559.
STRUDEL
Non vi sgomentate se questo dolce vi pare
un intruglio nella sua composizione e se dopo cotto vi sembrerà qualche cosa di brutto
come un'enorme sanguisuga, o un informe serpentaccio, perché poi al gusto vi piacerà.
Mele reínettes, o mele tenere di buona
qualità, gr. 500.
Farina, grammi 250.
Burro, grammi 100.
Uva di Corinto, grammi 85.
Zucchero in polvere, grammi 85.
Raschiatura di un limone.
Cannella in polvere due o tre prese.
Spegnete la farina con latte caldo,
burro, quanto una noce, un uovo e un pizzico di sale per farne una pasta piuttosto soda
che lascerete riposare un poco prima di servirvene. Tirate con questa pasta una sfoglia
sottile come quella dei taglierini e, lasciando gli orli scoperti, distendetevi sopra le
mele che avrete prima sbucciate, nettate dai torsoli e tagliate a fette sottili. Sul suolo
delle mele spargete l'uva, la raschiatura di limone, la cannella, lo zucchero e infine i
100 grammi di burro liquefatto, lasciandone un po' indietro per l'uso che sentirete. Ciò
fatto avvolgete la sfoglia sopra sé stessa per formarne un rotolo ripieno che adatterete
in una teglia di rame, già unta col burro, assecondando per necessità la forma rotonda
della medesima; col burro avanzato ungete tutta la parte esterna del dolce e mandatelo al
forno. Avvertite che l'uva di Corinto, o sultanina, è diversa dall'uva passolina. Questa
è piccola e nera; l'altra è il doppio più grossa, di colore castagno chiaro e senza
vinacciuoli anch'essa. Il limone raschiatelo con un vetro.
560.
PRESNITZ
Eccovi un altro dolce di tedescheria e
come buono! Ne vidi uno che era fattura della prima pasticceria di Trieste, lo assaggiai e
mi piacque. Chiestane la ricetta la misi alla prova e riuscì perfettamente; quindi,
mentre ve lo descrivo, mi dichiaro gratissimo alla gentilezza di chi mi fece questo
favore.
Uva sultanina, grammi 160.
Zucchero, grammi 130.
Noci sgusciate, grammi 130.
Focaccia rafferma, grammi 110.
Mandorle dolci sbucciate, grammi 60.
Pinoli, grammi 60.
Cedro candito, grammi 35.
Arancio candito, grammi 35.
Spezie composte di cannella, garofani e macis, grammi 5.
Sale, grammi 2.
Cipro, decilitri l.
Rhum, decilitri l.
L'uva sultanina, dopo averla nettata,
mettetela in infusione nel cipro e nel rhum mescolati insieme; lasciatela così diverse
ore e levatela quando comincia a gonfiare. I pinoli tagliateli in tre parti per traverso,
i frutti canditi tagliateli a piccolissimi dadi, le noci e le mandorle tritatele con la
lunetta alla grossezza del riso all'incirca, e la focaccia, che può essere una pasta
della natura dei brioches o del panettone di Milano, grattatela o sbriciolatela. L'uva
lasciatela intera e poi mescolate ogni cosa insieme, il rhum e il cipro compresivi.
Questo è il ripieno; ora bisogna
chiuderlo in una pasta sfoglia per la quale può servirvi la ricetta del n. 155 nella
proporzione di farina gr. 160 e burro gr. 80. Tiratela stretta, lunga e della grossezza
poco più di uno scudo.
Distendete sulla medesima il ripieno e
fatene un rocchio a guisa di salsicciotto tirando la sfoglia sugli orli per congiungerla.
Dategli la circonferenza di 10 centimetri circa, schiacciatelo alquanto o lasciatelo
tondo, ponetelo entro a una teglia di rame unta col burro avvolto intorno a sé stesso
come farebbe la serpe; però non troppo serrato. Infine, con un pennello, spalmatelo con
un composto liquido di burro sciolto e un rosso d'uovo.
Invece di uno potete farne due, se vi
pare, con questa stessa dose, la metà della quale io ritengo che basterebbe per sette od
otto persone.
561.
KUGELHUPF
Farina d'Ungheria o finissima, grammi
200.
Burro, grammi 100.
Zucchero, grammi 50.
Uva sultanina, grammi 50.
Lievito di birra, grammi 30.
Uova, uno intero e due rossi.
Sale, un pizzico.
Odore di scorza di limone.
Latte, quanto basta.
Intridete il lievito col latte tiepido e
un pugno della detta farina per formare un piccolo pane piuttosto sodo; fategli un taglio
in croce e ponetelo in una cazzarolina con un velo di latte sotto, coperta e vicina al
fuoco, badando che questo non la scaldi troppo.
D'inverno sciogliete il burro a
bagno-maria poi lavoratelo alquanto coll'uovo intero, indi versate lo zucchero e poi la
farina, i rossi d'uovo, il sale e l'odore, mescolando bene. Ora, aggiungete il lievito che
nel frattempo avrà già gonfiato e con cucchiaiate di latte tiepido, versate una alla
volta, lavorate il composto con un mestolo entro a una catinella per più di mezz'ora
riducendolo a una consistenza alquanto liquida, non però troppo. Per ultimo versate l'uva
e mettetelo in uno stampo liscio imburrato e spolverizzato di zucchero a velo misto a
farina, ove il composto non raggiunga la metà del vaso che porrete ben coperto in caldana
o in un luogo di temperatura tiepida a lievitare, al che ci vorranno due o tre ore.
