benessere, di salute, di ricchezza e di pace alla famiglia"; e il nostro Lorenzo
Stecchetti (Olindo Guerrini) in una conferenza tenuta all'Esposizione di Torino il 21
giugno 1884 diceva: "È necessario che cessi il pregiudizio che accusa di volgarità
la cucina, poiché non è volgare quel che serve ad una voluttà intelligente ed elegante.
Un produttore di vini che manipola l'uva e qualche volta il campeggio per cavarne una
bevanda grata, è accarezzato, invidiato e fatto commendatore. Un cuoco che manipola
anch'esso la materia prima per ottenerne un cibo piacevole, nonché onorato e stimato, non
è nemmeno ammesso in anticamera. Bacco è figlio di Giove, Como (il Dio delle mense) di
ignoti genitori. Eppure il savio dice: Dimmi quel che tu mangi e ti dirò chi sei. Eppure
i popoli stessi hanno una indole loro, forte o vile, grande o miserabile, in gran parte
dagli alimenti che usano. Non c'è dunque giustizia distributiva. Bisogna riabilitare la
cucina".
Dico dunque che il mio Istituto dovrebbe
servire per allevare delle giovani cuoche le quali, naturalmente più economiche degli
uomini e di minore dispendio, troverebbero facile impiego e possederebbero un'arte, che
portata nelle case borghesi, sarebbe un farmaco alle tante arrabbiature che spesso
avvengono nelle famiglie a cagione di un pessimo desinare; e perché ciò non accada sento
che una giudiziosa signora, di una città toscana, ha fatto ingrandire la sua troppo
piccola cucina per aver più agio a divertirsi col mio libro alla mano.
Ho lasciato cader questa idea così in
embrione ed informe; la raccatti altri, la svolga e ne faccia suo pro qualora creda
l'opera meritoria. Io sono d'avviso che una simile istituzione ben diretta, accettante le
ordinazioni dei privati e vendendo le pietanze già cucinate, si potrebbe impiantare,
condurre e far prosperare con un capitale e con una spesa relativamente piccoli.
Se vorrete i tortellini anche più
gentili aggiungete alla presente ricetta un mezzo petto di cappone cotto nel burro, un
rosso d'uovo e la buona misura di tutto il resto.
10. TORTELLINI DI CARNE DI PICCIONE
Questi tortellini merita il conto ve li
descriva, perché riescono eccellenti nella loro semplicità.
Prendete un piccione giovane e, dato che
sia bell'e pelato del peso di mezzo chilogrammo all'incirca, corredatelo con
Parmigiano grattato, grammi 80.
Prosciutto grasso e magro, grammi 70.
Odore di noce moscata.
Vuotate il piccione dalle interiora, ché
il fegatino e il ventriglio non servono in questo caso, e lessatelo. Per lessarlo
gettatelo nell'acqua quando bolle e salatela; mezz'ora di bollitura è sufficiente,
perché dev'essere poco cotto. Tolto dal fuoco disossatelo, poi tanto questa carne che il
prosciutto tritateli finissimi prima col coltello indi colla lunetta, e per ultimo,
aggiuntovi il parmigiano e la noce moscata, lavorate il composto con la lama del coltello
per ridurlo tutto omogeneo.
Per chiuderli servitevi del disco n. 8, e
con tre uova di sfoglia ne otterrete 260 circa. Potete servirli in brodo, per minestra,
oppure asciutti conditi con cacio e burro, o meglio con sugo e rigaglie.
11. PANATA
Questa minestra, con cui si solennizza in
Romagna la Pasqua d'uovo, è colà chiamata tridura, parola della quale si è perduto in
Toscana il significato, ma che era in uso al principio del secolo XIV, come apparisce da
un'antica pergamena in cui si accenna a una funzione di riconoscimento di patronato, che
consisteva nell'inviare ogni anno alla casa de' frati di Settimo posta in Cafaggiolo
(Firenze) un catino nuovo di legno pieno di tridura e sopra al medesimo alcune verghe di
legno per sostenere dieci libbre di carne di porco guarnita d'alloro. Tutto s'invecchia e
si trasforma nel mondo, anche le lingue e le parole; non però gli elementi di cui le cose
si compongono, i quali, per questa minestra sono:
Pane del giorno avanti, grattato, non
pestato, gr. 130.
Uova, n. 4.
Cacio parmigiano, grammi 50.
Odore di noce moscata.
Sale, un pizzico.
Prendete una cazzaruola larga e formate
in essa un composto non tanto sodo con gl'ingredienti suddetti, aggiungendo del
pangrattato se occorre. Stemperatelo con brodo caldo, ma non bollente, e lasciatene
addietro alquanto per aggiungerlo dopo.
Cuocetelo con brace all'ingiro, poco o
punto fuoco sotto e con un mestolo, mentre entra in bollore, cercate di radunarlo nel
mezzo scostandolo dalle pareti del vaso senza scomporlo. Quando lo vedrete assodato,
versatelo nella zuppiera e servitelo.
Questa dose può bastare per sei persone.
Se la panata è venuta bene la vedrete
tutta in grappoli col suo brodo chiaro all'intorno. Piacendovi mista con erbe o con
piselli cuocerete queste cose a parte, e le mescolerete nel composto prima di scioglierlo
col brodo.
12. MINESTRA DI PANGRATTATO
I pezzetti di pane avanzato, divenuti
secchi, in Toscana si chiamano seccherelli; pestati e stacciati, servono in cucina da
pangrattato e si possono anche adoperare per una minestra. Versate questo pangrattato nel
brodo, quando bolle, nella stessa proporzione di un semolino. A seconda della quantità,
disfate due o più uova nella zuppiera, uniteci una cucchiaiata colma di parmigiano per
ogni uovo e versateci la minestra bollente a poco per volta.
13. TAGLIERINI DI SEMOLINO
Non sono molto dissimili da quelli fatti
di farina, ma reggono di più alla cottura, essendo la sodezza un pregio di questa
minestra. Oltre a ciò lasciano il brodo chiaro e pare che lo stomaco rimanga più
leggiero.
Occorre semolino di grana fine; ed ha
bisogno di essere intriso colle uova qualche ora prima di tirare la sfoglia. Se quando
siete per tirarla, vi riuscisse troppo morbida, aggiungete qualche pizzico di semolino
asciutto per ridurre l'impasto alla durezza necessaria, onde non si attacchi al
matterello. Non occorre né sale, né altri ingredienti.
14. GNOCCHI
È una minestra da farsene onore; ma se
non volete consumare appositamente per lei un petto di pollastra o di cappone, aspettate
che vi capiti d'occasione.
Cuocete nell'acqua, o meglio a vapore,
grammi 200 di patate grosse e farinacee e passatele per istaccio, A queste unite il petto
di pollo lesso tritato finissimo colla lunetta, grammi 40 di parmigiano grattato, due
rossi d'uovo, sale quanto basta e odore di noce moscata. Mescolate e versate il composto
sulla spianatoia sopra a grammi 30 o 40 (che tanti devono bastare) di farina per legarlo,
e poterlo tirare a bastoncini grossi quanto il dito mignolo. Tagliate questi a tocchetti e
gettateli nel brodo bollente ove una cottura di cinque o sei minuti sarà sufficiente.
Questa dose potrà bastare per sette od
otto persone.
Se il petto di pollo è grosso, due soli
rossi non saranno sufficienti.
15. MINESTRA DI SEMOLINO COMPOSTA (I)
Cuocete semolino di grana fine nel latte
e gettatene tanto che riesca ben sodo. Quando lo ritirate dal fuoco conditelo con sale,
parmigiano grattato, un pezzetto di burro e odore di noce moscata e lasciatelo diacciare.
Allora stemperate il composto con uova fino a ridurlo come una liquida crema. Prendete una
forma liscia di latta, ungetene bene il fondo col burro, aderitegli un foglio ugualmente
unto e versate il detto composto nella medesima per assodarlo a bagnomaria con fuoco
sopra. Cotto e diaccio che sia, una lama di coltello passata all'intorno e la carta del
fondo vi daranno aiuto a sformarlo. Tagliatelo a mattoncini o a mostaccioli della
grossezza di uno scudo e della larghezza di un centimetro o due e gettateli nel brodo
facendoli bollire qualche minuto.
Basta un bicchiere di latte e due uova a
fare una minestra per quattro o cinque persone. Con un bicchiere e due dita di latte e tre
uova ho fatto una minestra che è bastata per otto persone.
16. MINESTRA DI SEMOLINO COMPOSTA (II)
La minestra di semolino fatta nella
seguente maniera mi piace più dell'antecedente, ma è questione di gusto.
Per ogni uovo:
Semolino, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Burro, grammi 20.
Sale, una presa.
Odore di noce moscata.
Il burro scioglietelo al fuoco e, tolto
via dal fuoco, versateci sopra il semolino e il parmigiano, sciogliendo bene il composto
colle uova. Poi versatelo in una cazzaruola con un foglio imburrato sotto per assodarlo
fra due fuochi, badando che non rosoli. Sformato e diaccio che sia, tagliatelo a piccoli
dadi o in altro modo, facendolo bollire nel brodo per dieci minuti.
Tre uova basteranno per cinque persone.
17.
MINESTRA DI KRAPFEN
Meno lo zucchero è la stessa
composizione del n. 182. Ecco le dosi di una minestra per sette od otto persone.
Farina d'Ungheria, grammi 100.
Burro, grammi 20.
Lievito di birra, quanto una noce.
Uova, n. 1
Sale, una presa.
Tirato il pastone a stiacciata della
grossezza alquanto meno di mezzo dito, tagliatelo con un cannello di latta del diametro
segnato [figura03]
per farne come tante pasticche che
porrete a lievitare. Le vedrete crescere in forma di pallottole e allora friggetele
nell'olio, se lo avete eccellente, altrimenti nel lardo o nel burro. Quando siete per
mandare in tavola collocatele nella zuppiera e versate sulle medesime il brodo bollente.
18. MINESTRA DEL PARADISO
È una minestra sostanziosa e delicata;
ma il Paradiso, fosse pur quello di Maometto, non ci ha nulla che fare.
Montate sode quattro chiare d'uovo,
incorporateci dentro i rossi, poi versateci quattro cucchiaiate non tanto colme di
pangrattato fine di pane duro, altrettanto di parmigiano grattato e l'odore della noce
moscata.
Mescolate adagino onde il composto resti
soffice e gettatelo nel brodo bollente a cucchiaini. Fatelo bollire per sette od otto
minuti e servitelo.
Questa dose potrà bastare per sei
persone.
19. MINESTRA DI CARNE PASSATA
Vitella di latte magra, grammi 150.
Prosciutto grasso, grammi 25.
Parmigiano grattato, grammi 25.
Pappa fatta con midolla di pane, acqua e un pezzetto di burro due cucchiaiate.
Uova n. 1
Odore di noce moscata
Sale quanto basta.
Tritate prima la carne e il prosciutto
con un coltello a colpo, dopo colla lunetta, poi pestateli nel mortaio e passateli per
istaccio. Fatene quindi tutto un impasto coll'uovo e gli altri ingredienti: quando bolle
il brodo gettatelo a cucchiaini o passatelo da una siringa per dargli forma graziosa, e
dopo una bollitura sufficiente a cuocerlo, servite la minestra.
Questa quantità basta per quattro o
cinque persone, ma potete farla servire anche per dodici mescolandola in una zuppa.
Prendete allora pane finissimo del giorno avanti, tagliatelo a piccoli dadi e rosolatelo
in padella alla svelta con molto unto. Quando siete per mandare in tavola ponete il detto
pane nella zuppiera e versate sul medesimo la sopra descritta minestra di carne passata.
20. MINESTRA DI PASSATELLI
Eccovi due ricette che, ad eccezione
della quantità, poco differiscono l'una dall'altra.
Prima:
Pangrattato, grammi 100.
Midollo di bue, grammi 20.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Uova, n. 2.
Odore di noce moscata o di scorza di limone, oppure dell'una e dell'altra insieme.
Questa dose può bastare per quattro
persone.
Seconda:
Pangrattato, grammi 170.
Midollo di bue, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 70.
Uova n. 3 e un rosso.
Odore come sopra.
Può bastare per sette od otto persone.
Il midollo serve per renderli più
teneri, e non è necessario scioglierlo al fuoco; basta stiacciarlo e disfarlo colla lama
di un coltello. Impastate ogni cosa insieme per formare un pane piuttosto sodo; ma
lasciate addietro alquanto pangrattato per aggiungerlo dopo, se occorre.
Si chiamano passatelli perché prendono
la forma loro speciale passando a forza dai buchi di un ferro fatto appositamente, poche
essendo le famiglie in Romagna che non l'abbiano, per la ragione che questa minestra vi è
tenuta in buon conto come, in generale, a cagione del clima, sono colà apprezzate tutte
le minestre intrise colle uova delle quali si fa uso quasi quotidiano. Si possono passare
anche dalla siringa.
21. MINESTRA DI PASSATELLI DI CARNE
Filetto di manzo, grammi 150.
Pangrattato, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Midollo di bue, grammi 15.
Burro, grammi 15.
Rossi d'uovo, n. 2.
Sale, quanto basta.
Odore di noce moscata.
Il filetto pestatelo nel mortaio e
passatelo dallo staccio.
Il midollo e il burro stiacciateli
insieme con la lama di un coltello e uniteli alla carne. Aggiungere il resto per fare un
pastone che riescirà sodo da poterci premere sopra il ferro come ai passatelli del numero
precedente.
Fateli bollire nel brodo per dieci minuti
e serviteli per sei persone.
Anche un petto di pollo o un pezzo di
petto di tacchino lessati o crudi, possono servire a quest'uso invece del filetto.
22. MINESTRA A BASE DI RICOTTA
Prendete il composto dei cappelletti n.
7, ma invece di chiuderlo nella sfoglia gettatelo a cucchiaini nel brodo quando bolle, e
appena assodato versatelo nella zuppiera e servitelo.
23. MINESTRA DI NOCCIUOLE DI SEMOLINO
Latte, decilitri 3.
Semolino, grammi 100.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Uova, uno intero e un torlo.
Burro, quanto una noce.
Sale, quanto basta.
Farina, idem.
Odore di noce moscata.
Mettete il latte al fuoco col burro e
quando bolle versate il semolino a poco a poco. Salatelo; quando è cotto e caldo ancora,
ma non bollente, scocciategli dentro le uova, aggiungete il parmigiano e l'odore e
mescolate. Lasciatelo diacciar bene e poi versatelo sulla spianatoia sopra a uno strato di
farina. Avvoltolatelo leggermente sulla medesima tirandone un bastoncino che taglierete a
pezzetti uguali per fame tante pallottole della grandezza di una nocciuola. Gettatele nel
brodo quando bolle e, poco dopo, versatele nella zuppiera e mandatele in tavola. A vostra
norma, vedrete che assorbiranno da 25 a 30 grammi soltanto di farina; ma poi dipenderà il
più e il meno dai come riesce il composto.
Questa dose potrà bastare per cinque o
sei persone.
24. MINESTRA DI BOMBOLINE DI FARINA
Sono le bombe composte del n. 184 meno la
mortadella; per eseguirle guardate quindi quella ricetta, la cui quantità può bastare
per otto o dieci persone, tanto rigonfiano per uso di minestra, anche se le terrete
piccole quanto una nocciuola. Per gettarle in padella prendete su il composto col mestolo,
e colla punta di un coltello da tavola, intinto nell'unto a bollore, distaccatelo a
pezzettini rotondeggianti. Friggetele nel lardo vergine o nel burro, ponetele nella
zuppiera, versateci sopra il brodo bollente e mandatele subito in tavola.
Per avvantaggiarvi, se avete un pranzo,
potete fare il composto il giorno innanzi e friggere le bomboline la mattina dipoi; ma
d'inverno non patiscono anche se stanno fritte per qualche giorno.
25. MINESTRA DI MATTONCINI DI RICOTTA
Ricotta, grammi 200.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Uova, n. 2.
Sale, quanto basta.
Odori di scorza di limone e di noce moscata,
Disfate la ricotta passandola per
istaccio, aggiungere il resto e le uova uno alla volta. Mescolate bene e versate il
composto in uno stampo liscio per cuocerlo a bagnomaria. Sformatelo diaccio, levategli la
carta colla quale avrete coperto il fondo dello stampo e tagliatelo a dadini della
dimensione di un centimetro circa. Collocateli poi nella zuppiera, versate sui medesimi il
brodo bollente e mandateli in tavola.
Questa dose basterà per cinque o sei
persone.
26. MINESTRA DI MILLE FANTI
Mezzo uovo per persona è più che
sufficiente per questa minestra, quando si è in parecchi.
Prendete un pentolo e in fondo al
medesimo ponete tanti cucchiaini colmi di farina quante sono le uova; aggiungete
parmigiano grattato, odore di noce moscata, una presa di sale e per ultimo le uova.
Frullate ogni cosa insieme ben bene e versate il composto nel brodo quando bolle,
facendolo passare da un colino di latta a buchi larghi, rimestando in pari tempo il brodo.
Lasciate bollire alquanto e servite.
27. MINESTRA DI LATTE COMPOSTA
Farina, grammi 60.
Burro, grammi 40.
Parmigiano, grammi 30.
Latte, decilitri 4.
Uova, n. 4.
Sale, quanto basta.
Odore di noce moscata, se piace.
Mettete il burro al fuoco e appena
squagliato versate la farina; mescolate, e quando comincia a prendere colore versate il
latte a poco per volta. Fate bollire alquanto, poi ritirate il composto dal fuoco e
conditelo aggiungendo le uova per ultimo quando sarà diaccio. cuocetelo a bagnomaria come
la minestra di semolino n. 15 e regolatevi come per la medesima.
Questa dose potrà servire per otto o
dieci persone.
28. MINESTRA DI PANE ANGELICO
Midolla di pane fine, grammi 150.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Midollo di bue, grammi 40.
Parmigiano, grammi 40.
Farina, quanto basta.
Uova, n. 2, meno una chiara.
Odore di noce moscata.
La midolla di pane bagnatela col brodo
bollente tanto che s'inzuppi appena appena e spremetela forte entro a un canovaccio. Il
prosciutto tritatelo finissimo; il midollo di bue stiacciatelo colla lama piatta di un
coltello, e con essa rimestatelo tanto da ridurlo come un unguento. Mescolate queste tre
cose insieme col parmigiano ed aggiungete le uova.
Distendete un velo di farina sulla
spianatoia, versategli sopra il composto, copritelo con altra farina e fategliene prender
tanta (qualcosa meno di 100 grammi possono bastare) per formare delle pallottole,
piuttosto morbide, e grosse come le nocciuole. Gettatele nel brodo bollente e dopo 10
minuti di cottura servitele.
Questa dose potrà bastare per dieci o
dodici persone.
29. MINESTRA DI BOMBOLINE DI PATATE
Patate, grammi 500.
Burro, grammi 40.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Rossi d'uovo, n. 3.
Odore di noce moscata.
Cuocete le patate nell'acqua o, meglio, a
vapore, sbucciatele, passatele calde dallo staccio e salatele. Aggiungete gl'ingredienti
suddetti e lavoratele alquanto. Distendete un velo di farina sulla spianatoia e sopra la
medesima versate il composto per poterlo tirare a bastoncini senza che la farina penetri
nell'interno, e con questi formate delle palline grosse come le nocciuole. Friggetele
nell'olio o nel lardo ove sguazzino e mettetele nella zuppiera versandovi il brodo
bollente.
Questa dose potrà bastare per otto o
dieci persone.
30. MINESTRA DI BOMBOLINE DI RISO
Riso, grammi 100.
Burro, grammi 20.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Un rosso d'uovo.
Odore di noce moscata.
Sale, quanto basta.
Cuocete molto e ben sodo il riso nel
latte (mezzo litro potrà bastare); prima di levarlo dal fuoco aggiungete il burro e il
sale e quando non è più a bollore metteteci il rimanente; pel resto regolatevi come alla
ricetta antecedente. Queste bomboline riescono al gusto migliori di quelle di patate.
Questa dose basterà per sei persone.
31. MINESTRA DI DUE COLORI
Questa è una minestra delicata e
leggiera che può piacere in Toscana specialmente alle signore; ma non sarebbe da
presentarsi a un pranzo in Romagna ove il morbidume sotto ai denti non è punto del gusto
di quel paese delle tagliatelle per eccellenza; meno poi lo sarebbe quella moccicaglia di
minestra di tapioca, la quale, salvo pochissime eccezioni, al solo vederla promuoverebbe
colà il mal di stomaco.
Farina, grammi 180.
Burro, grammi 60.
Parmigiano, grammi 40.
Latte, decilitri 4.
Uova, due intere e due rossi.
Sale, quanto basta.
Odore di noce moscata.
Un pugno di spinaci.
Lessate gli spinaci, strizzateli bene
dall'acqua e passateli dallo staccio. Mettete il burro al fuoco e quando è sciolto
gettateci la farina mescolando bene; poi versateci il latte caldo a poco per volta,
salatela e mentre cuoce lavoratela col mestolo per farne una pasta omogenea.
Levatela e quando sarà tiepida
stemperatela colle uova aggiungendo il parmigiano e la noce moscata. Poi questo composto
dividetelo in due parti uguali, in una delle quali mescolerete i detti spinaci in
quantità sufficiente a farle prendere il color verde e non di più.
Ponete il composto nella siringa con lo
stampino a buchi rotondi e spingetelo nel brodo bollente come i passatelli del n. 48; ma
questa operazione occorre farla in due volte, prima col composto giallo e dopo col verde.
Questa dose sarà sufficiente per otto o
dieci persone.
32.
ZUPPA RIPIENA
Prendete mezzo petto di cappone o di un
pollo grosso, una fettina di prosciutto grasso e magro, un pezzetto di midollo; fatene un
battuto, conditelo con parmigiano grattato, dategli l'odore della noce moscata e legatelo
con un uovo. Il sale, essendovi il prosciutto, non occorre.
Prendete un filoncino di pane raffermo,
affettatelo in tondo alla grossezza di mezzo dito, levate alle fette la corteccia e sulla
metà del numero delle medesime spalmate il composto suddetto; ad ognuna di queste fette
spalmate, sovrapponete una fetta senza battuto e pigiatele insieme onde si attacchino. Poi
queste fette così appaiate, tagliatele a piccoli dadi, e friggeteli nel lardo vergine o
nell'olio o nel burro, conforme al gusto del paese o vostro.
Quando è ora di servir la zuppa in
tavola, ponete i dadi fritti nella zuppiera e versateci sopra il brodo bollente.
33.
ZUPPA DI OVOLI
Al tempo dei funghi potete servire questa
minestra in un pranzo anche signorile che non vi farà sfigurare.
Gli ovoli sono que' funghi di colore
arancione descritti al n. 396. Prendetene grammi 600, che quando saranno nettati e
spellati rimarranno grammi 500 circa. Lavateli interi e tagliateli a fette piccole e
sottili o a pezzetti.
Fate un battuto con 50 grammi di lardone
e un pizzico di prezzemolo e mettetelo al fuoco con 50 grammi di burro e tre cucchiaiate
d'olio. Quando avrà soffritto versate i funghi e salateli alquanto per dar loro mezza
cottura, poi versateli nel brodo con tutto il soffritto per farli bollire altri dieci
minuti. Prima di levarli, disfate nella zuppiera un uovo intero e un rosso con un pugno di
parmigiano grattato e versateci sopra la minestra poca per volta rimestando, indi uniteci
dadini di pane arrostito; ma avvertite che la zuppa resti molto brodosa.
Questa dose potrà bastare per sei o
sette persone.
Se ne fate la metà, può bastare
soltanto l'uovo intero.
34. ZUPPA DI ZUCCA GIALLA
Zucca gialla, sbucciata e tagliata a
fette sottili, un chilogrammo. Mettetela a cuocere con due ramaiuoli di brodo e poi
passatela dallo staccio.
Fate al fuoco un intriso con grammi 60 di
burro e due cucchiaiate rase di farina, e quando avrà preso il colore biondo fermatelo
col brodo; aggiungete la zucca passata e il resto del brodo che basti per sei persone. Poi
versatelo bollente sopra a dadini di pane fritto e mandate la zuppa in tavola con
parmigiano grattato a parte.
Se farete questa zuppa a dovere e con
brodo buono, potrà comparire su qualunque tavola ed avrà anche il merito di essere
rinfrescante.
35. ZUPPA DI PURÈ DI PISELLI, DI GRASSO
Trattandosi qui di piselli da passare non
occorre sieno de' più teneri. Grammi 400 di piselli sgranati possono bastare per sei
persone che pranzino alla moda, cioè con poca minestra. Cuoceteli nel brodo con un
mazzetto, che poi getterete via, composto di prezzemolo, sedano, carota e qualche foglia
di basilico. Quando i piselli saranno cotti gettate fra i medesimi, per inzupparle, due
fette di pane fritto nel burro e passate per istaccio ogni cosa. Diluite questo composto
col brodo occorrente, aggiungete un po' di sugo di carne se ne avete e bagnate la zuppa,
la quale dovrà essere di pane sopraffine raffermo, tagliato a dadini e fritto nel burro.
36.
ZUPPA SANTÉ
Questa zuppa si fa con diverse qualità
di ortaggio qualunque. Dato che vi serviate, per esempio, di carote, acetosa, sedano e
cavolo bianco, tagliate questo a mo' di taglierini e fategli far l'acqua sopra al fuoco,
strizzandolo bene. Le carote e il sedano tagliateli a filetti lunghi tre centimetri circa,
e insieme col cavolo e con l'acetosa nettata dai gambi, poneteli al fuoco con poco sale,
una presa di pepe e un pezzetto di burro. Quando l'erbaggio avrà tirato l'unto, finite di
cuocerlo col brodo. Frattanto preparate il pane, il quale è bene sia di qualità fine e
raffermo di un giorno almeno; tagliatelo a piccoli dadi e friggetelo nel burro o anche
nell'olio vergine o nel lardo; ma perché assorba poco unto tenete quest'ultimo abbondante
e gettateci il pane quando è bene a bollore altrimenti arrostitelo soltanto a fette
grosse mezzo dito e tagliatelo dopo a dadi. Ponete il pane nella zuppiera, versategli
sopra il brodo a bollore insieme coll'erbaggio, e mandate la zuppa subito in tavola.
Usando i ferri del mestiere si possono
dare agli ortaggi forme graziose ed eleganti.
37.
ZUPPA DI ACETOSA
Acetosa, grammi 200.
Un cesto (cespo) di lattuga.
Dopo aver tenuto in molle questi erbaggi,
sgrondateli ben bene, tagliateli a striscioline e metteteli al fuoco. Quando saranno
cotti, date loro sapore con una presa di sale e grammi 30 di burro. Mettete nella zuppiera
due rossi d'uovo con un po' di brodo tiepido, unitevi i detti erbaggi e quindi, a poco per
volta e mescolando, aggiungetevi tutto il brodo bollente necessario per la zuppa; gettate
poi il pane tagliato a dadini e fritto, e mandate in tavola con parmigiano a parte. Così
preparata, questa minestra potrà servire per cinque persone.
38. ZUPPA SUL SUGO DI CARNE
Certi cuochi, per darsi aria, strapazzano
il frasario dei nostri poco benevoli vicini con nomi che rimbombano e che non dicono
nulla, quindi, secondo loro, questa che sto descrivendo, avrei dovuto chiamarla zuppa
mitonnée. Se per dar nel gusto a costoro e a quei tanti che si mostrano servili alle
usanze straniere, avessi infarcito il mio libro di tali esotiche e scorbutiche voci, chi
sa di qual prestigio maggiore avrebbe goduto! Ma io, per la dignità di noi stessi,
sforzandomi a tutto potere di usare la nostra bella ed armoniosa lingua paesana, mi è
piaciuto di chiamarla col suo nome semplice e naturale.
La buona riuscita di questa zuppa dipende
dal saper tirare un buon sugo (vedi n. 5), la qual cosa non è da tutti.
Per quattro persone crederei sufficienti
grammi 500 circa di carne di manzo da sugo, con qualche collo di pollo, e ritagli di
cucina se ve ne sono. Oltre al sugo, questa zuppa richiede ortaggi in buona misura e, a
seconda della stagione, un misto di sedano, carota, cavolo verzotto, acetosa, zucchini,
piselli, ecc., non che una patata: questa e gli zucchini tagliati a tocchetti, tutti gli
altri a filetti. Lessateli tutti e soffriggeteli poscia nel burro bagnandoli col detto
sugo. Le fette del pane tenetele grosse mezzo dito, arrostitele e tagliatele a dadi.
Prendete un tegame o, meglio, un vaso consimile, ben decente perché dev'essere portato in
tavola, e in questo bagnate la zuppa nella seguente maniera: un suolo di pane, uno di
erbaggi e sopra una spolverizzata di parmigiano, e così di seguito. Per ultimo versateci
sopra il sugo e, senza toccarla, copritela con un piatto e un tovagliuolo e tenetela per
mezz'ora in caldo presso al fuoco avanti di servirla.
Vi avverto che questa zuppa deve rimanere
quasi asciutta, laonde è bene tener addietro un po' di sugo per aggiungerlo quando la
mandate in tavola, nel caso riuscisse troppo asciutta.
39.
ZUPPA REGINA
Dal nome si dovrebbe giudicare per la
migliore di tutte le zuppe. Certamente si può collocare fra le più signorili, ma c'è
esagerazione nel titolo.
Si fa colle carni bianche del pollo
arrosto nettate dalla pelle e dai tendini. Tritatele bene colla lunetta, poi pestatele in
un mortaio con cinque o sei mandorle dolci sbucciate, e con una midolla di pane inzuppata
nel brodo o nel latte, in proporzione di un quinto o di un sesto della quantità della
carne. Quando il composto sarà pestato ben bene, passatelo dallo staccio, ponetelo nella
zuppiera e scioglietelo con un ramaiuolo di brodo caldo.
Tagliate il pane a dadini, friggetelo nel
burro e gettate anche questo nella zuppiera. Dopo versateci il brodo bollente, mescolate e
mandate la zuppa in tavola col parmigiano a parte.
Questa minestra può venire opportuna
quando, dopo un pranzo, rimangono avanzi di pollo arrosto, o lessi, benché sia migliore
quando è fatta di tutto arrosto.
Le mandorle servono per dar maggiormente
al brodo l'aspetto latteo, ma il liquido non deve riuscir troppo denso. Alcuni aggiungono
qualche rosso d'uovo sodo stemperato nel brodo.
40. ZUPPA ALLA SPAGNUOLA
Prendete un petto di pollastra o di
cappone, tagliatelo a pezzetti e mettetelo a cuocere nel burro a fuoco lento; conditelo
con sale e pepe. Se non basta il burro bagnatelo col brodo. Levate il petto asciutto e
nell'intinto che resta gettate una midolla di pane, grande quanto un pugno, e con brodo
fate un poco di pappa soda. Questa col petto cotto versateli nel mortaio e, aggiuntivi due
rossi d'uovo e poco odore di noce moscata, pestate ogni cosa ben fine e il composto
lasciatelo in luogo fresco onde assodi. Al momento di adoperarlo, che può essere anche il
giorno appresso, fate cadere sulla spianatola un velo di farina e sopra alla medesima
tritate col composto un bastoncino grosso un dito o meno e con un coltello infarinato
tagliatelo in tanti pezzetti, tutti uguali, che arrotonderete colle mani imbrattate di
farina, per farne tante pallottole della grandezza di una nocciuola o meno. Gettatele nel
brodo bollente e dopo cinque o sei minuti di bollitura versatele nella zuppiera dove
avrete collocato avanti del pane a dadini soffritto nel burro o nel lardo vergine; oppure,
che sarà anche meglio, se, per pane, vi servite della zuppa ripiena del numero 32.