Quando sarà ben cresciuto da arrivare
alla bocca del vaso, mettetelo in forno a calore non troppo ardente, sformatelo diaccio,
spolverizzatelo di zucchero a velo o se credete (questo è a piacere) annaffiatelo col
rhum.
562.
KRAPFEN II
Fatti nel seguente modo riescono più
gentili di quelli del n. 182, specialmente se devono servire come piatto dolce, e
prenderanno la figura di palle lisce senza alcuna impressione sopra.
Farina d'Ungheria, grammi 200.
Burro, grammi 50.
Lievito di birra, grammi 20.
Latte o panna meno di un decilitro, onde il composto riesca sodettino.
Rossi d'uovo, n. 3.
Zucchero, un cucchiaino.
Sale, una buona presa.
Mettete in una tazza il lievito con una
cucchiaiata della farina e, stemperandolo con un poco del detto latte tiepido, ponetelo a
lievitare vicino al fuoco. Poi in una catinella versate il burro, sciolto d'inverno a
bagnomaria, e lavoratelo con un mestolo, gettandovi i rossi d'uovo uno alla volta, indi
versate il resto della farina, il lievito quando sarà cresciuto del doppio, il latte a
poco per volta, il sale e lo zucchero, lavorando il composto con una mano fino a che non
si distacchi dalla catinella. Fatto ciò stacciatevi sopra un sottil velo di farina comune
e mettetelo a lievitare in luogo tiepido entro al suo vaso e quando il composto sarà
cresciuto versatelo sulla spianatoia sopra a un velo di farina e leggermente col
matterello assottigliatelo alla grossezza di mezzo dito; indi, servendovi dello stampo
della ricetta n. 7, tagliatelo in 24 dischi sulla metà dei quali porrete, quanto una
piccola noce, conserva di frutta o crema pasticcera. Bagnate questi dischi all'ingiro con
un dito intinto nel latte per coprirli e appiccicarli coi 12 rimasti vuoti; lievitateli e
friggeteli in molto unto, olio o strutto che sia, spolverizzateli di zucchero a velo
quando non saranno più a bollore e serviteli. Se trattasi di doppia dose, grammi 30 di
lievito potranno bastare.
563.
SAVARIN
Ad onore forse di Brillat-Savarin fu
applicato a questo dolce un tal nome. Contentiamoci dunque di chiamarlo alla francese, e
di raccomandarlo per la sua bontà ed eleganza di forma, ad ottenere la quale occorre uno
stampo a forma rotonda, col buco nel mezzo, convesso alla parte esterna e di capacità
doppia del composto che deve entrarvi.
Farina d'Ungheria o finissima, grammi
180.
Burro, grammi 60.
Zucchero, grammi 40.
Mandorle dolci, grammi 40,
Latte, decilitri 2.
Uova, due rossi e una chiara.
Una presa di sale.
Lievito di birra, quanto un piccolo uovo.
Ungete lo stampo con burro diaccio,
spolverizzatelo di farina comune mista con zucchero a velo e spargete in fondo al medesimo
le dette mandorle sbucciate e tagliate a filetti corti. Se le tostate, farete meglio.
Stemperate ed impastate il lievito con un
gocciolo del detto latte tiepido e con un buon pizzico della farina d'Ungheria per fare un
piccolo pane che porrete a lievitare come quello del Babà n. 565. Ponete il resto della
farina e gli altri ingredienti meno il latte che va aggiunto a poco per volta in una
catinella, e cominciate a lavorarli col mestolo; poi uniteci il lievito e quando il
composto sarà lavorato in modo che si distacchi bene dalla catinella, versatelo nello
stampo sopra le mandorle. Ora mettetelo a lievitare in luogo appena tiepido e ben riparato
dall'aria, prevenendovi che per questa seconda lievitatura occorreranno quattro o cinque
ore. Cuocetelo al forno comune o al forno da campagna e frattanto preparate il seguente
composto: fate bollire grammi 30 di zucchero in due dita, di bicchiere, d'acqua e quando
l'avrete ridotto a sciroppo denso, ritiratelo dal fuoco e, diaccio che sia, aggiungete un
cucchiaino di zucchero vanigliato e due cucchiaiate di rhum oppure di kirsch; poi sformate
il savarin e così caldo, con un pennello, spalmatelo tutto di questo sciroppo, finché ne
avrete. Servite il dolce caldo o diaccio a piacere.
Questa dose, benché piccola, può
bastare per cinque o sei persone. Se vedete che l'impasto diventasse troppo liquido con
l'intera dose del latte, lasciatene indietro un poco. Si può fare anche senza le
mandorle.
564.
GÂTEAU À LA NOISETTE
A questo dolce diamogli un titolo pomposo
alla francese, che non sarà del tutto demeritato.