Potrete così ottenere una minestra
signorile bastevole per dieci o dodici persone.
41. ZUPPA DI PANE D'UOVO
Questa minestra sa di poco, ma vedendola
usata non di rado ne' pranzi di gusto straniero, ve la descrivo.
Uova, n. 3.
Farina, grammi 30.
Burro, quanto una noce.
Lavorate prima i tre rossi con la farina
e il burro, aggiungete le tre chiare montate e cuocere il composto al forno o al forno da
campagna entro a uno stampo liscio il cui fondo sia coperto di una carta unta.
Quando questo pane sarà cotto e
diacciato, tagliatelo a dadi o a piccole mandorle, versategli il brodo bollente sopra e
mandatelo in tavola con parmigiano a parte.
Dose per sei o sette persone.
42.
RISI E LUGANIGHE
Le popolazioni del Veneto, non conoscono,
si può dire altra minestra che il riso, e però lo cucinano bene e in tante svariate
maniere. Una è il riso sul brodo colla salsiccia; ma colà le salsicce le lasciano
intere; io preferisco di sminuzzarle nel brodo quando vi si mette a cuocere il riso, il
quale non è bene lavare, ma soltanto nettare e strofinare in un canovaccio per levargli
la polvere. A me piace di unire al riso colle salsicce, o rapa o cavolo cappuccio. Sia
l'una che l'altro vanno prima imbiancati, ossia mezzo lessati; tagliate la rapa a dadi, il
cavolo a fettuccine e metteteli a soffriggere nel burro. Poco avanti di levare il riso dal
fuoco aggiungete un buon pizzico di parmigiano per legarlo meglio e dargli più grato
sapore.
43. RISO ALLA CACCIATORA
Un negoziante di cavalli ed io,
giovanotto allora, ci avviammo al lungo viaggio, per que' tempi, di una fiera a Rovigo.
Alla sera del secondo giorno, un sabato, dopo molte ore di una lunga corsa con un cavallo,
il quale sotto le abilissime mani del mio compagno, divorava la via, giungemmo stanchi ed
affamati alla Polesella. Com'è naturale, le prime cure furono rivolte al valoroso nostro
animale; poi entrati nello stanzone terreno che in molte di simili locande serve da cucina
e da sala da pranzo: - Che c'è da mangiare? - domandò il mio amico all'ostessa. - Non ci
ho nulla, - rispose; poi pensandoci un poco soggiunse: - Ho tirato il collo a diversi
polli per domani e potrei fare i risi. - Fate i risi e fateli subito - si rispose - che
l'appetito non manca. - L'ostessa si mise all'opera ed io lì fermo ed attento a vedere
come faceva a improvvisar questi risi.
Spezzettò un pollo escludendone la testa
e le zampe, poi lo mise in padella quando un soffritto di lardone, aglio e prezzemolo
aveva preso colore. Vi aggiunse di poi un pezzo di burro, lo condí con sale e pepe, e
allorché il pollo fu rosolato, lo versò in una pentola d'acqua a bollore, poi vi gettò
il riso, e prima di levarlo dal fuoco gli diede sapore con un buon pugno di parmigiano.
Bisognava vedere che immenso piatto di riso c'imbandí dinanzi; ma ne trovammo il fondo,
poiché esso doveva servire da minestra, da principii e da companatico.
Ora, per ricamo ai risi dell'ostessa di
Polesella, è bene il dire che invece del lardone, se non è squisito e di quello roseo,
può servire la carnesecca tritata fine, che il sugo di pomodoro, o la conserva, non ci
sta male e perché il riso leghi bene col pollo, non deve essere troppo cotto, né
brodoso.
44.
QUAGLIE COL RISO
Fate un battuto con prosciutto e un
quarto di una cipolla comune: mettetelo al fuoco con burro, e quando la cipolla avrà
preso colore, collocateci le quaglie pulite, sventrate ed intere. Conditele con sale e
pepe e, rosolate che sieno, tiratele a mezza cottura col brodo, indi versate il riso per
cuocerlo con quel tanto di brodo che occorre, insieme colle quaglie. Conditelo quando è
cotto, col parmigiano e servitelo, brodoso od asciutto, come più piace, frammisto alle
quaglie.
Quattro quaglie e grammi 400 di riso
potranno bastare per quattro persone.
45.
MALFATTINI
In que' paesi dove si fa uso quasi
giornaliero di paste d'uova fatte in casa, non vi è servuccia che non ne sia maestra; e
molto più di questa che è semplicissima. Non è quindi per loro che la noto, ma per gli
abitanti di quelle province ove non si conoscono, si può dire, altre minestre in brodo
che di zuppa, riso e paste comprate.
I malfattini più semplici sono di
farina. Intridetela colle uova e lavoratela colle mani sulla spianatoia per formarne un
pane ben sodo: tagliatelo a fette grosse mezzo dito e lasciatele esposte all'aria perché
si rasciughino. Tritatele colla lunetta fino a ridurle in minuzzoli minuti quanto la metà
di un chicco di riso, facendoli passare da un vagliettino onde ottenerli eguali, oppure
grattateli dal pane intero; ma non imitate coloro che li lasciano grossi come il becco dei
passerotti se non volete che vi riescano di difficile digestione; anzi, per questo motivo,
invece di farina si possono fare di pangrattato semplice, oppure aggraziato con un pizzico
di parmigiano e l'odore di spezie. In tutte le maniere, al tempo dei piselli potete,
piacendovi, unirli con quelli della ricetta n. 427, oppure colla bietola tritata minuta o
cogli uni e coll'altra insieme. A proposito di quest'ortaggio ho notato che, in Firenze,
dove si fa grande uso di erbe aromatiche nella cucina, non si conosce l'aneto, che
mescolato alla bietola, come si fa in altri paesi, le dà molta grazia. Anzi l'aneto, pel
suo grato odore, tentai diverse volte d'introdurlo a Firenze, ma non vi riuscii forse
perché la bietola si vende a mazzetti mentre in Romagna si porta sciolta al mercato e
già frammista all'aneto.
46.
CUSCUSSÙ
Il Cuscussù è un piatto di origine
araba che i discendenti di Mosè e di Giacobbe hanno, nelle loro peregrinazioni, portato
in giro pei mondo, ma chi sa quante e quali modificazioni avrà subite dal tempo e dal
lungo cammino percorso. Ora è usato in Italia per minestra dagli israeliti, due de' quali
ebbero la gentilezza di farmelo assaggiare e di farmi vedere come si manipola. Io poi l'ho
rifatto nella mia cucina per prova, quindi della sua legittimità garantisco; ma non
garantisco di farvelo ben capire:
Che non è impresa da pigliar a gabbo
Descriver bene questo grande intruglio,
Né da lingua che chiami mamma e babbo.
La dose seguente potrà bastare per sei o
sette persone:
Spicchio di petto di vitella, grammi 750.
Vitella magra, senz'osso, grammi 150.
Semolino di grana grossa, grammi 300.
Un fegatino di pollo.
Un uovo sodo.
Un rosso d'uovo.
Erbaggi di qualità diverse come cipolla, cavolo verzotto, sedano, carota, spinaci,
bietola od altro.
Mettete il semolino in un vaso di terra
piano e molto largo, oppure in una teglia di rame stagnata, conditelo con un pizzico di
sale e una presa di pepe e, versandogli sopra a gocciolini per volta due dita (di
bicchiere) scarse di acqua, macinatelo colla palma della mano per farlo divenir gonfio,
grandioso e sciolto. Finita l'acqua versategli sopra, a poco per volta, una cucchiaiata
d'olio e seguitate a manipolarlo nella stessa maniera, durando fra la prima e la seconda
operazione più di mezz'ora. Condizionato il semolino in tal modo, mettetelo in una
scodella da minestra e copritelo con un pannolino, il sopravanzo del quale, passandolo al
disotto, legherete stretto con uno spago.
Mettete al fuoco lo spicchio di petto con
tre litri d'acqua per fare il brodo e dopo schiumata la pentola copritene la bocca colla
scodella, già preparata, in modo che il brodo resti a qualche distanza; ma badate che le
bocche dei due vasi combacino insieme e non lascino uscir fumo. Lasciato così il semolino
per un'ora e un quarto onde abbia il tempo di cuocere a vapore, aprite l'involto a mezza
cottura per mescolarlo e poi rimetterlo com'era prima.
Tritate col coltello i 150 grammi di
carne magra, unite alla medesima un pezzo di midolla di pane sminuzzata, conditela con
sale e pepe, fatene tante polpettine grosse poco più di una nocciuola e friggetele
nell'olio.
Tritate alquanto gli erbaggi e mettete
per prima la cipolla a soffriggere nell'olio e quando questa avrà preso colore gettate
giù gli altri, conditeli con sale e pepe, rimestate spesso e lasciate che ritirino
l'acqua che fanno. Ridotti quasi all'asciutto, bagnateli con sugo di carne, oppure con
brodo e sugo di pomodoro o conserva, per tirarli a cottura insieme col fegatino di pollo
tagliato a pezzetti e colle polpettine.
Levate il semolino dall'involto,
mettetelo al fuoco in una cazzaruola e senza farlo bollire scioglietegli dentro il rosso
d'uovo, versate nel medesimo una parte del detto intingolo, mescolate e versatelo in un
vassoio, ma quasi asciutto onde presenti la colma, la quale fiorirete coll'uovo sodo
tagliato a piccoli spicchi. Il resto dell'intingolo mescolatelo nel brodo della pentola e
questo brodo mandatelo in tavola diviso in tante tazze quanti sono i commensali,
accompagnate, s'intende, dal vassoio del semolino; così ognuno tira giù nel suo piatto
una porzione di semolino e gli beve dietro il brodo a cuccchiaiate.
Lo spicchio di petto si serve dopo per
lesso.
Fatta questa lunga descrizione, sembrami
verrà spontaneo nel lettore il desiderio di due domande:
l° Perché tutto quell'olio e sempre
olio per condimento?
2° Il merito intrinseco di questo piatto
merita poi l'impazzamento che esso richiede?
La risposta alla prima domanda,
trattandosi di una vivanda israelita, la dà il Deuteronomio, cap. XIV, ver. 21: Tu non
cuocerai il capretto nel latte di sua madre; i meno scrupolosi però aggiungono un pizzico
di parmigiano alle polpettine per renderle più saporite. Alla seconda posso rispondere io
e dire che a parer mio, non è piatto da fargli grandi feste; ma può piacere anche a chi
non ha il palato avvezzo a tali vivande, massime se manipolato con attenzione.
47.
MINESTRONE
Il minestrone mi richiama alla memoria un
anno di pubbliche angoscie e un caso mio singolare.
Mi trovavo a Livorno al tempo delle
bagnature l'anno di grazia 1855, e il colera che serpeggiava qua e là in qualche
provincia d'Italia, teneva ognuno in timore di un'invasione generale che poi non si fece
aspettare a lungo. Un sabato sera entro in una trattoria e dimando: - Che c'è di
minestra? - Il minestrone, - mi fu risposto. - Ben venga il minestrone, - diss'io. Pranzai
e, fatta una passeggiata, me ne andai a dormire. Avevo preso alloggio in Piazza del
Voltone in una palazzina tutta bianca e nuovissima tenuta da un certo Domenici; ma la
notte cominciai a sentirmi una rivoluzione in corpo da fare spavento; laonde passeggiate
continue a quel gabinetto che più propriamente in Italia si dovrebbe chiamar luogo
scomodo e non luogo comodo. - Maledetto minestrone, non mi buscheri più! - andavo spesso
esclamando pieno di mal animo contro di lui che era forse del tutto innocente e senza
colpa veruna.
Fatto giorno e sentendomi estenuato,
presi la corsa del primo treno e scappai a Firenze ove mi sentii subito riavere. Il
lunedì giunge la triste notizia che il colera è scoppiato a Livorno e per primo n'è
stato colpito a morte il Domenici. - Altro che minestrone! - Dopo tre prove,
perfezionandolo sempre, ecco come lo avrei composto a gusto mio: padronissimi di
modificarlo a modo vostro a seconda del gusto d'ogni paese e degli ortaggi che vi si
trovano.
Mettete il solito lesso e per primo
cuocete a parte nel brodo un pugnello di fagiuoli sgranati ossia freschi: se sono secchi
date loro mezza cottura nell'acqua. Trinciate a striscie sottili cavolo verzotto, spinaci
e poca bietola, teneteli in molle nell'acqua fresca, poi metteteli in una cazzaruola
all'asciutto e fatta che abbiano l'acqua sul fuoco, scolateli bene strizzandoli col
mestolo. Se trattasi di una minestra per quattro o cinque persone, preparate un battuto
con grammi 40 di prosciutto grasso, uno spicchio d'aglio, un pizzico di prezzemolo, fatelo
soffriggere, poi versatelo nella detta cazzaruola insieme con sedano, carota, una patata,
uno zucchino e pochissima cipolla, il tutto tagliato a sottili e corti filetti. Aggiungete
i fagiuoli, e, se credete, qualche cotenna di maiale come alcuni usano, un poco di sugo di
pomodoro, o conserva, condite con pepe e sale e fate cuocere il tutto con brodo. Per
ultimo versate riso in quantità sufficiente onde il minestrone riesca quasi asciutto e
prima di levarlo gettate nel medesimo un buon pizzico di parmigiano.
Vi avverto però che questa non è
minestra per gli stomachi deboli.
48. PASSATELLI DI SEMOLINO
Semolino di grana fine, grammi 150.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Latte, decilitri 6.
Uova, due intere e due rossi.
Sale, odore di noce moscata e scorza di limone.
Cuocete il semolino nel latte, e se
vedete che non riesca ben sodo, aggiungetene un altro pizzico. Salatelo quando è cotto ed
aspettate che abbia perduto il calore per gettarvi le uova e il resto.
Ponete il composto nella siringa con uno
stampino a buchi rotondi piuttosto larghi, e spingetelo nel brodo bollente, tenendo la
siringa perpendicolare e fatelo bollire finché i passatelli siensi assodati.
Questa dose potrà bastare per sei o
sette persone.
49.
RISO CON ZUCCHINI
Prendete zucchini piccoli del peso del
riso che avrete a cuocere e tagliateli a tocchetti grossi quanto le nocciuole. Metteteli a
soffriggere nel burro, conditeli con sale e pepe, e rosolati appena gettateli così
durettini nel riso quando sarà arrivato a mezza cottura, onde finiscano di cuocere
insieme.
Il riso è bene che resti poco brodoso e
gli zucchini non si devono disfare. Invece di brodo potete servirvi di acqua e farlo
asciutto: ma allora dategli grazia colla salsa di pomodoro n. 125, versatela anch'essa nel
riso a mezza cottura, e con parmigiano.
50. ZUPPA CON LE CIPOLLE ALLA FRANCESE
Questa zuppa si può fare col brodo o col
latte, e le seguenti dosi sono sufficienti per cinque persone.
Pane bianco, grammi 250.
Gruiera grattato, grammi 80.
Burro, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Uova frullate, n. 3.
Cipolle bianche grosse, n. 2.
Brodo o latte, circa litri 1 e mezzo.
Tagliate a fette sottilissime le cipolle
e mettetele al fuoco col burro suddetto; quando cominciano a prender colore tiratele a
molta cottura col brodo, o col latte se la fate con questo, per poterle passare bene dal
setaccio, poi mescolate il passato nel restante liquido per bagnare la zuppa. Il pane
tagliato a fette o a dadini, arrostitelo e, collocatolo a strati nella zuppiera, conditelo
via via colle uova, il gruiera e il parmigiano. Per ultimo versate bollente il brodo od il
latte e mandatela in tavola.