Farina di riso, grammi 125.
Zucchero, grammi 170.
Burro, grammi 100.
Mandorle dolci, grammi 50.
Nocciuole sgusciate, grammi 50.
Uova, n. 4.
Odore di vainiglia.
Le nocciuole (avellane) sbucciatele
coll'acqua calda come le mandorle e le une e le altre asciugatele bene al sole o al fuoco.
Poi, dopo averle pestate finissime, con due cucchiaiate del detto zucchero mescolatele
alla farina di riso. Lavorate bene le uova col resto dello zucchero, indi versateci dentro
la detta miscela e dimenate molto colla frusta il composto. Infine aggiungete il burro
liquefatto e tornate a lavorarlo. Ponetelo in uno stampo liscio di forma rotonda e
alquanto stretta onde venga alto quattro o cinque dita, e cuocetelo in forno a moderato
calore. Servitelo freddo.
Questa dose potrà bastare per sei o
sette persone.
565. BABÀ
Questo è un dolce che vuol vedere la
persona in viso, cioè per riuscir bene richiede pazienza ed attenzione. Ecco le dosi:
Farina d'Ungheria o finissima, grammi
250.
Burro, grammi 70.
Zucchero in polvere, grammi 50.
Uva sultanina, detta anche uva di Corinto, grammi 50.
Uva malaga a cui vanno levati gli acini, grammi 30.
Lievito di birra, grammi 30.
Latte o, meglio, panna, decilitri 1 circa.
Uova, n. 2 e un rosso.
Marsala, una cucchiaiata.
Rhum o cognac, una cucchiaiata.
Candito tagliato a filetti, grammi 10.
Sale, un pizzico.
Odore di vainiglia.
Con un quarto della detta farina e con un
gocciolo del detto latte tiepido, s'intrida il lievito di birra e se ne formi un pane di
giusta sodezza. A questo s'incida col coltello una croce, non perché esso e gli altri
così fregiati abbiano paura delle streghe; ma perché a suo tempo diano segno del
rigonfiamento necessario, ad ottenere il quale si pone a lievitare vicino al fuoco, a
moderatissimo calore, entro a un vaso coperto in cui sia un gocciolo di latte. Intanto che
esso lievita, per il che ci vorrà mezz'ora circa, scocciate le uova in una catinella e
lavoratele collo zucchero; aggiungete dipoi il resto della farina, il panino lievitato, il
burro sciolto e tiepido, la marsala e il rhum, e se l'impasto riuscisse troppo sodo,
rammorbiditelo col latte tiepido. Lavoratelo molto col mestolo finché il composto non si
distacchi dalla catinella, per ultimo gettateci l'uva e il candito, e mettetelo a
lievitare. Quando avrà rigonfiato rimuovetelo un poco col mestolo e versatelo in uno
stampo unto col burro e spolverizzato di zucchero a velo misto a farina.
La forma migliore di stampo, per questo
dolce, è quella di rame a costole; ma badate ch'esso dev'essere il doppio più grande del
contenuto. Copritelo con un testo onde non prenda aria e ponetelo in caldana o entro un
forno da campagna, pochissimo caldo, per lievitarlo; al che non basteranno forse due ore.
Se la lievitatura riesce perfetta si vedrà il composto crescere del doppio, e cioè
arrivare alla bocca dello stampo. Allora tirate a cuocerlo, avvertendo che nel frattempo
non prenda aria. La cottura si conosce immergendo un fuscello di granata che devesi
estrarre asciutto; nonostante lasciatelo ancora a prosciugare in forno a discreto calore,
cosa questa necessaria a motivo della sua grossezza. Quando il Babà è sformato, se è
ben cotto, deve avere il colore della corteccia del pane; spolverizzatelo di zucchero a
velo.
Servitelo freddo.
566.
SFOGLIATA DI MARZAPANE
Fate una pasta sfoglia nella quantità e
proporzione del n. 154. Quando è spianata tagliatene due tondi della dimensione di un
piatto comune, a grandi smerli sugli orli. Sopra ad uno di essi, lasciandovi un po' di
margine, distendete il composto di marzapane del n. 579, che dovrebbe riuscire
dell'altezza di un centimetro circa; poi sovrapponetegli l'altro tondo di pasta sfoglia,
attaccandoli insieme sugli orli con un dito intinto nell'acqua.
Dorate la superficie della sfogliata coi
rosso d'uovo, cuocetela al forno o al forno da campagna e dopo spolverizzatela di zucchero
a velo. Questa dose basterà a sette od otto persone e sentirete che questo dolce sarà
molto lodato per la sua delicatezza.
567. BUDINO DI NOCCIUOLE (AVELLANE)
Latte, decilitri 7.
Uova, n. 6.
Nocciuole sgusciate, grammi 200.
Zucchero, grammi 180.
Savoiardi, grammi 150.
Burro, grammi 20.
Odore di vainiglia.
Sbucciate le nocciuole nell'acqua calda
ed asciugatele bene al sole o al fuoco, indi pestatele finissime nel mortaio collo
zucchero versato poco per volta.
Mettete il latte al fuoco e quando sarà
entrato in bollore sminuzzateci dentro i savoiardi e fateli bollire per cinque minuti,
aggiungendovi il burro. Passate il composto dallo staccio e rimettetelo al fuoco con le
nocciuole pestate per isciogliervi dentro lo zucchero. Lasciatelo poi ghiacciare per
aggiungervi le uova, prima i rossi, dopo le chiare montate; versatelo in uno stampo unto
di burro e spolverizzato di pangrattato, che non venga del tutto pieno, cuocetelo in forno
o nel fornello e servitelo freddo.
Questa dose potrà bastare per nove o
dieci persone.
568. BISCOTTI CROCCANTI I
Farina, grammi 500.
Zucchero in polvere, grammi 220.
Mandorle dolci, intere e sbucciate frammiste a qualche pinolo, grammi 120.
Burro, grammi 30.
Anaci, un pizzico.
Uova, n. 5.
Sale, una presa.
Lasciate indietro le mandorle e i pinoli
per aggiungerli dopo ed intridete il tutto con quattro uova, essendo così sempre in tempo
di servirvi del quinto, se occorre per formare una pasta alquanto morbida. Fatene quattro
pani della grossezza di un dito e larghi quanto una mano; collocateli in una teglia unta
col burro e infarinata, e dorateli sopra.
Non cuoceteli tanto per poterli tagliare
a fette, il che verrà meglio fatto il giorno appresso, ché la corteccia rammollisce.
Rimettete le fette al forno per tostarle appena dalle due parti, ed eccovi i biscotti
croccanti.
569. BISCOTTI CROCCANTI II
Farina, grammi 400.
Zucchero, grammi 200.
Burro, grammi 80.
Mandorle, grammi 40.
Uva sultanina, grammi 30.
Pinoli, grammi 20.
Cedro, o zucca candita, grammi 20.
Anaci, un pizzico.
Spirito di vino, cucchiaiate n. 2.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino scarso.
Uova, uno intero e tre rossi.
Questi biscotti sono più fini dei
precedenti; e ritengo non lascino nulla a desiderare. Le mandorle sbucciatele, e tanto
queste che i pinoli lasciateli interi. Il candito tagliatelo a pezzettini. Fate una buca
nel monte della farina e collocateci le uova, lo zucchero, il burro, lo spirito e il
bicarbonato. Intridete il composto senza troppo lavorarlo, poi apritelo ed allargatelo per
aggiungervi il resto, e tirate un bastone alquanto compresso, lungo un metro, che
dividerete in quattro o cinque parti, onde possa entrar nella teglia; doratelo e cuocetelo
al forno. Cotto che sia tagliatelo nella forma dei biscotti a fette poco più grosse di un
centimetro. e tostateli leggermente da ambe le parti.
570. BASTONCELLI CROCCANTI
Farina, grammi 150.
Burro, grammi 60.
Zucchero a velo, grammi 60.
Un uovo.
Odore di buccia di limone grattata.
Fatene un pastone senza dimenarlo troppo,
poi tiratelo sottile per poter ottenere due dozzine di bastoncelli della lunghezza di
dieci centimetri che cuocerete al forno da campagna, entro a una teglia, senza alcuna
preparazione. Si possono accompagnare col the o col vino da bottiglia.
571.
BISCOTTI TENERI
Per questi biscotti bisognerebbe vi
faceste fare una cassettina di latta larga 10 centimetri e lunga poco meno del diametro
del vostro forno da campagna per poterci entrare, se siete costretti di servirvi di esso e
non del forno comune. Così i biscotti avranno il cantuccio dalle due parti e, tagliati
larghi un centimetro e mezzo, saranno giusti di proporzione.
Farina di grano, grammi 40.
Farina di patate, grammi 30.
Zucchero, grammi 90.
Mandorle dolci, grammi 40.
Candito (cedro o arancio), grammi 20.
Conserva di frutte, grammi 20.
Uova, n. 3.
Le mandorle sbucciatele, tagliatele a
metà per traverso ed asciugatele al sole o al fuoco. I pasticcieri, per solito, le
lasciano colla buccia, ma non è uso da imitarsi perché spesso quella si attacca al
palato ed è indigesta. Il candito e la conserva, che può essere di cotogne o d'altra
frutta, ma soda, tagliateli a piccoli dadi.
Lavorate prima molto, ossia più di
mezz'ora, i rossi d'uovo collo zucchero e un poco della detta farina, poi aggiungete le
chiare montate ben sode e dopo averle immedesimate uniteci la farina, facendola cadere da
un vagliettino. Mescolate adagio e spargete nel composto le mandorle, il candito e la
conserva. La cassettina di latta ungetela con burro e infarinatela; i biscotti tagliateli
il giorno appresso, tostandoli, se vi piace, dalle due parti.
572. BISCOTTI DA FAMIGLIA
Sono biscotti di poca spesa, facili a
farsi e non privi di qualche merito perché posson servire sia pel the sia per qualunque
altro liquido, inzuppandosi a maraviglia.
Farina, grammi 250.
Burro, grammi 50.
Zucchero a velo, grammi 50.
Ammoniaca in polvere, grammi 5.
Una presa di sale.