Se la fate col latte sarà bene salare
abbondantemente le uova. A motivo della cipolla, chi patisce di scioglimenti non farà
male di astenersi da questa zuppa.
51. STRICHETTI ALLA BOLOGNESE
Intridete la farina con due uova, grammi
40 di parmigiano grattato fine e l'odore della noce moscata. Tiratene una sfoglia non
tanto sottile e tagliatela con la rotella smerlata in tante striscie larghe un dito e
mezzo. Poi, con la stessa rotella, tagliate queste striscie in isbieco e alla medesima
distanza di un dito e mezzo per farne tanti pezzetti in forma di mandorla. Prendeteli uno
alla volta e stringete colle dita le quattro punte, due al disopra e due al disotto per
formarne come due anellini attaccati insieme. Cuoceteli nel brodo con poca cottura. La
dose di due uova potrà bastare per cinque persone.
Se questa minestra vi piace, siatene
grati ad una giovane simpatica bolognese, chiamata la Rondinella, che si compiacque di
insegnarmela.
52. ZUPPA DI GAMBERI COL SUGO DI CARNE
Prendendo per norma una zuppa che dovesse
servire a sole quattro persone, bastano grammi 150 di gamberi. Lavateli e metteteli al
fuoco con due ramaiuoli di brodo; cotti che sieno, levateli asciutti e nel liquido che
resta sciogliete grammi 30 di midolla di pane soffritta nel burro, per bagnarli quando li
passerete dallo staccio, dopo averli pestati nel mortaio. Estrattane così tutta la polpa,
unitela a sugo di carne come quello della ricetta n. 4 e se non lo avete in cucina potete
farlo con soli centesimi 30 di carne adatta per quell'uso. Mescolate ora questo composto
al resto del brodo per bagnare la zuppa, che può essere di pane semplicemente arrostito,
o a dadini, fritto nel lardo o nell'olio.
Servitela con parmigiano grattato.
53.
ZUPPA ALLA STEFANI
L'illustre poeta dott. Olindo Guerrini,
essendo bibliotecario dell'Università di Bologna, ha modo di prendersi il gusto
istruttivo, a quanto pare, di andare scavando le ossa dei Paladini dell'arte culinaria
antica per trarne forse delle illazioni strabilianti a far ridere i cuochi moderni. Si è
compiaciuto perciò di favorirmi la seguente ricetta tolta da un libriccino a stampa,
intitolato: L'arte di ben cucinare, del signor Bartolomeo Stefani bolognese, cuoco del
Serenissimo Duca di Mantova alla metà del 1600, epoca nella quale si faceva in cucina
grande uso ed abuso di tutti gli odori e sapori, e lo zucchero e la cannella si mettevano
nel brodo, nel lesso e nell'arrosto. Derogando per questa zuppa dai suoi precetti io mi
limiterò, in quanto a odori, a un poco di prezzemolo e di basilico; e se l'antico cuoco
bolognese, incontrandomi all'altro mondo, me ne facesse rimprovero, mi difenderò col
dirgli che i gusti sono cangiati in meglio; ma che, come avviene in tutte le cose, si
passa da un estremo all'altro e si comincia anche in questa ad esagerare fino al punto di
volere escludere gli aromi e gli odori anche dove sarebbero più opportuni e necessari. E
gli dirò altresì che delle signore alla mia tavola, per un poco di odore di noce
moscata, facevano boccacce da spaventare. Ecco la
RICETTA DI DETTA ZUPPA PER SEI PERSONE
Cervello di vitella, o di agnello, o di
altra bestia consimile, grammi 120.
Fegatini di pollo, n. 3.
Uova, n. 3.
Un pizzico di prezzemolo ed uno di basilico.
Il sugo di un quarto di limone.
Scottate il cervello per poterlo spellare
e, tanto questo che i fegatini, soffriggeteli nel burro e tirateli a cottura col sugo di
carne; sale e pepe per condimento.
Ponete le uova in un pentolo, uniteci il
prezzemolo e il basilico tritati, l'agro di limone, un poco di sale e pepe e frullatele;
poi col brodo diaccio, che deve servire per bagnare la zuppa, diluite il composto poco per
volta. Versateci in ultimo il cervello e i fegatini tagliati a pezzetti, e mettetelo a
condensare a fuoco leggero, muovendolo continuamente col mestolo, ma senza farlo bollire.
Condensato che sia, versatelo nella zuppiera sopra il pane, che già avrete tagliato a
dadi e soffritto nel burro o nell'olio, ma prima spargete sul pane stesso un pugno di
parmigiano grattato.
Questa minestra riesce delicata e
sostanziosa; ma io che coi morbidumi non me la dico punto, invece del cervello, in questo
caso, supplirei con le animelle e in proposito vi dirò che in certe città, e
m'intend'io, dove per ragione del clima non si può scherzare troppo coi cibi, a forza di
mangiar leggero e preferibilmente cose morbide e liquide, si sono gli abitanti di esse
snervato lo stomaco in modo che questo viscere non può più sopportare alcun nutrimento
un po' grave.
54. ANOLINI ALLA PARMIGIANA
Una signora di Parma, che non ho il bene
di conoscere, andata sposa a Milano, mi scrive: "Mi prendo la libertà d'inviarle la
ricetta di una minestra che a Parma, mia amata città natale, è di rito nelle solennità
famigliari; e non c'è casa, io credo, ove nei giorni di Natale e Pasqua non si facciano i
tradizionali Anolini". Mi dichiaro obbligato alla prefata signora perché avendo
messo in prova la detta minestra è riuscita di tale mia soddisfazione da poter rendermi
grato al pubblico e all'inclita guarnigione. Dosi per una minestra sufficiente a quattro o
cinque persone:
Magro di manzo nella coscia, senz'osso,
grammi 500
Lardone, circa grammi 20.
Burro, grammi 50.
Un quarto di una cipolla mezzana.
Il pezzo della carne steccatelo col
lardone, legatelo e conditelo con sale, pepe e l'odore di spezie, poi mettetelo al fuoco
in un vaso di terra o in una cazzaruola col burro e la cipolla tritata all'ingrosso per
rosolarlo col detto burro. Fatto questo, versare due ramaiuoli di brodo nel vaso e
chiudetelo con diversi fogli di carta tenuta ferma da una scodella contenente alquanto
vino rosso; e perché poi vino e non acqua non lo sa spiegare neanche la detta signora.
Ora fate bollire dolcemente la carne così preparata per otto o nove ore, onde ottenere
quattro o cinque cucchiaiate di un sugo ristretto e saporito che passerete dal setaccio
strizzando bene e che serberete per il giorno appresso. Allora formate il composto per
riempire gli Anolini con:
Pangrattato di pane di un giorno, tostato
leggermente, grammi 100.
Parmigiano grattato, grammi 50.
Odore di noce moscata
Un uovo e il sugo della carne.
Fate tutto un impasto omogeneo e tirando
tre uova di sfoglia tenuta alquanto tenera riempite il disco smerlato del n. 162 che
ripiegherete in due per ottenere la forma di una piccola mezza luna. Con questa dose ne
otterrete un centinaio che saranno buoni in brodo o asciutti come i tortellini e riescono
leggeri allo stomaco più di questi. La carne rimasta poi la mangerete sola o con un
contorno d'erbaggi e figurerà come uno stracotto.
55. TORTELLI
Ricotta o raviggiuolo, oppure l'una e
l'altro uniti, grammi200.
Parmigiano, grammi 40.
Uova intere n.1 e un rosso.
Odore di noce moscata e di spezie.
Un pizzico di sale.
Un po' di prezzemolo tritato.
Si chiudono in una sfoglia fatta come
quella dei cappelletti e tagliata con un disco rotondo alquanto più grande. Io mi servo
del disco n. 195. Si possono lasciare colla prima piegatura a mezza luna, ma è da
preferirsi la forma dei cappelletti. Si cuociono nell'acqua salata a sufficienza, si
levano asciutti e si condiscono a cacio e burro.
Con questa dose ne otterrete 24 o 25 e
possono bastare, essendo grandi, per tre persone.
56. ZUPPA DI PURÈ DI PISELLI DI MAGRO
Piselli freschi sgranati, grammi 400.
Prosciutto grasso e magro, grammi 40.
Burro, grammi 40.
Una cipolla novellina non più grossa di un uovo.
Una piccola carota.
Un pizzico tra prezzemolo, sedano e qualche foglia di basilico.
Tritate fine il prosciutto con un
coltello e fate un battuto con questo e con gli altri ingredienti. Mettetelo al fuoco col
burro, poco sale e una presa di pepe. Allorché sarà rosolato versate l'acqua che
giudicherete sufficiente per bagnare la zuppa e quando essa avrà alzato il bollore
gettate giù i piselli per cuocerli insieme con due fette di pane fritte nel burro; poi
passate ogni cosa per istaccio.
Ottenuto in questo modo un purè per sei
persone, bagnate col medesimo il pane che avrete già messo in pronto come nei purè di
grasso.
57.
ZUPPA DI FAGIUOLI
Si dice, e a ragione, che i fagiuoli sono
la carne del povero, e infatti quando l'operaio frugandosi in tasca, vede con occhio
malinconico che non arriva a comprare un pezzo di carne bastante per fare una buona
minestra alla famigliuola, trova nei fagiuoli un alimento sano, nutriente e di poca spesa.
C'è di più; i fagiuoli restano molto in corpo, quetano per un pezzo gli stimoli della
fame; ma... anche qui c'è un ma, come ce ne sono tanti nelle cose del mondo, e già mi
avete capito. Per ripararvi, in parte, scegliete fagiuoli di buccia fine o passateli;
quelli dall'occhio hanno meno degli altri questo peccato.
Per rendere poi la zuppa di fagiuoli più
grata al gusto e più saporita, dato che debba essere una quantità sufficiente a quattro
o cinque persone, fatele un soffritto in questa proporzione: prendete un quarto di
cipolla, uno spicchio d'aglio, un pizzico di prezzemolo e un bel pezzo di sedano bianco.
Tritate finissimi questi odori colla lunetta e metteteli al fuoco con olio a buona misura;
siate generosi a pepe. Quando il soffritto avrà preso colore, unitevi due ramaiuoli della
broda dei fagiuoli, aggiungete un poco di sugo di pomodoro o di conserva, fateli alzare il
bollore e versatelo nella pentola de' fagiuoli.
Per chi aggradisce nella zuppa un poco
d'erbaggio può mettete in questa il cavolo nero, prima lessato e fatto bollire alquanto
nel liquido del soffritto suddetto. Ora non resta che bagnare il pane, già preparato
avanti con fette arrostite, grosse un dito e poi tagliate a dadi.
58. ZUPPA TOSCANA DI MAGRO ALLA CONTADINA
Questa zuppa che, per modestia, si fa
dare l'epiteto di contadina, sono persuaso che sarà gradita da tutti, anche dai signori,
se fatta con la dovuta attenzione.
Pane bruno raffermo, di pasta molle,
grammi 400.
Fagiuoli bianchi, grammi 300.
Olio, grammi 150.
Acqua, litri due.
Cavolo cappuccio o verzotto, mezza palla di mezzana grandezza.
Cavolo nero, altrettante in volume ed anche più.
Un mazzo di bietola e un poco di pepolino.
Una patata.
Alcune cotenne di carnesecca o di prosciutto tagliate a striscie.
Mettete i fagiuoli al fuoco con l'acqua
suddetta unendovi le cotenne. Già saprete che i fagiuoli vanno messi ad acqua diaccia e
se restano in secco vi si aggiunge acqua calda. Mentre bollono fate un battuto con un
quarto di una grossa cipolla e due spicchi d'aglio, due pezzi di sedano lunghi un palmo e
un buon pizzico di prezzemolo. Tritatelo fine, mettetelo al fuoco con l'olio soprindicato
e quando avrà preso colore versate nel medesimo gli erbaggi tagliati all'ingrosso, prima
i cavoli, poi la bietola e la patata tagliata a tocchetti. Conditeli con sale e pepe e poi
aggiungete sugo di pomodoro o conserva, e se nel bollire restassero alquanto asciutti
bagnateli con la broda dei fagiuoli. Quando questi saranno cotti gettatene una quarta
parte, lasciati interi, fra gli erbaggi unendovi le cotenne; gli altri passateli dallo
staccio e scioglieteli nella broda, versando anche questa nel vaso dove sono gli erbaggi.
Mescolate, fate bollire ancora un poco e versate ogni cosa nella zuppiera ove avrete già
collocato il pane tagliato a fette sottili e copritela per servirla dopo una ventina di
minuti.
Questa quantità può bastare per sei
persone; è buona calda e meglio diaccia.
59. FARINATA GIALLA DI MAGRO
Come minestra ordinaria, si può
collocare fra le buone. Mettete al fuoco con acqua proporzionata quattro decilitri di
fagiuoli bianchi, che tanti bastano per quattro persone. Dopo cotti passateli dallo
staccio e il passato mescolatelo nella broda degli stessi fagiuoli e nella medesima
mettete a bollire, per due ore circa, mezza palla tritata di cavolo bianco o verzotto che
condirete con sale, pepe e foglie di pepolino, detto altrimenti timo.
Ponete un tegame al fuoco con olio a
buona misura e due spicchi d'aglio interi sbucciati; quando questi saranno ben rosolati
gettateli via e aggiungete all'olio sugo di pomodoro, o conserva sciolta nell'acqua e
anche qui un altro poco di sale e pepe; bollito che abbia alquanto, versate anche questo
condimento nella pentola ov'è la broda e il cavolo. Per ultimo, quando questo sarà
cotto, versate con una mano, a poco per volta, la farina di granturco; coll'altra
mescolate bene, onde non si formino bozzoli, e giunta che sia a una certa consistenza,
cioè alquanto liquida, fatela bollire ancora un poco e servitela.
60.
SEMOLINO DI MAGRO
Questa minestra non si può, a tutto
rigore, dirsi di magro se c'entrano le uova, il burro, e il parmigiano; ma può venire
opportuna quando manca il brodo. Cuocere il semolino nell'acqua e prima di levarlo dal
fuoco salatelo, scioglietevi dentro un pezzo di burro proporzionato alla quantità del
semolino ed aggraziatelo con un poco di sugo di pomodoro o conserva. Disfate nella
zuppiera due o tre uova miste a parmigiano grattato e versateci il semolino. Se trattasi
di minestra per una persona soltanto può bastare un solo rosso d'uovo con due cucchiaiate
di parmigiano.
61.
ZUPPA DI LENTICCHIE
Se Esaù vendé la primogenitura per un
piatto di lenticchie, bisogna dire che il loro uso, come alimento, è antichissimo, e che
egli o n'era ghiotto all'eccesso o soffriva di bulimia. A me sembra che il sapore delle
lenticchie sia più delicato di quello de' fagiuoli in genere, e che, quanto a minaccia di
bombardite, esse sieno meno pericolose dei fagiuoli comuni ed eguali a quelli dall'occhio.
Questa zuppa potete farla nella stessa
guisa della zuppa di fagiuoli; però la broda delle lenticchie e dei fagiuoli dall'occhio
si presta bene anche per una minestra di riso, che si prepara e si condisce nello stesso
modo; soltanto bisogna tener la broda più sciolta perché il riso ne tira molta. Per
regolarvi meglio circa alla densità, aspettate che il riso sia cotto per aggiungere nella
broda la quantità che occorre di lenticchie passate.
62. ZUPPA DI MAGRO COLLE TELLINE
Regolatevi come per il risotto colle
telline n. 72.
Due spicchi d'aglio e il quarto di una
cipolla potranno bastare se trattasi di una quantità sufficiente a sette od otto persone,
e senza bisogno di ricorrere a burro e parmigiano sentirete una zuppa eccellente, se
saprete tirar bene il soffritto. Il pane arrostitelo a fette che taglierete a dadi. Anche
qui ci sta bene qualche pezzetto di funghi secchi.
63. SPAGHETTI CON LE TELLINE
Poiché si sentono ricordare spesso, come
minestra asciutta di magro, anche gli spaghetti con le telline, mi converrà indicarveli,
sebbene, a gusto mio, sia da preferirsi il riso. Se vi piace provarli, tritateli minuti
per poterli portare alla bocca col cucchiaio e servitevi della ricetta n. 72 cuocendoli
nell'acqua dove sono state schiuse le telline. Scolate l'acqua superflua, conditeli con
quell'intingolo unito ad alquanto burro e parmigiano.
64.
ZUPPA DI RANOCCHI
Certi usi del mercato di Firenze non mi
vanno. Quando vi nettano i ranocchi, se non ci badate, gettano via le uova che sono le
migliori. Le anguille si spellano. Le coscie e le lombate di castrato si vogliono vendere
intere. Delle interiora del maiale si serba il fegato e la rete; di quelle della vitella
di latte, il fegato e le animelle; il resto, compreso il polmone che, essendo tenero
potrebbe servire, come in altri paesi, a fritto misto, si cede ai frattagliai che
ordinariamente vendono queste frattaglie ai brodai. Forse in mano loro cascherà anche la
così detta trippa di vitella di latte non avendola mai vista su quel mercato; ma essa in
Romagna si dà per giunta, e al tempo dei piselli, messa arrosto morto con un pezzo di
lombata, riesce tanto buona da preferirsi a questa.
Avanti di descrivervi la zuppa di
ranocchi voglio dirvi qualche cosa di questo anfibio dell'ordine de' batraci (rana
esculenta), perché, veramente, merita di essere notata la metamorfosi ch'esso subisce.
Nel primo periodo della loro esistenza si vedono i ranocchi guizzare nelle acque in figura
di un pesciolino tutto testa e coda che gli zoologi chiamano girino. Come i pesci, respira
per branchie prima esterne, in forma di due pennacchietti, poscia interne, e nutrendosi in
questo stato di vegetali ha l'intestino come quello di tutti gli erbivori,
comparativamente ai carnivori, assai più lungo. A un certo punto del suo sviluppo, circa
a due mesi dalla nascita, perde, per riassorbimento, la coda, sostituisce alle branchie i
polmoni e mandando fuori gli arti, cioè le quattro zampe che prima non apparivano, si
trasforma completamente e diventa una rana. Nutrendosi allora di sostanze animali, ossia
di insetti, l'intestino si accorcia per adattarsi a questa sorta di cibo. È dunque
erronea l'opinione volgare che i ranocchi siano più grassi nel mese di maggio perché
mangiano il grano.
Gli anfibi tutti, i rospi compresi, sono
a torto perseguitati dal volgo essendo essi di grande utilità all'agricoltura, agli orti
e ai giardini in ispecie, per la distruzione de' vermi, delle lumache e de' tanti insetti
di cui si cibano. La pelle del rospo e della salamandra trasuda, è vero, un umore acre e
velenoso; ma in sì piccola dose rispetto alla mucosità a cui si unisce, che non può
recare nessun nocumento. Ed è appunto per questa mucosità, che la salamandra secerne in
gran copia, che la medesima, potendo reggere per qualche istante all'ardore del fuoco,
diede origine alla favola che tale anfibio sia dotato della virtù di restare incolume in
mezzo alle fiamme.
Il brodo dei ranocchi essendo
rinfrescante e dolcificante viene raccomandato nelle malattie di petto, nelle
infiammazioni lente degl'intestini ed è opportunamente usato sul finire delle malattie
infiammatorie e in tutti quei casi in cui l'infermo ha bisogno di un nutrimento non
stimolante.
Le carni bianche, come quelle dei
ranocchi, agnelli, capretti, pollastri, fagiani, ecc., essendo povere di fibrina e ricche
di albumina, convengono alle persone di apparecchio digestivo delicato e molto
impressionabili e a chi non affatica i muscoli col lavoro materiale.
Ma veniamo alla zuppa di ranocchi: due
dozzine di ranocchi, se sono grossi, potrebbero forse bastare per quattro o cinque
persone, ma meglio è abbondare.
Levate loro le coscie e mettetele da
parte. Fate un battuto abbondante con due spicchi d'aglio, prezzemolo, carota, sedano e
basilico se vi piace: se avete in orrore l'aglio, servitevi di cipolla. Mettetelo al fuoco
con sale, pepe e olio a buona misura e quando l'aglio comincia a prender colore gettate
giù i ranocchi. Rimoveteli di quando in quando onde non s'attacchino, e, tirato che
abbiano buona parte dell'umido, buttate dentro pomodori a pezzi o, mancando questi,
conserva allungata coll'acqua. Fate bollire ancora, e per ultima versate l'acqua
occorrente per bagnare la zuppa, tenendo il tutto sul fuoco fin tanto che i ranocchi sieno
cotti e disfatti. Allora passate ogni cosa dal lo staccio, premendo bene onde non restino
che le ossicine. Mettete a bollire le coscie, lasciate addietro, in un poco di questo
brodo passato e disossatele quando saranno cotte per mescolarle nella zuppa insieme con
pezzetti di funghi secchi fatti rammollire. Il pane arrostitelo a fette che taglierete a
dadi piuttosto grossi.
65. ZUPPA COL BRODO DI MUGGINE
Uno dei pesci che meglio si presta per
ottenere un buon brodo è il muggine che nell'Adriatico comincia ad essere bello e grasso
nell'agosto e raggiunge colà il peso di oltre due chilogrammi. In mancanza di questo può
servire l'ombrina, il ragno ed il rospo le cui carni, se non daranno il brodo saporito del
muggine, saranno in compenso di qualità più fine e più digeribile.
Se trattasi di una zuppa per sette od
otto persone prendete un muggine, ossia una baldigara (come chiamasi in alcuni paesi di
mare), del peso di un chilogrammo almeno, raschiategli via le squame, vuotatelo e
lessatelo con acqua in proporzione.
Fate un battuto alquanto generoso con
cipolla, aglio, prezzemolo, carota, sedano e mettetelo al fuoco con olio, sale e pepe.
Quando avrà preso colore fermatelo con sugo di pomodoro e fatelo bollire col brodo del
pesce.
Poi questo brodo colatelo e con un po'
del medesimo cuocete una piccola quantità di sedano, carota e funghi secchi, che servono
per dare odore, il tutto tagliato a pezzetti.
Il pane per la zuppa arrostitelo e
tagliatelo a dadi, poi mettetelo nella zuppiera e versateci sopra il brodo bollente
insieme coi detti odori, servendola in tavola con parmigiano a parte.
La famiglia delle mugginidee ha lo
stomaco a forti pareti muscolari a simiglianza del ventriglio degli uccelli, e il rospo di
mare, Lofus pescatorius, della famiglia delle lofidee, con una pinna inargentata e
movibile del capo attira i piccoli pesci per divorarli. Chiamasi in alcuni luoghi
volgarmente grattale ed è anch'esso in pregio pel brodo da bagnare la zuppa.
66. ZUPPA ALLA CERTOSINA
Grammi 500 di pesce minuto di diverse
specie potranno bastare per una zuppa da servirsi a quattro o cinque persone.
Fate un battuto con un quarto di cipolla,
prezzemolo e sedano; mettetelo al fuoco con olio, e colorito che sia, versateci il pesce,
bagnandolo quando è asciutto con acqua, sugo di pomodoro o conserva; sale e pepe per
condimento. Lasciatelo cuocer bene e poi versate l'acqua occorrente per la zuppa: un litro
o poco più fra prima e dopo potrà bastare. Passate il tutto dallo staccio o da un
colino, strizzando bene, e rimettetelo al fuoco per fargli alzare il bollore e per
versarlo adagio adagio nella zuppiera, ove avrete disfatte avanti due uova con tre
cucchiaiate di parmigiano. Prima di mandare la zuppa in tavola, gettateci il pane, il
quale, a piccoli dadi, può essere soltanto arrostito, oppure fritto nell'unto che più vi
aggrada: burro, olio o lardo. Le uova col parmigiano, se non vi dispiace di vederle
rapprese a stracci, si possono anche frullare a parte e versarle nella pentola,
mescolandole fortemente, quando il brodo è a bollore.
Si dice che il Granduca di Toscana,
avendo trovata eccellente questa zuppa in un convento di frati, mandò colà il suo cuoco
ad impararla; ma il cuoco, benché molto abile fosse, non riusciva a farla buona come
quella dei frati, perché questi non volevano far sapere al Granduca che usavano il brodo
di cappone invece dell'acqua.
67. PASTINE O CAPELLINI SUL BRODO DI OMBRINA
L'ombrina, per essere un pesce de' più
fini, lessata naturalmente, cioè senza odori di sorta, vi somministra un brodo che, quasi
come quello di carne, si presta per una minestra leggiera di magro.
Le seguenti dosi saranno sufficienti per
tre persone e forse anche per quattro.
Ombrina, grammi 500.
Pastine o capellini, grammi 120.
Burro, grammi 30.
Acqua, un litro.
Mettete al fuoco l'ombrina nella detta
acqua diaccia, e salatela. Quando è cotta passate il brodo dal colino ed in esso cuocete
la minestra aggraziandola col sugo di pomodoro per occultare il puzzo del pesce; indi
versatela nella zuppiera ove avrete collocato il pezzo del burro. Servitela con parmigiano
a parte come si usa per le minestre di grasso.
68. ZUPPA DI PURÈ DI PISELLI SECCHI
Dato che i piselli siano mezzo litro
metteteli al fuoco in due litri d'acqua e frattanto fate un soffritto con mezza cipolla,
una carota, due pezzi di sedano lunghi un dito e qualche gambo di aneto, se lo avete, e,
tritato il tutto, mettetelo al fuoco con un pezzo di burro e fategli prendere il rosso.
Versate allora i piselli mezzo cotti e scolati dall'acqua conditeli con sale e pepe e fate
loro suzzare tutto il soffritto, poi versate sugo di pomodoro e l'acqua degli stessi
piselli per tirarli a cottura. Passate ogni cosa per istaccio e, se il purè riescisse
troppo denso, aggiungete acqua calda; assaggiatelo per aggiungere un altro pezzetto di
burro che probabilmente occorre. Il pane tagliatelo a quadrettini e friggetelo nel burro.
Se vi porrete attenzione sentirete una
minestra che sembra fatta sul brodo.
Questa dose potrà servire per dieci o
dodici persone.
69. TAGLIATELLE COL PROSCIUTTO
Le chiamo tagliatelle, perché dovendo
esser cotte nell'acqua e condite asciutte, va tirata la sfoglia alquanto più grossa e
tagliata a striscie più larghe dei taglierini. Si tratta sempre di un impasto d'uova e
farina, senza punta acqua se le desiderate ben sode e buone.
Tagliate a piccoli dadi una fetta grossa
di prosciutto grasso e magro: tritate bene sedano e carota in tal quantità che ambedue
facciano il volume del prosciutto all'incirca. Ponete al fuoco queste tre cose insieme,
con un pezzo di burro proporzionato al condimento delle tagliatelle. Quando il battuto
avrà preso colore, aggiungete sugo di pomodoro oppure conserva, ma con questa occorre un
ramaiolino di brodo o, mancando questo, di acqua.
Le tagliatelle cuocetele poco e salatele
pochissimo a motivo del prosciutto: levatele asciutte, conditele col detto intingolo e con
parmigiano.
Al tempo delle salsicce potete
sostituirle, bene sminuzzate al prosciutto, trattandole nella stessa guisa.
Chi ama il gusto del burro crudo ne serbi
la metà per metterlo nell'intingolo quando lo ritira dal fuoco.
Anche gli spaghetti sono buoni conditi
con le salsicce nella stessa maniera.
70.
TAGLIATELLE VERDI
Si usano per minestra asciutta e sono
più leggiere e più digeribili di quelle intrise di tutte uova. Per dar loro il color
verde cuocete spinaci lessi, strizzateli bene e tritateli colla lunetta. Con due uova e un
pugno di questi spinaci intridete sulla spianatoia quanta farina potete per ottenere una
pasta ben soda che lavorerete molto colle mani. Poi, col matterello, tiratela a sfoglia
sottile e quando dà cenno d'appiccicarsi, a motivo dell'erba che produce viscosità,
spruzzatela leggermente di farina. Avvolgete la sfoglia in un canovaccio, e quando sarà
asciutta tagliatela alquanto più larga de' taglierini da brodo, avvertendo che il bello
di tali paste è la loro lunghezza il che indica l'abilità di chi le fece. Appena alzato
il bollore levatele asciutte e conditele come gli spaghetti alla rustica n. 104, oppure
come i maccheroni o le tagliatelle dei n. 87 e 69; o semplicemente con cacio e burro.
Questa dose potrà bastare per quattro o
cinque persone.
71. TAGLIATELLE ALL'USO DI ROMAGNA
Conti corti e tagliatelle lunghe, dicono
i Bolognesi, e dicono bene, perché i conti lunghi spaventano i poveri mariti e le
tagliatelle corte attestano l'imperizia di chi le fece e, servite in tal modo, sembrano un
avanzo di cucina; perciò non approvo l'uso invalso, per uniformarsi al gusto degli
stranieri, di triturare minutissimi nel brodo i capellini, i taglierini, e minestre
consimili le quali per essere speciali all'Italia, debbono serbare il carattere della
nazione.
Fate la sfoglia e tagliatela come quella
del n. 69. Cuocetele poco, scolatele bene dall'acqua e mettetele in una cazzaruola sopra
al fuoco per un momento, onde far loro prendere il condimento che è quello degli
spaghetti alla rustica n. 104; più un pezzo di burro proporzionato alla quantità della
minestra. Mescolate adagino e servitele. A parer mio questa è una minestra molto gustosa,
ma per ben digerirla ci vuole un'aria come quella di Romagna. Mi ricordo che viaggiai una
volta con certi Fiorentini (un vecchietto sdentato, un uomo di mezza età e un giovine
avvocato) che andavano a prender possesso di una eredità a Modigliana. Smontammo a una
locanda che si può immaginare qual fosse, in quel luogo, quaranta e più anni sono.
L'oste non ci dava per minestra che tagliatelle, e per principio della coppa di maiale, la
quale, benché dura assai ed ingrata, bisognava vedere come il vecchietto si affaticava
per roderla. Era però tale l'appetito di lui e degli altri che quella e tutto il resto
pareva molto buono, anzi eccellente; e li sentii più volte esclamare: - Oh se potessimo
portarci con noi di quest'aria a Firenze! -
Poiché siamo in questi paraggi,
permettetemi vi racconti che dimorava a Firenze, al tempo che correvano i francesconi, un
conte di Romagna, il quale, facendo il paio col marchese di Forlimpopoli del Goldoni,
aveva molta boria, pochi quattrini e uno stomaco a prova di bomba. Eran tempi in cui si
viveva con poco a Firenze, che fra le città capitali, andava famosa per buon mercato.
C'erano parecchie trattorie coll'ordinario di minestra, tre piatti a scelta, frutta o
dolce, pane e vino per una lira toscana (84 centesimi). Quelle porzioni, benché piccole,
pure sfamavano chiunque non fosse allupato, e frequentavano tali trattorie anche i
signori; ma il conte in queste non si degnava. Che industria credete ch'egli avesse
trovato per figurare e spender poco? Andava un giorno sì e un giorno no alla tavola
rotonda di uno de' principali alberghi ove con mezzo francescone (lire 2,80), il
trattamento era lautissimo, e là, tirando giù a strame, s'impinzava lo stomaco per due
giorni facendo dieta in casa, il secondo, con pane, cacio ed affettato. Siavi di esempio e
di ricetta.