Odore di vainiglia con zucchero vanigliato.
Latte tiepido, un decilitro circa.
Fate una buca nel monte della farina,
poneteci gl'ingredienti suddetti meno il latte, del quale vi servirete per intridere
questa pasta, che deve riuscir morbida e deve essere dimenata molto onde si affini; poi
tiratene una sfoglia grossa uno scudo, spolverizzandola di farina, se occorre, e per
ultimo passateci sopra il mattarello rigato, oppure servitevi della grattugia o di una
forchetta per farle qualche ornamento. Dopo tagliate i biscotti nella forma che più vi
piace, se non volete farne delle strisce lunghe poco più di un dito e larghe due
centimetri come fo io. Collocateli senz'altro in una teglia di rame e cuoceteli al forno o
al forno da campagna.
573. BISCOTTI DELLA SALUTE
State allegri, dunque, ché con questi
biscotti non morirete mai o camperete gli anni di Mathusalem. Infatti io, che ne mangio
spesso, se qualche indiscreto, vedendomi arzillo più che non comporterebbe la mia grave
età mi dimanda quanti anni ho, rispondo che ho gli anni di Mathusalem, figliuolo di
Enoch.
Farina, grammi 350.
Zucchero rosso, grammi 100.
Burro, grammi 50.
Cremor di tartaro, grammi 10.
Bicarbonato di soda, grammi 5.
Uova, n. 2.
Odore di zucchero vanigliato.
Latte, quanto basta.
Mescolate lo zucchero alla farina, fate a
questa una buca per porvi il resto e intridetela con l'aggiunta di un poco di latte per
ottenere una pasta alquanto morbida, a cui darete la forma cilindrica un po' stiacciata e
lunga mezzo metro. Per cuocerla al forno o al forno da campagna ungete una teglia col
burro, e questo bastone perché possa entrarvi, dividetelo in due pezzi, tenendoli
discosti poiché gonfiano molto. il giorno appresso, tagliateli in forma di biscotti, di
cui ne otterrete una trentina, e tostateli.
574. BISCOTTO ALLA SULTANA
Il nome è ampolloso, ma non del tutto
demeritato.
Zucchero in polvere, grammi 150.
Farina di grano, grammi 100.
Farina di patate, grammi 50.
Uva sultanina, grammi 80.
Candito, grammi 20.
Uova, n. 5.
Odore di scorza di limone.
Rhum o cognac, due cucchiaiate.
Ponete prima al fuoco l'uva e il candito
tagliato della grandezza dei semi di cocomero con tanto cognac o rhum quanto basta a
coprirli; quando questo bolle, accendetelo e lasciatelo bruciare fuori del fuoco finché
il liquore sia consumato; poi levate questa roba e mettetela ad asciugare fra le pieghe di
un tovagliuolo. Fatta tale operazione, lavorate ben bene con un mestolo per mezz'ora lo
zucchero e i rossi d'uovo ove avrete posta la raschiatura di limone. Montate sode le
chiare colla frusta, e versatele nel composto; indi aggiungete le due farine facendole
cadere da un vagliettino e in pari tempo mescolate adagio adagio perché si amalgami il
tutto, senza tormentarlo troppo. Aggiungete per ultimo l'uva, il candito e le due
cucchiaiate di rhum o di cognac menzionate e versate il miscuglio in uno stampo liscio o
in una cazzaruola che diano al dolce una forma alta e rotonda. Ungete lo stampo col burro
e spolverizzatelo di zucchero a velo e farina, avvertendo di metterlo subito in forno onde
evitare che l'uva e il candito precipitino al fondo. Se ciò avviene, un'altra volta
lasciate indietro una chiara. Si serve freddo.
575.
BRIOCHES
Farina d'Ungheria, grammi 300.
Burro, grammi 150.
Lievito di birra, grammi 30.
Zucchero, grammi 20.
Sale, grammi 5.
Uova, n. 6
Stemperate il lievito di birra con acqua
tiepida nella quarta parte della detta farina; formatene un panino rotondo di giusta
consistenza, fategli un taglio in croce e ponetelo a lievitare in luogo tiepido entro una
cazzarolina con un velo di farina sotto.
Alla farina che resta fateci una buca in
mezzo, poneteci lo zucchero, il sale e un uovo, e con le dita assimilate insieme queste
tre cose, poi aggiungete il burro a pezzetti e incominciate a intridere la farina, prima
servendovi della lama di un coltello e poi delle mani, per formare un pastone che porrete
in una catinella per lavorarlo meglio. Unite a questo il panino lievitato, quando sarà
cresciuto del doppio, e servendovi della mano per lavorarlo molto, aggiungete le altre
uova una alla volta. Poi la catinella ponetela in luogo tiepido e ben chiuso, e quando
l'impasto sarà lievitato disfatelo alquanto e con esso riempite a metà una ventina di
stampini di latta rigati, che avanti avrete unti con burro liquido o lardo e spolverizzati
con farina mista a zucchero a velo.
Rimetteteli a lievitare, poi dorateli e
cuoceteli al forno o al forno da campagna.
576.