72. RISOTTO COLLE TELLINE
Noto questo risotto nelle proporzioni che
è stato fatto più volte nella mia cucina, e cioè:
Telline col guscio, chilogrammi 1,350.
Riso, grammi 500.
Per levare la sabbia che le telline
racchiudono, lavatele prima, poi ponetele in acqua fresca salata, o meglio, acqua di mare,
in un catino con un piatto rovesciato sotto alle medesime, e dopo due ore almeno, levatele
asciutte e mettetele al fuoco con acqua in proporzione del riso da cuocere. Quando saranno
aperte, levatene i gusci e serbate l'acqua, ma badate che in fondo alla medesima si sarà
formata una qualche posatura di sabbia che va gettata via.
Fate un soffritto con olio, aglio, poca
cipolla, prezzemolo, carota e sedano, il tutto tritato finissimo colla lunetta, e quando
sarà rosolato bene, gettatevi le telline tolte dal guscio, qualche pezzetto di funghi
secchi rinvenuti, una presa di pepe e un po' di quell'acqua serbata. Dopo qualche minuto
gettate il riso in questo intingolo e tiratelo a cottura soda col resto dell'acqua
suddetta. Assaggiatelo se sta bene di sapore col solo sale naturale delle telline e dei
condimenti datigli; se non fosse così, aggiungeteglielo con sugo di pomodoro o conserva,
ed anche con un pezzetto di burro e un pizzico di parmigiano.
Alle telline si possono sostituire le
arselle o i peocci (cozze nere, muscoli) come a Venezia, nelle cui trattorie se il riso
co' peocci (specialità del paese) fosse cucinato in questa maniera, sarebbe assai più
gradito. Per conservare alcun poco i molluschi a conchiglia bivalve, vanno tenuti in luogo
fresco, legati assai stretti in un sacchetto o in un canovaccio. D'inverno ho così
conservate fresche le telline fino a sei giorni, ma non è da azzardare perché i
molluschi riescono molto indigesti se non sono freschi.
73. RISOTTO COLLE TINCHE
Non vi spaventate nel sentire che le
tinche possono prestarsi per una buona minestra, la quale saprà naturalmente di pesce e
riuscirà un po' grave agli stomachi deboli; ma sarà grata al gusto, e fors'anche lodata,
se avrete la prudenza di non nominare la specie del pesce usato.
Ecco le dosi di una minestra per sei o
sette persone:
Riso, grammi 500;
Tinche, circa grammi 400.
Fate un battuto con due spicchi d'aglio,
un pizzico di prezzemolo, qualche foglia di basilico, se vi piace il suo odore, una grossa
carota e due pezzi di sedano bianco lunghi un palmo. Mettetelo al fuoco in una cazzaruola
con olio, sale e pepe, aggiungendovi in pari tempo le tinche già sbuzzate e tagliate a
pezzi, le teste comprese. Voltatele spesso onde non si attacchino al fondo, e quando
saranno ben rosolate cominciate a bagnarle prima con sugo di pomodoro o conserva, poi con
acqua versata a poco per volta in principio e in ultimo, in quantità tale da cuocere il
riso, ma tenendovi piuttosto scarsi che abbondanti. Fate bollire finché le tinche non
sieno spappolate, e allora passate dallo staccio ogni cosa, in modo che non restino se non
le lische e gli ossicini. Questo è il sugo che servirà per cuocere il riso, tirandolo
asciutto e di giusta cottura. Per aggraziarlo potete aggiungere qualche pezzetto di funghi
secchi e un pezzetto di burro e poi servirlo in tavola con parmigiano grattato per chi lo
vuole.
Al tempo dei piselli questi sono da
preferirsi ai funghi; grammi 200, sgranati, bastano. Cuoceteli a parte con un po' d'olio,
un po' di burro e una cipolla novellina intera. Versate i piselli quando la cipolla
comincia a rosolare, fateli soffriggere alquanto, conditeli con sale e pepe e tirateli a
cottura con poca acqua. La cipolla gettatela via e mescolate i piselli col riso quando
questo sarà quasi cotto.
74. RISOTTO NERO COLLE SEPPIE ALLA FIORENTINA
Questo invertebrato (Sepia officinalis)
dell'ordine dei molluschi e della famiglia dei cefalopodi è chiamato calamaio in Firenze,
forse perché (formando spesso la bella lingua toscana i sui vocaboli colle similitudini)
esso racchiude nel suo sacco una vescichetta, che la natura gli ha dato a difesa,
contenente un liquido nero che può servire da inchiostro.
I Toscani, i Fiorentini in ispecie, sono
così vaghi degli ortaggi, che vorrebbero cacciarli per tutto e per conseguenza in questo
piatto mettono la bietola che, mi pare, ci stia come il pancotto nel credo. Questo
eccessivo uso di vegetali non vorrei fosse una, e non ultima, delle cagioni della flaccida
costituzione di alcune classi di persone, che, durante l'influenza di qualche malore, mal
potendo reggerne l'urto, si vedono cadere fitte come le foglie nel tardo autunno.
Spellate e sparate le seppie per nettarle
delle parti inservibili che sono l'osso, l'apparato della bocca, gli occhi e il tubo
digerente; mettete da parte la vescichetta dell'inchiostro, e dopo averle lavate bene
tagliatele a quadrettino e le code a pezzetti.
Tritate minutamente due cipolle non
grandi, o meglio una sola e due spicchi d'aglio, e ponetele al fuoco in una cazzaruola con
olio finissimo e in abbondanza. Quando il soffritto avrà preso il rosso buttateci le
seppie ed aspettate che queste, bollendo, comincino a divenir gialle per gettarvi grammi
600 circa di bietola, netta dalle costole più grosse e tritata alquanto. Mescolate e
lasciate bollire per circa mezz'ora; poi versate grammi 600 di riso (che sarà il peso
delle seppie in natura) e il loro inchiostro e, quando il riso si sarà bene impregnato di
quel sugo, tiratelo a cottura con acqua calda. Il riso, per regola generale, dev'essere
poco cotto, e quando si dice asciutto deve far la colma sul vassoio in cui lo servite.
Accompagnatelo sempre col parmigiano grattato; ma se avete lo stomaco delicato astenetevi
dal farne uso, quando è cucinato con questi e simili ingredienti di non facile
digestione.
Ora v'indicherò un'altra maniera di fare
questo risotto per scegliere fra i due quello che più vi aggrada. Niente bietola, niente
inchiostro, e quando le seppie, come si è detto, cominciano a prendere il giallo, versate
il riso e tiratelo a cottura con acqua calda e sugo di pomodoro o conserva, dandogli più
grazia e sapore con un pezzetto di burro; quando è quasi cotto unite del parmigiano.
Se lo volete ancora migliore aggiungete a
due terzi di cottura, i piselli accennati nel risotto colle tinche.
75.
RISOTTO COI PISELLI
Il riso! Ecco giusto un alimento
ingrassante che i Turchi somministrano alle loro donne onde facciano, come direbbe un
illustre professore a tutti noto, i cuscinetti adiposi.
Riso, grammi 500.
Burro, grammi 100.
Parmigiano, quanto basta.
Una cipolla di mediocre grossezza
Il riso, come già vi ho detto altra
volta, non conviene lavarlo; basta nettarlo e strofinarlo entro a un canovaccio. Trinciate
la cipolla ben fine colla lunetta e mettetela al fuoco colla metà del burro. Quando avrà
preso il colore rosso versate il riso e rimuovetelo continuamente col mestolo finché
abbia succhiato tutto il soffritto. Allora cominciate a versar acqua calda a un ramaiuolo
per volta, ma badate che se bolle troppo ristretto, resta duro nel centro e si sfarina
alla superficie; salatelo e tiratelo a cottura asciutta, aggiungendo il resto del burro.
Prima di levarlo dal fuoco, unitevi i piselli del n. 427 in giusta proporzione e dategli
sapore con un buon pugno di parmigiano.
Questa dose basterà per cinque persone.
76.
RISOTTO COI FUNGHI
Per questo risotto io mi servo dei funghi
porcini, i quali in alcuni paesi chiamansi morecci.
Funghi in natura, perché vanno poi
nettati e scattivati, metà peso del riso. Fate un battuto con poca cipolla, prezzemolo,
sedano, carota e mettetelo al fuoco con tre cucchiaiate d'olio, se il riso fosse grammi
300, da servirsi cioè a tre persone. Quando il battuto avrà preso colore, fermatelo con
sugo di pomodoro e acqua, conditelo con sale e pepe e fatevi bollir dentro uno spicchio
d'aglio intero, che poi getterete via prima di passare il soffritto, il quale rimetterete
al fuoco, per cuocervi i funghi, prima tritati alla grossezza poco meno del granturco;
cotti che sieno metteteli da parte. Il riso fatelo, così crudo, soffriggere con un pezzo
di burro, poi tirate a cuocerlo con acqua calda versata a un ramaiuolo per volta; a mezza
cottura mescolateci dentro i funghi e prima di servirlo dategli sapore col parmigiano.
Sarà mangiato volentieri anche fatto con
un pugno di funghi secchi invece di quelli freschi.
77. RISOTTO COI POMODORI
Riso, grammi 500.
Burro, grammi 100.
Parmigiano, quanto basta.
Versate il riso sul burro strutto e
quando l'avrà succhiato cominciate ad aggiungere acqua calda, poca per volta; poi, giunto
a mezza cottura, dategli sapore colla salsa di pomodoro del n. 125 e prima di levarlo dal
fuoco aggiungete un buon pugno di parmigiano grattato. Nella detta salsa, per condire il
risotto, potete, piacendovi, sostituire all'olio la carnesecca, od anche servirvi del sugo
di pomodoro descritto al n. 6.
78. RISOTTO ALLA MILANESE I
Riso, grammi 500.
Burro, grammi 80.
Zafferano, quanto basta a renderlo ben giallo.
Mezza cipolla di mediocre grossezza.
Per la cottura regolatevi come al n. 75.
Per rendere questo risotto più sostanzioso e più grato al gusto occorre il brodo.
Lo zafferano, se in casa avete un mortaio
di bronzo, comperatelo in natura, pestatelo fine e scioglietelo in un gocciolo di brodo
caldo prima di gettarlo nel riso, che servirete con parmigiano.
Lo zafferano ha un'azione eccitante,
stimola l'appetito e promuove la digestione. Questa quantità può bastare per cinque
persone.
79. RISOTTO ALLA MILANESE II
Questo risotto è più complicato e più
grave allo stomaco di quello precedente, ma più saporito.
Eccovi la dose per cinque persone.
Riso, grammi 500.
Burro, grammi 80.
Midollo di bue, grammi 40
Mezza cipolla.
Vino bianco buono, due terzi di bicchiere.
Zafferano, quanto basta.
Parmigiano, idem.
Tritate la cipolla e mettetela al fuoco
col midollo e con la metà del burro. Quando sarà ben rosolata versate il riso e dopo
qualche minuto aggiungete il vino e tiratelo a cottura col brodo. Prima di ritirarlo dal
fuoco aggraziatelo con l'altra metà del burro e col parmigiano e mandatelo in tavola con
altro parmigiano a parte.
80. RISOTTO ALLA MILANESE III
Potete scegliere! Eccovi un altro risotto
alla milanese; ma senza la pretensione di prender la mano ai cuochi ambrosiani, dotti e
ingegnosi in questa materia.
Riso, grammi 300.
Burro, grammi 50.
Un quarto di cipolla mezzana di grandezza.
Marsala, due dita di bicchiere comune.
Zafferano, quanto basta.
Rosolate la cipolla, tritata fine, con la
metà del burro; versate il riso e dopo qualche minuto la marsala. Tiratelo a cottura col
brodo e quando sarà cotto aggiungete il resto del burro e lo zafferano sciolto in un poco
di brodo; per ultimo il pugnello di parmigiano.
Basta per tre persone.
81. RISOTTO COI RANOCCHI
Dice un famoso cuoco che per render
tenera la carne dei ranocchi bisogna gettarli nell'acqua calda appena scorticati e dopo
passarli in quella fresca: ma badate, appena mezzo minuto, se no li cuocete. Se sono
grossi, dodici ranocchi ritengo che basteranno per grammi 300 di riso. Lasciate addietro
le coscie; le uova, in questo caso, direi fosse meglio non adoperarle. Fate un battuto con
un quarto di una grossa cipolla, uno spicchio d'aglio, carota, sedano, prezzemolo,
basilico e mettetelo al fuoco con olio, pepe e sale. Allorché avrà preso colore buttate
giù i ranocchi, rimestate a quando a quando e rosolati che sieno buttate dentro pomodori
a pezzi, che lascerete disfare; allora versate tanta acqua calda quanta potrà occorrerne.
Fate bollire adagio finché i ranocchi siano ben cotti e poi passate ogni cosa strizzando
bene. In un po' di questo sugo cuocete le coscie lasciate da parte, disossatele ed unitele
al resto.
Mettete il riso al fuoco con un pezzetto
di burro, rimestate, e quando il burro sarà stato tutto suzzato, versate il sugo caldo
dei ranocchi a un ramaiuolo per volta fino a cottura completa. Prima di levare il riso
gettategli dentro un pugno di parmigiano e servitelo.
82.
RISOTTO COI GAMBERI
Si racconta che una gamberessa,
rimproverando un giorno la sua figliuola, le diceva: - Mio Dio, come vai torta! Non puoi
camminare diritta? - E voi, mamma, come camminate? - rispose la figliuola; - posso andar
diritta quando qui, tutti, vedo che vanno storti? - La figliuola aveva ragione.
Grammi 300 circa di gamberi potranno
bastare per grammi 700 di riso e servire per otto persone.
Fate un battuto abbondante con mezza
cipolla, tre spicchi d'aglio, carota, sedano e prezzemolo e mettetelo al fuoco con olio in
proporzione. Credo che l'aglio, in questo caso, sia necessario per correggere il dolce dei
gamberi. Quando il soffritto avrà preso colore buttategli dentro i gamberi e conditeli
con sale e pepe. Rivoltateli spesso e quando tutti saranno divenuti rossi, bagnateli con
sugo di pomodoro o conserva e poco dopo versate tanta acqua calda che possa bastare pel
riso. Lasciate bollire non tanto, perocché i gamberi cuociono presto, poi levateli
asciutti e una quarta parte, scegliendo i più grossi, sbucciateli e metteteli da parte.
Gli altri pestateli nel mortaio, passateli dallo staccio e la polpa passata mescolatela al
brodo dove sono stati cotti.
Mettete al fuoco un pezzetto di burro in
una cazzaruola e versatevi il riso nettato senza lavarlo; rimestate continuamente e quando
il riso avrà preso il lustro del burro versate il brodo caldo a poco per volta; a più di
mezza cottura uniteci i gamberi interi, già sbucciati, e prima di servirlo dategli grazia
con un pugno di parmigiano.
Se, quando fate questi risotti di magro,
avete in serbo del brodo di carne, servitevene ché con esso riusciranno più sostanziosi
e più delicati.
83. RISOTTO COL BRODO DI PESCE
Quando avrete lessato un pesce di
qualità fina od anche un grosso muggine nel modo descritto al n. 459, potrete servirvi
del brodo colato per ottenerne un risotto, o una zuppa. Fate un battuto con un quarto di
cipolla, uno o due spicchi d'aglio, prezzemolo, carota e sedano e mettetelo al fuoco con
olio, sale e pepe. Quando avrà preso colore fermatelo con sugo di pomodoro o conserva
sciolta in un ramaiuolo del detto brodo. Lasciate bollire un poco e poi versate il riso
che tirerete a cottura con lo stesso brodo bollente, versato poco per volta. A mezza
cottura aggiungete un pezzo di burro, e quando il riso è cotto, un pugnello di
parmigiano. Nella zuppa potete unire un pizzico di funghi secchi e il parmigiano servirlo
a parte.