PASTA MARGHERITA
Avendo un giorno, il mio povero amico
Antonio Mattei di Prato (del quale avrò occasione di riparlare), mangiata in casa mia
questa pasta ne volle la ricetta, e subito, da quell'uomo industrioso ch'egli era,
portandola a un grado maggiore di perfezione e riducendola finissima, la mise in vendita
nella sua bottega. Mi raccontava poi essere stato tale l'incontro di questo dolce che
quasi non si faceva pranzo per quelle campagne che non gli fosse ordinato. Così la gente
volenterosa di aprirsi una via nel mondo coglie a volo qualunque occasione per tentar la
fortuna, la quale, benché dispensi talvolta i suoi favori a capriccio, non si mostra
però mai amica agl'infingardi e ai poltroni.
Farina di patate, grammi 120.
Zucchero, in polvere, grammi 120.
Uova, n. 4.
Agro di un limone.
Sbattete prima ben bene i rossi d'uovo
collo zucchero, aggiungete la farina e il succo di limone e lavorate per più di mezz'ora
il tutto. Montate per ultimo le chiare, unitele al resto mescolando con delicatezza per
non ismontar la fiocca. Versate il composto in uno stampo liscio e rotondo, ossia in una
teglia proporzionata, imburrata e spolverizzata di zucchero a velo e farina, e mettetela
subito in forno. Sformatela diaccia e spolverizzatela di zucchero a velo vanigliato.
577.
TORTA MANTOVANA
Farina, grammi 170.
Zucchero, grammi 170.
Burro, grammi 150.
Mandorle dolci e pinoli, grammi 50.
Uova intere, n. l.
Rossi d'uovo, n. 4.
Odore di scorza di limone.
Si lavorano prima per bene col mestolo,
entro una catinella, le uova collo zucchero; poi vi si versa a poco per volta la farina,
lavorandola ancora, e per ultimo il burro liquefatto a bagno-maria. Si mette il composto
in una teglia di rame unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo e farina o di
pangrattato e si rifiorisce al disopra con le mandorle e i pinoli. I pinoli tagliateli in
due pel traverso e le mandorle, dopo averle sbucciate coll'acqua calda e spaccate per il
lungo, tagliatele di traverso, facendone d'ogni metà quattro o cinque pezzetti. Badate
che questa torta non riesca più grossa di un dito e mezzo o due al più onde abbia modo
di rasciugarsi bene nel forno, che va tenuto a moderato calore.
Spolverizzatela di zucchero a velo e
servitela diaccia, che sarà molto aggradita.
578.
TORTA RICCIOLINA I
Vi descrivo la torta ricciolina con due
ricette distinte perché la prima avendola fatta fare, me presente, da un cuoco di
professione, pensai di modificarla, in modo che riescisse più gentile di aspetto e di
gusto più delicato.
Mandorle dolci con alcune amare,
sbucciate, grammi 120.
Zucchero in polvere, grammi 170.
Candito, grammi 70
Burro, grammi 60.
Scorza di limone.
Intridete due uova di farina e fatene
taglierini eguali a quelli più fini che cuocereste per la minestra nel brodo. In un
angolo della spianatoia fate un monte colle mandorle, collo zucchero, col candito tagliato
a pezzetti e colla buccia del limone raschiata e questo monticello di roba, servendovi
della lunetta e del matterello, stiacciatelo e tritatelo in modo da ridurlo minuto come i
chicchi del grano. Prendete allora una teglia di rame e così al naturale, senza ungerla,
cominciate a distendere in mezzo alla medesima, se è grande, un suolo di taglierini e
conditeli cogl'ingredienti sopra descritti, distendete un altro suolo di taglierini e
conditeli ancora, replicando l'operazione finché vi resta roba e procurando che la torta
risulti rotonda e grossa due dita almeno. Quando sarà così preparata versatele sopra il
burro liquefatto servendovi di un pennello per ungerla bene alla superficie e perché il
burro penetri eguale in tutte le parti.
Cuocetela in forno o nel forno da
campagna; anzi, per risparmio di carbone, può bastare il solo coperchio di questo.
Spolverizzatela abbondantemente di zucchero a velo quando è calda e servitela diaccia.
579. TORTA RICCIOLINA II
Fate una pasta frolla con:
Farina, grammi 170.
Zucchero, grammi 70.
Burro, grammi 60.
Lardo, grammi 25.
Uova, n. l.
Distendetene una parte, alla grossezza di
uno scudo, nel fondo di una teglia di rame del diametro di 20 o 21 centimetri (prima unta
di burro) e sopra alla medesima versate un marzapane fatto nelle seguenti proporzioni:
Mandorle dolci con tre amare, sbucciate,
grammi 120.
Zucchero, grammi 100.
Burro, grammi 15.
Arancio candito, grammi 15.
Un rosso d'uovo.