84. MACCHERONI ALLA FRANCESE
Li dico alla francese perché li trovai
in un trattato culinario di quella nazione; ma come pur troppo accade con certe ricette
stampate, che non corrispondono quasi mai alla pratica, ho dovuto modificare le dosi nelle
seguenti proporzioni:
Maccheroni lunghi alla napoletana, grammi
300.
Burro, grammi 70.
Gruiera, grammi 70.
Parmigiano, grammi 40.
Un pentolino di brodo.
Date due terzi di cottura ai maccheroni
in acqua non troppo salata. Mettete il brodo al fuoco e quando bolle gettateci il gruiera
grattato e il burro per scioglierli bene col mestolo; ciò ottenuto, versatelo subito sui
maccheroni già sgrondati dall'acqua e dico subito, perché altrimenti il gruiera cala a
fondo e si appasta. Tenete i maccheroni al fuoco fino a cottura completa procurando che
resti un po' di sugo. Quando li levate, conditeli col suddetto parmigiano e serviteli con
altro parmigiano a parte, per chi, non avendo il gusto al delicato, ama il piccante.
Questa, come i maccheroni alla bolognese,
è una minestra che fa molto comodo nelle famiglie, perché risparmia il lesso, bastando
un pentolino di brodo del giorno avanti. Volendoli di magro, al brodo si sostituisca il
latte.
Il gruiera, conosciuto in commercio anche
col nome di emmenthal, è quel cacio a forme grandissime, di pasta tenera, gialla e
bucherellata. Alcuni non amano il suo odore speciale che sa di ribollito; ma fo riflettere
che questo odore nella stagione fredda è poco sensibile e che nella minestra si avverte
appena.
85. MACCHERONI ALLA NAPOLETANA
Ve li garantisco genuini e provati colla
scorta di una ricetta che mi sono procurato da una famiglia di Santa Maria Capua Vetere;
vi dirò anche di essere stato lungo tempo incerto avanti di metterla in esecuzione non
persuadendomi troppo quel guazzabuglio di condimenti. A dir vero questi maccheroni non
riescon cattivi, anzi possono incontrare il gusto di chi non è esclusivista del semplice.
Prendete un pezzo di carne nel lucertolo
e steccatelo con fettine di prosciutto grasso e magro, zibibbo, pinoli e con un battutino
di lardone, aglio, prezzemolo, sale e pepe. Accomodata la carne in questa maniera, e
legata collo spago per tenerla più unita, ponetela al fuoco con un battuto di lardone e
cipolla finemente tritata; rivoltatela spesso e bucatela a quando a quando col lardatoio.
Rosolata che sia la carne e consumato il battuto, aggiungetevi tre o quattro pezzi di
pomodoro sbucciati e quando questi siano distrutti, unitevi, a poco per volta, del sugo di
pomodoro passato. Aspettate che questo siasi alquanto ristretto, poi versate tanta acqua
che copra il pezzo, condite con sale e pepe e fate bollire a fuoco lento. in mancanza di
pomodori freschi servitevi di conserva. Col sugo e con formaggio piccante, come usano i
Napoletani, si condiscono i maccheroni, e la carne serve di companatico.
Quanto ai maccheroni, insegnano di farli
bollire in un recipiente largo, con molt'acqua, e di non cuocerli troppo.
86. MACCHERONI ALLA NAPOLETANA
Sono molto più semplici de' precedenti e
buoni tanto che vi consiglio a provarli.
Per grammi 300 di maccheroni lunghi, che
sono sufficienti per tre persone, mettete a soffriggere in un tegame o in una cazzaruola
due grosse fette di cipolla con grammi 30 di burro e due cucchiaiate d'olio. Quando la
cipolla, che bollendo naturalmente si sfalda, sarà ben rosolata, strizzatela col mestolo
e gettatela via. In quell'unto a bollore versate grammi 500 di pomodori e un buon pizzico
di basilico tritato all'ingrosso; condite con sale e pepe, ma i pomodori preparateli
avanti perché vanno sbucciati, tagliati a pezzi e nettati dai semi più che si può, non
facendo difetto se ve ne restano.
Col sugo condensato, con grammi 50 di
burro crudo e parmigiano, condite i maccheroni e mandateli in tavola, che saranno
aggraditi specialmente da chi nel sugo di pomodoro ci nuoterebbe dentro.
Invece dei maccheroni lunghi, possono
servire le penne, anzi queste prenderanno meglio il condimento.
87. MACCHERONI ALLA BOLOGNESE
I Bolognesi, per questa minestra, fanno
uso dei così detti denti di cavallo di mezzana grandezza, e questa pare anche a me la
forma che meglio si presta, se cucinati in tal modo; avvertite però che siano di sfoglia
alquanto grossa, onde nel bollire non si schiaccino; al qual difetto poco si bada in
Toscana ove per la predilezione che sempre si dà ai cibi leggeri vengono fabbricate certe
qualità di paste così dette gentili, a buco largo e a pareti tanto sottili che non
reggono punto alla cottura e si schiacciano bollendo, il che fa disgusto a vederle non che
a mangiarle.
Come ognuno sa, le migliori paste da
minestra sono quelle di grano duro, che si fanno distinguere pel colore naturale di cera.
Diffidate di quelle gialle, di cui si tenta mascherare l'origine ordinaria di grano
comune, per mezzo di una tinta artificiale, che una volta era data almeno con sostanze
innocue, quali lo zafferano o il croco.
Le seguenti proporzioni sono
approssimative per condire grammi 500 e più di minestra:
Carne magra di vitella (meglio se nel
filetto), gr. 150.
Carnesecca, grammi 50.
Burro, grammi 40.
Un quarto di una cipolla comune.
Una mezza carota.
Due costole di sedano bianco lunghe un palmo, oppure l'odore del sedano verde.
Un pizzico di farina, ma scarso assai.
Un pentolino di brodo.
Sale pochissimo o punto, a motivo della carnesecca e del brodo che sono saporiti.
Pepe e, a chi piace, l'odore della noce moscata.
Tagliate la carne a piccoli dadi, tritate
fine colla lunetta la carnesecca, la cipolla e gli odori, poi mettete al fuoco ogni cosa
insieme, compreso il burro, e quando la carne avrà preso colore aggiungete il pizzico
della farina, bagnando col brodo fino a cottura intera.
Scolate bene i maccheroni dall'acqua e
conditeli col parmigiano e con questo intingolo, il quale si può rendere anche più grato
o con dei pezzetti di funghi secchi o con qualche fettina di tartufi, o con un fegatino
cotto fra la carne e tagliato a pezzetti; unite, infine, quando è fatto l'intingolo, se
volete renderli anche più delicati, mezzo bicchiere di panna; in ogni modo è bene che i
maccheroni vengano in tavola non asciutti arrabbiati, ma diguazzanti in un poco di sugo.
Trattandosi di paste asciutte, qui viene
a proposito una osservazione, e cioè che queste minestre è bene cuocerle poco; ma
badiamo, modus in rebus. Se le paste si sentono durettine, riescono più grate al gusto e
si digeriscono meglio. Sembra questo un paradosso, ma pure è così, perché la minestra
troppo cotta, masticandosi poco, scende compatta a pesar sullo stomaco e vi fa palla,
mentre se ha bisogno di essere triturata, la masticazione produce saliva e questa contiene
un fermento detto ptialina che serve a convertire l'amido o la fecola in zucchero ed in
destrina.
L'azione fisiologica della saliva è poi
importantissima giacché oltre all'effetto di ammollire e di sciogliere i cibi,
facilitandone l'inghiottimento, promuove per la sua natura alcalina la secrezione del
succo gastrico allorché i cibi scendono nello stomaco. Per questa ragione le bambinaie
usano a fin di bene un atto schifoso come quello di fare i bocconi e masticare la pappa ai
bambini.
Si dice che i Napoletani, gran mangiatori
di paste asciutte, vi bevano sopra un bicchier d'acqua per digerirle meglio. Io non so se
l'acqua, in questo caso, agisca come dissolvente o piuttosto sia utile perché, prendendo
il posto di un bicchier di vino o di altro alimento, faccia, naturalmente, rimaner lo
stomaco più leggero. I denti di cavallo, quando sono più grossi e più lunghi, si
chiamano in Toscana cannelloni e in altri luoghi d'Italia buconotti o strozzapreti.
88. MACCHERONI CON LE SARDE ALLA SICILIANA
Di questa minestra vo debitore a una
vedova e spiritosa signora il cui marito, siciliano, si divertiva a manipolare alcuni
piatti del suo paese, fra i quali il nasello alla palermitana e il pesce a taglio in
umido.
Maccheroni lunghi alla napoletana, grammi
500.
Sarde fresche, grammi 500.
Acciughe salate, n. 6.
Finocchio selvatico, detto finocchio novellino, gr. 300. Olio, quanto basta.
Alle sarde levate la testa, la coda e la
spina dividendole in due parti, infarinatele, friggetele, salatele alquanto e mettetele da
parte.
I finocchi lessateli, spremeteli
dall'acqua, tritateli minuti e metteteli da parte.
I maccheroni, dopo averli cotti così
interi nell'acqua salata, scolateli bene e mettete anche questi da parte. Ponete al fuoco
in un tegame dell'olio in abbondanza e in esso disfate le sei acciughe, ben inteso dopo
averle nettate e tolta la spina; versate in questa salsa i finocchi, conditeli con poco
sale e pepe e fateli bollire per dieci minuti con sugo di pomodoro o conserva sciolta
nell'acqua. Ora che avete tutto in pronto, prendete un piatto che regga al fuoco o una
teglia e condite i maccheroni a suolo a suolo con le sarde e con l'acciugata di finocchi
in modo che facciano la colma; metteteli a rosolare tra due fuochi e serviteli caldi.
Crederei dovessero bastare per sei o
sette persone.
89.
GNOCCHI DI PATATE
La famiglia de' gnocchi è numerosa. Vi
ho già descritto gli gnocchi in brodo del n. 14: ora v'indicherò gli gnocchi di patate e
di farina gialla per minestra e più avanti quelli di semolino e alla romana per tramesso
o per contorno, e quelli di latte per dolce.
Patate grosse e gialle, grammi 400.
Farina di grano, grammi 150.
Vi noto la proporzione della farina per
intriderli, onde non avesse ad accadervi come ad una signora che, me presente, appena
affondato il mestolo per muoverli nella pentola non trovò più nulla; gli gnocchi erano
spariti. - O dov'erano andati? - mi domandò con premurosa curiosità un'altra signora, a
cui per ridere raccontai il fatto, credendo forse che il folletto li avesse portati via.
- Non inarchi le ciglia, signora -
risposi io - ché lo strano fenomeno è naturale: quelli gnocchi erano stati intrisi con
poca farina e appena furono nell'acqua bollente si liquefecero.
Cuocete le patate nell'acqua o, meglio, a
vapore e, calde bollenti, spellatele e passatele per istaccio. Poi intridetele colla detta
farina e lavorate alquanto l'impasto colle mani, tirandolo a cilindro sottile per poterlo
tagliare a tocchetti lunghi tre centimetri circa. Spolverizzateli leggermente di farina e,
prendendoli uno alla volta, scavateli col pollice sul rovescio di una grattugia. Metteteli
a cuocere nell'acqua salata per dieci minuti, levateli asciutti e conditeli con cacio,
burro e sugo di pomodoro, piacendovi.
Se li volete più delicati cuoceteli nel
latte e serviteli senza scolarli; se il latte è di buona qualità, all'infuori del sale,
non è necessario condimento alcuno o tutt'al più un pizzico di parmigiano.
90. GNOCCHI DI FARINA GIALLA
Quando vi sentite una certa ripienezza
prodotta da esuberanza di nutrizione, se ricorrete a una minestra di questi gnocchi
potrete, per la loro leggerezza e poca sostanza, neutralizzarla; e più ancora se farete
seguire ad essa un piatto di pesce di facile digestione.
La farina, per quest'uso, è bene sia
macinata grossa; se no è meglio ricorrere al semolino fine di granturco, che ora trovasi
in commercio. Salate l'acqua e, quando bolle, versate colla mano sinistra la farina un po'
per volta e col mestolo nella destra, mescolate continuamente. È necessario che questa
farina bolla molto, e quando essa è ristretta in modo da reggere bene sul mestolo,
gettatela, con un coltello da tavola, a tocchetti entro a un vassoio e ad ogni strato
conditela con cacio, burro, sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua. Colmatene il
vassoio e mandatela calda in tavola.
Se poi vi piacessero più conditi potete
trattarli come la polenta con le salsicce del n. 232 o come i maccheroni alla bolognese
del n. 87.
91. PAPPARDELLE ALL'ARETINA
Non ve le do come piatto fine, ma per
famiglia può andare.
Prendete un'anatra domestica, mettetela
in cazzaruola con un pezzetto di burro, conditela con sale e pepe e, quando avrà preso
colore, aggiungete un battuto, tritato ben fine, di prosciutto, cipolla, sedano e carota.
Lasciatelo struggere sotto l'anatra, rivoltandola spesso; poi levate via buona parte
dell'unto come cosa indigesta, e tiratela a cottura con brodo ed acqua versata poca per
volta, ma in quantità tale che vi resti il sugo per condire la minestra di pappardelle.
Procuratevi un pezzetto di milza di
vitella o di manzo, apritela e raschiatene col coltello la parte interna per metterla a
bollire sotto l'anatra quando questa sarà cotta e servirà per ingrediente al sugo a cui
non sarà male aggiungere anche pomodoro e odore di noce moscata. Tirate una sfoglia di
tutte uova, grossetta come quella delle tagliatelle e colla rotellina smerlata tagliate le
strisce più larghe di un dito. Cuocetele poco e conditele col detto sugo, col fegatino
dell'anatra a pezzetti, parmigiano e un poco di burro se occorre. Queste pappardelle
servono per minestra e l'anatra per secondo piatto.
92. PASTE ALLA CACCIATORA
Così chiamano in Toscana una minestra di
paste asciutte, (nocette, paternostri, penne e simili) condite con la carne delle
arzavole. Le arzavole sono uccelli di padule, dal piede palmato, dal becco a spatola,
somigliantissimi alle anatre se non che sono più piccole, da pesare in natura grammi 250
a 300. Due di queste sono sufficienti per condire una minestra di grammi 400 di pasta da
bastare per quattro persone.
Gettate via la testa, le zampe, la
stizza, e gli intestini per farle bollire con un mazzetto guarnito di sedano, carota e
gambi di prezzemolo in tanta acqua salata che basti per cuocervi la minestra. Cotte che
sieno disossatele e tritatele con la lunetta insieme coi fegatini e i ventrigli vuotati
che avrete cotti con le arzavole. Cotta la pasta nel detto brodo scolatela bene e
conditela a suoli con questa carne tritata, burro e parmigiano a buona misura.
Riesce una minestra gustosa e, ciò che
più conta, di non difficile digestione.
93. PASTE CON LE ARZAVOLE
La precedente minestra Paste alla
cacciatora mi ha suggerito questa che non riesce men buona. Prendete un'arzavola e,
vuotata e pulita come le suddette, mettetela a cuocere insieme con un battuto di cipolla
(un quarto o mezza se è piccola), un bel pezzo di sedano, mezza carota, grammi 40 di
prosciutto grasso e magro e un pezzetto di burro; sale e pepe per condimento. Rosolata che
sia, tiratela a cottura con del buon brodo e un po' di sugo di pomodoro o conserva. Poi
disossatela e tritatela insieme con qualche pezzetto di funghi secchi, se li avete uniti
all'arzavola mentre cuoceva. Rimettete al fuoco questo intingolo con l'odore delle spezie
o della noce moscata e un pezzo di burro impiastricciato di farina per legarlo, e con esso
e parmigiano condite grammi 350 di paste che possono essere maccheroni, strisce, denti di
cavallo od altre simili.
Questa quantità può bastare per cinque
persone se non sono gran mangiatori.
Se unirete all'arzavola grammi 50 di
filetto di manzo avrete l'intingolo più sostanzioso.
94 PAPPARDELLE COL SUGO DI CONIGLIO
Dopo aver lavato il coniglio, tagliatelo
a pezzi più grossi di quello da friggere e mettetelo al fuoco in una cazzaruola per
fargli far l'acqua che poi scolerete; quando sarà bene asciutto gettateci un pezzetto di
burro, un poco d'olio e un battuto tritato fine e composto del fegato dell'animale, di un
pezzetto di carnesecca e di tutti gli odori, cioè: cipolla, sedano, carota e prezzemolo.
Conditelo con sale e pepe. Rimuovetelo spesso e quando sarà rosolato bagnatelo con acqua
e sugo di pomodoro, o conserva, per tirarlo a cottura, aggiungendo per ultimo un altro
poco di burro.
Servitevi del sugo per condire con questo
e con parmigiano una minestra di pappardelle o di strisce, e mandate in tavola per secondo
piatto il coniglio con alcun poco del suo intinto.
Se non volete condir la minestra non
occorre nel battuto la carnesecca.
95. PAPPARDELLE COLLA LEPRE I
La carne della lepre, essendo arida e di
poco sapore, ha bisogno in questo caso, di venire sussidiata da un sugo di carne di molta
sostanza per ottenere una minestra signorile. Eccovi le dosi di una minestra per cinque
persone che, per tante, a mio avviso, deve bastare una sfoglia di tre uova, tagliata a
forma di pappardelle larghe un dito, con la rotella smerlata, oppure per grammi 500 o 600
di strisce di pasta comprata.
I due filetti di una lepre, che possono
pesare in tutto grammi 180 a 200, compreso i rognoni
Burro, grammi 50.
Carnesecca, grammi 40.
Mezza cipolla di mediocre grandezza.
Mezza carota.
Un pezzo di sedano lungo un palmo.
Odore di noce moscata.
Parmigiano, quanto basta.
Una cucchiaiata di farina.
Sugo di carne, decilitri 6.
I filetti spellateli da quella pellicola
che li avvolge e tagliateli a piccoli dadi, poi fate un battuto con la carnesecca, la
cipolla, il sedano e la carota. Tritatelo ben fine con la lunetta e mettetelo al fuoco con
la terza parte del detto burro e con la carne di lepre, condendola con sale e pepe. Quando
la carne sarà rosolata, spargeteci sopra la farina e poco dopo bagnatela e tiratela a
cottura coi detto sugo. Prima di servirvi di questo intingolo aggiungete il resto del
burro e la noce moscata.
Le pappardelle o strisce che siano, cotte
nell'acqua salata, levatele bene asciutte e conditele sul vassoio, senza rimetterle al
fuoco, con parmigiano e l'intingolo suddetto.
In mancanza dei filetti servitevi dei
coscetti.
96. PAPPARDELLE COLLA LEPRE II
Eccovi un'altra ricetta più semplice per
condire con la stessa quantità di carne di lepre la medesima quantità di paste.
Fate un battuto con grammi 50 di
prosciutto, più grasso che magro, un quarto di cipolla, sedano, carota e pochissimo
prezzemolo. Mettetelo al fuoco con grammi 40 di burro e quando avrà soffritto, buttateci
i pezzi della carne interi e conditeli con sale e pepe. Fatela rosolare e poi, per
cuocerla, bagnatela a poco a poco con brodo e sugo di pomodoro o conserva, in modo che vi
resti abbondante liquido; quando la carne è cotta levatela asciutta e tritatela non tanto
minuta con la lunetta.
Fate, come dicono i Francesi, un roux o,
come io direi, un intriso con grammi 30 di burro e una cucchiaiata di farina e quando
avrà preso sul fuoco il color biondo, versate nel medesimo la carne tritata e il suo
sugo, aggiungendo altri 30 grammi di burro e l'odore della noce moscata; poi con
quest'intingolo e con parmigiano condite la minestra. Non mi rimproverate se in queste
minestre v'indico spesso l'odore della noce moscata. A me pare che ci stia bene; se poi
non vi piace sapete quello che avete a fare.
97. RAVIOLI
Ricotta, grammi 300.
Parmigiano grattato, grammi 50.
Uova, n. 2.
Bietola cotta, quanta ne sta in un pugno. Odore di noce moscata e spezie.
Sale, quanto basta.
La ricotta passatela, e se è sierosa
strizzatela prima in un tovagliuolo. La bietola nettatela dai gambi, lessatela senz'acqua,
strizzatela bene e tritatela fine colla lunetta Fate un impasto di tutto, prendete il
composto a cucchiaiate e mettendolo sopra a della farina, che avrete distesa sulla
spianatoia, avvolgetelo bene dandogli la forma tonda e bislunga delle crocchette. Con
questa dose farete circa due dozzine di ravioli. Per cuocerli gettateli in acqua, non
salata, che bolla forte e levateli colla mestola forata perché restino asciutti.
Conditeli o col sugo o a cacio e burro e serviteli per minestra o per contorno a un umido
di carne.
Siccome la cottura ne è sollecita,
bastando che assodino, cuoceteli pochi alla volta onde non si rompano.
98. RAVIOLI ALL'USO DI ROMAGNA
I Romagnoli, per ragione del clima che
richiede un vitto di molta sostanza e un poco fors'anche per lunga consuetudine a cibi
gravi, hanno generalmente gli ortaggi cotti in quella grazia che si avrebbe il fumo negli
occhi, talché spesse volte ho udito nelle trattorie: - Cameriere, una porzione di lesso;
ma bada, senza spinaci. - Oppure: - Di questi (indicando gli spinaci) ti puoi fare un
impiastro sul sedere. - Esclusa quindi la bietola o gli spinaci, eccovi la ricetta dei
ravioli all'uso di Romagna:
Ricotta, grammi 150.
Farina, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Uova, uno e un rosso.
Sale, quanto basta.
Fate tutto un impasto e versatelo sulla
spianatoia sopra un velo di farina per dargli la forma cilindrica che taglie rete in
quattordici o quindici pezzi eguali foggiandoli a modo. Lessateli poi per due o tre minuti
in acqua non salata e conditeli con cacio e sugo di carne, oppure serviteli per contorno a
uno stracotto o a un fricandò.
99. RAVIOLI ALLA GENOVESE
Questi, veramente, non si dovrebbero
chiamar ravioli, perché i veri ravioli non si fanno di carne e non si involgono nella
sfoglia.
Mezzo petto di cappone o di pollastra.
Un cervello d'agnello con alcune animelle
Un fegatino di pollo.
Mettete queste cose al fuoco con un
pezzetto di burro e quando cominciano a prender colore tiratele a cottura col sugo di
carne. Levatele asciutte e tritatele finissime colla lunetta insieme con una fettina di
prosciutto grasso e magro; poi aggiungete pochi spinaci lessati e passati, parmigiano
grattato, noce moscata e due rossi d'uovo. Mescolate, e chiudeteli come i cappelletti
all'uso di Romagna n. 7, o in modo più semplice; con questa dose ne farete sessanta
circa.
Cuoceteli nel brodo per minestra, o
asciutti con cacio e burro, oppure col sugo.
100. SPAGHETTI COLLE ACCIUGHE
Per minestra di magro è appetitosa.
Prendete spaghetti mezzani che sono da preferirsi a quelle corde da contrabbasso,
eccellenti per gli stomachi degli spaccalegne. Grammi 350 sono più che sufficienti per
quattro persone di pasto ordinario, e per questa quantità bastano cinque acciughe.
Lavatele, nettatele bene dalle spine e
dalle lische, tritatele alquanto colla lunetta e ponetele al fuoco con olio buono in
abbondanza e una presa di pepe. Non le fate bollire, ma quando cominciano a scaldarsi
aggiungete grammi 50 di burro, un poco di sugo di pomodoro o conserva e levatele. Condite
con questo intingolo gli spaghetti cotti in acqua poco salata, procurando che restino
durettini.
101. SPAGHETTI COI NASELLI
Spaghetti, grammi 500.
Naselli (merluzzi), grammi 300.
Burro, grammi 60.
Olio, cucchiaiate n. 4.
Marsala, cucchiaiate n. 4.
Odore di noce moscata.
Tritate una cipolla di mediocre grossezza
e strizzatela fra le mani per toglierle l'acredine. Mettetela al fuoco con l'olio suddetto
e quando comincia a rosolare gettateci i naselli tagliati a pezzi e conditeli con sale e
pepe. Rosolati che siano versate sugo di pomodoro, o conserva sciolta nell'acqua per
cuocerli, e poi passateli da uno staccio di fil di ferro, bagnandoli con un poco di acqua
calda se occorre, per estrarne tutta la polpa. Rimettete il passato al fuoco col burro, la
marsala, la noce moscata e quando avrà alzato il bollore, se il sugo non avrà bisogno di
essere ristretto per ridurlo a giusta consistenza, condite con questo intingolo e
parmigiano gli spaghetti cotti in acqua salata.
È questa una dose per cinque persone ed
è minestra che piacerà perché non è un intruglio come sembrerebbe alla descrizione.
102. SPAGHETTI COL SUGO DI SEPPIE
Eccovi le norme approssimative per fare
questa minestra che basterà per cinque persone.
Prendete tre seppie di media grandezza,
che potranno pesare, in complesso, dai 650 ai 700 grammi. Spellatele e nettatele
dall'osso, dall'apparato della bocca, dagli occhi, dal tubo digerente e dall'inchiostro,
che alcuni lasciano, ma che io escludo perché mi sembra faccia bruttura. Fate un battuto
con grammi 100 di midolla di pane, un buon pizzico di prezzemolo e uno spicchio d'aglio,
unitevi i tentacoli, che sono due per ogni seppia, tritati ben fini, conditelo con olio,
sale e pepe a buona misura e con questo riempite il sacco delle seppie cucendone la bocca.
Tritate una cipolla di mediocre grandezza, strizzatela per toglierne l'acredine e
mettetela al fuoco con olio, non molto però, e quando avrà preso colore gettateci le
seppie e conditele con sale e pepe. Aspettate che coloriscano per tirarle a cottura a
fuoco lento con molto sugo di pomodoro o conserva, aggiungendo acqua a poco per volta.
Fatele bollir tre ore, ma procurate che vi resti il sugo necessario per condire con esso e
con parmigiano grammi 500 di spaghetti i quali sentirete che riescono piacevoli al gusto.
Le seppie, che in questo modo rimangono
tenere e perciò di non difficile digestione, servitele dopo come piatto di pesce in
umido.
103. SPAGHETTI DA QUARESIMA
Molti leggendo questa ricetta
esclameranno: - Oh che minestra ridicola! - eppure a me non dispiace; si usa in Romagna e,
se la servirete a dei giovanotti, sarete quasi certi del loro aggradimento.
Pestate delle noci framezzo a
pangrattato, uniteci dello zucchero a velo e l'odore delle spezie e, levati asciutti gli
spaghetti dall'acqua, conditeli prima con olio e pepe, poi con questo pesto a buona
misura.
Per grammi 400 di spaghetti, che possono
bastare per cinque persone:
Noci sgusciate, grammi 60.
Pangrattato, grammi 60.
Zucchero bianco a velo, grammi 30.
Spezie fini, un cucchiaino colmo.
104. SPAGHETTI ALLA RUSTICA
Gli antichi Romani lasciavano mangiare
l'aglio all'infima gente, e Alfonso re di Castiglia tanto l'odiava da infliggere una
punizione a chi fosse comparso a Corte col puzzo dell'aglio in bocca. Più saggi gli
antichi Egizi lo adoravano in forma di nume, forse perché ne avevano sperimentate le
medicinali virtù, e infatti si vuole che l'aglio sia di qualche giovamento agl'isterici,
che promuova la secrezione delle orine, rinforzi lo stomaco, aiuti la digestione e,
essendo anche vermifugo, serva di preservativo contro le malattie epidemiche e
pestilenziali. Però, ne' soffritti, state attenti che non si cuocia troppo, ché allora
prende assai di cattivo. Ci sono molte persone, le quali, ignare della preparazione dei
cibi, hanno in orrore l'aglio per la sola ragione che lo sentono puzzare nel fiato di chi
lo ha mangiato crudo o mal preparato; quindi, quale condimento plebeo, lo bandiscono
affatto dalla loro cucina; ma questa fisima li priva di vivande igieniche e gustose, come
la seguente minestra, la quale spesso mi accomoda lo stomaco quando l'ho disturbato. Fate
un battutino con due spicchi d'aglio e un buon pizzico di prezzemolo e l'odore del
basilico se piace; mettetelo al fuoco con olio a buona misura e appena l'aglio comincia a
colorire gettate nel detto battuto sei o sette pomodori a pezzi condendoli con sale e
pepe. Quando saranno ben cotti passatene il sugo, che potrà servire per quattro o cinque
persone, e col medesimo unito a parmigiano grattato, condite gli spaghetti, ossia i
vermicelli, asciutti, ma abbiate l'avvertenza di cuocerli poco, in molta acqua, e di
mandarli subito in tavola, onde non avendo tempo di succhiar l'umido, restino succosi.
Anche le tagliatelle sono buonissime
così condite.
105. SPAGHETTI COI PISELLI
È una minestra da famiglia, ma buona e
gustosa se preparata con attenzione; del resto queste minestre asciutte vengono opportune
per alternare con quell'eterno e spesso tiglioso e insipido lesso.
Spaghetti, grammi 500.
Piselli sgranati, grammi 500.
Carnesecca, grammi 70.
Fate un battuto con la suddetta
carnesecca, una cipolla novellina, un aglio fresco e qualche costola di sedano e
prezzemolo. Mettetelo al fuoco con olio e, quando comincia a prender colore, versate i
piselli insieme con qualche gambo di aneto tritato, se lo avete; conditeli con sale e pepe
e cuoceteli.
Gli spaghetti tritateli con le mani per
ridurli corti meno di mezzo dito, cuoceteli nell'acqua salata, scolateli bene, mescolateli
coi piselli e serviteli con parmigiano a parte.
Questa quantità potrà bastare per sei o
sette persone.
106. SPAGHETTI CON LA BALSAMELLA
Tolti asciutti dall'acqua e conditi sul
vassoio con parmigiano e burro, né più né meno come siete soliti a fare, versateci
sopra, se gli spaghetti fossero grammi 300, una balsamella composta di
Latte molto buono decilitri n. 3.
Burro, grammi 20.
Farina, grammi 5 che corrispondono a una mezza cucchiaiata.
È una minestra che potrà bastare a
quattro persone.
107. MINESTRA DI ERBE PASSATE
Prendete un mazzo di bietola, uno di
spinaci, un cesto (cespo) di lattuga e uno spicchio di cavolo cappuccio. Alla bietola
togliete le costole più grosse, trinciate tutte queste erbe all'ingrosso e tenetele per
alcune ore nell'acqua fresca.
Fate un battuto con un quarto di cipolla
e tutti gli odori, cioè, prezzemolo, sedano, carota e qualche foglia di basilico, oppure
di aneto; mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro e quando sarà ben colorito, versate
sul medesimo le dette erbe alquanto grondanti, insieme con alcuni pomodori a pezzi e con
una patata tagliata a fette. Condite con sale e pepe e lasciate bollire rimescolando
spesso. Quando le erbe saranno ristrette, versate acqua calda e fatele cuocer tanto che
divengan disfatte. Allora passatele per istaccio, sul quale rimarrà lo scarto di bucce e
filamenti, e servitevi del sugo passato per cuocervi del riso o per bagnare una zuppa; ma
prima assaggiatelo, per aggiungere condimento, e specialmente del burro, che sarà quasi
sempre necessario.
Le dette minestre servitele con
parmigiano a parte, ma vi prevengo di non tenerle troppo dense onde non sembrino
impiastri.