Pestate nel mortaio le mandorle collo
zucchero, aggiungete dopo l'arancio a pezzettini, e col burro, il rosso d'uovo e una
cucchiaiata d'acqua fate tutto un impasto. Col resto della pasta frolla formate un cerchio
e con un dito intinto nell'acqua attaccatelo giro giro agli orli della teglia; distendete
il marzapane tutto eguale e copritelo con un suolo alto mezzo dito di taglierini
sottilissimi perché questi devono essere come una fioritura, non la base del dolce, ed
ungeteli con grammi 20 di burro liquefatto, servendovi di un pennello. Cuocete la torta in
forno a moderato calore e dopo spargetele sopra grammi 10 di cedro candito a piccoli
pezzettini; spolverizzatela con zucchero a velo vanigliato e servitela un giorno o due
dopo cotta, perché il tempo la rammorbidisce e la rende più gentile. Dei taglierini
fatene per un uovo, ma poco più della metà basteranno.
580.
TORTA FRANGIPANE
Un signore veneziano, dai tratti di vero
gentiluomo, mi suggerisce questa torta, che è di grato e delicato sapore.
Farina di patate, grammi 120.
Zucchero a velo, grammi 120.
Burro, grammi 80.
Uova, n. 4.
Cremor di tartaro, grammi 5.
Bicarbonato di soda, grammi 3.
Odore di scorza di limone grattata.
Lavorate da prima i rossi d'uovo con lo
zucchero, dopo uniteci la farina di patate e proseguite a dimenare col mestolo; versateci
poi il burro sciolto e per ultimo le chiare montate e le polveri. Servitevi di una teglia
piccola onde possa restar alta due dita; ungetela col burro e spolverizzatela di farina
mista con lo zucchero. Potete cuocerla in casa nel forno da campagna.
581.
TORTA ALLA MARENGO
Fate una pasta frolla metà dose del n.
589, ricetta A.
Fate una crema nelle seguenti
proporzioni:
Latte, decilitri 4.
Zucchero, grammi 60.
Farina, grammi 30.
Rossi d'uovo, n. 3.
Odore di vainiglia.
Prendete grammi 100 di pan di Spagna e
tagliatelo a fette della grossezza di mezzo centimetro. Servitevi di una teglia di rame di
mezzana grandezza, ungetela col burro e copritene il fondo con una sfoglia della detta
pasta; poi sovrapponete giro giro a questa un orlo della stessa pasta largo un dito ed
alto due e, per attaccarlo bene, bagnate il giro con un dito intinto nell'acqua.
Dopo aver fatto alla teglia questa
armatura, coprite la pasta del fondo colla metà delle fette di pan di Spagna intinte
leggermente in rosolio di cedro. Sopra le medesime distendete la crema e coprite questa
con le rimanenti fette di pan di Spagna egualmente asperse di rosolio. Ora montate colla
frusta due delle tre chiare rimaste dalla crema e quando saranno ben sode unitevi a poco
per volta grammi 130 di zucchero a velo e mescolate adagio per aver così la marenga colla
quale coprirete la superficie del dolce, lasciando scoperto l'orlo della pasta frolla per
dorarlo col rosso d'uovo. Cuocetela al forno o al forno da campagna e quando la marenga si
sarà assodata copritela con un foglio onde non prenda colore.
La torta sformatela fredda e
spolverizzatela leggermente di zucchero a velo. Coloro a cui non istucca il dolciume,
giudicheranno questo piatto squisito.
582.
TORTA COI PINOLI
Questa è una torta che alcuni
pasticcieri vendono a ruba. Chi non è pratico di tali cose crederà che l'abbia inventata
un dottore della Sorbona; io ve la do qui imitata perfettamente.
Latte, mezzo litro.
Semolino di grana mezzana, grammi 100.
Zucchero, grammi 65
Pinoli, grammi 50.
Burro, grammi 10.
Uova, n. 2.
Sale, una presa.
Odore di vainiglia.
La quantità del semolino non è di tutto
rigore, ma procurate che riesca alquanto sodo. I pinoli tritateli colla lunetta alla
grossezza di un mezzo granello di riso.
Quando il semolino è cotto nel latte
aggiungete tutto il resto e per ultimo le uova mescolandole con sveltezza.
Fate una pasta frolla con:
Farina, grammi 200.
Burro, grammi 100.
Zucchero, grammi 100.
Uova, n. 1.
Se questo non basta per intridere la
farina, servitevi di un gocciolo di vino bianco o marsala.
Prendete una teglia nella quale il dolce
non venga più alto di due dita, ungetela col burro e copritene il fondo con una sfoglia
sottile di detta pasta; versateci il composto e fategli sopra colla stessa pasta tagliata
a listarelle un reticolato a mandorle. Doratelo, cuocete la torta al forno e servitela
diaccia spolverizzata di zucchero a velo.
583.
TORTA SVIZZERA
Sia o non sia svizzera, io ve la do per
tale e sentirete che non è cattiva.
Fate una pasta di giusta consistenza con:
Farina, grammi 300.
Burro, grammi 100,
Sale, quanto basta.
Odore di scorza di limone.
Latte, quanto basta per intriderla, e lasciatela per un poco in riposo.
Prendete una teglia di mezzana grandezza,
ungetela col burro e copritene il fondo colla detta pasta tirata alla grossezza di due
monete da 5 lire. Col resto della pasta formate un orlo all'ingiro e collocatevi dentro
grammi 500 di mele reinettes, o altre di qualità tenera, sbucciate e tagliate a tocchetti
grossi quanto le noci. Sopra le medesime spargete grammi 100 di zucchero mescolato a due
prese di cannella in polvere e grammi 20 di burro liquefatto. Mandatela in forno e
servitela calda o diaccia a sette od otto persone, ché a tante potrà bastare.
La cannella in polvere, l'odore della
scorza di limone e il burro liquefatto sopra alle mele sono aggiunte mie; ma stando a
rigore, non ci vorrebbero.
584.
BOCCA DI DAMA I
La faccia chi vuole senza farina: io la
credo necessaria per darle più consistenza.
Zucchero in polvere, grammi 250.
Farina d'Ungheria o finissima, grammi 150.
Mandorle dolci con alcune amare, grammi 50.
Uova intere, n. 6, e rossi n. 3.
Odore di scorza di limone.
Le mandorle, dopo averle sbucciate e
asciugate bene, pestatele in un mortaio con una cucchiaiata del detto zucchero e
mescolatele alla farina in modo che non appariscano bozzoli. Il resto dello zucchero
ponetelo in una catinella coi rossi d'uovo e la raschiatura del limone, lavorandoli con un
mestolo per un quarto d'ora; versate la farina e lavorate ancora per più di mezz'ora.
Montate con la frusta, in un vaso a parte, le sei chiare e quando saranno ben sode da
sostenere un pezzo da due lire d'argento, versatele nella menzionata catinella e mescolate
adagino adagino ogni cosa insieme.
Per cuocerla versatela in una teglia di
rame unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo e farina, oppure in un cerchio di
legno da staccio, il cui fondo sia stato chiuso con un foglio.
585.
BOCCA DI DAMA II
Zucchero, grammi 250.
Farina finissima, grammi 100.
Mandorle dolci con tre amare, grammi 50.
Uova, n. 9.
Odore di scorza di limone.
Sbucciate le mandorle, asciugatele bene
al sole o al fuoco, pestatele finissime con una cucchiaiata del detto zucchero e
mescolatele alla farina.
Il resto dello zucchero e i rossi delle
uova uniteli insieme in una bacinella di rame o di ottone, e sopra al fuoco, a poco
calore, batteteli colla frusta per più di un quarto d'ora. Versateci poscia, fuori del
fuoco, la farina preparata con le mandorle, la scorza di limone grattata e, dopo averla
lavorata ancora, aggiungete le chiare ben montate e mescolate adagio. Ponete il composto
in una teglia unta col burro e spolverizzata di farina mista con zucchero a velo per
mandarla in forno.
586. DOLCE ALLA NAPOLETANA
Questo è un dolce di bell'apparenza e
molto gentile.
Zucchero, grammi 120.
Farina d'Ungheria, grammi 120.
Mandorle dolci, grammi 100.
Uova, n. 4.
Le mandorle sbucciatele, asciugatele al
sole o al fuoco e, scegliendone un terzo delle più grosse, dividete queste in due parti
nei due lobi naturali; le altre tagliatele in filetti sottili. Montate le uova e lo
zucchero in una bacinella di rame o di ottone, sul fuoco, alla temperatura di 20 gradi,
battendole con la frusta più di un quarto d'ora. Ritirato il composto dal fuoco uniteci
la farina mescolando leggermente e versatelo in uno stampo liscio, tondo od ovale poco
importa, che avrete prima imburrato e spolverizzato con un cucchiaino di zucchero a velo
ed uno di farina uniti insieme; ma sarebbe bene che lo stampo fosse di grandezza tale che
il dolce, quando è cotto, riuscisse alto quattro dita circa. Cuocetelo al forno o al
forno da campagna a moderato calore e dopo corto e ben diaccio tagliatelo all'ingiro a
fette sottili un centimetro. Fate una crema con:
Rossi d'uovo, n. 2.
Latte, decilitri 3.
Zucchero, grammi 60.
Farina, grammi 15.
Burro, grammi 10.
Odore di vainiglia,
e con questa a bollore spalmate da una
sola parte le fette del dolce e ricomponetelo, cioè collocatele insieme una sopra
l'altra.
Verrà meglio la crema se metterete al
fuoco prima il burro con la farina per cuocerla senza farle prender colore; poi, resa
tiepida, vi aggiungerete i rossi, il latte e lo zucchero rimettendola al fuoco.
Ora bisogna intonacare tutta la parte
esterna del dolce con una glassa, ossia crosta, e a questo effetto mettete a bollire in
una piccola cazzaruola grammi 230 di zucchero in un decilitro di acqua fino al punto che,
preso il liquido fra le dita, appiccichi un poco, ma senza filo, ed avrete un altro
indizio della sua giusta cottura quando avrà cessato di fumare e produrrà larghe
gallozzole. Allora ritiratelo dal fuoco e quando comincia a diacciare spremetegli un
quarto di limone e lavoratelo molto col mestolo per ridurlo bianco come la neve; ma se
v'indurisse fra mano versateci un poco d'acqua per ridurlo scorrevole come una crema
alquanto densa. Preparata così la glassa, buttateci dentro le mandorle a filetti,
mescolate e intonacate il dolce, e colle altre divise in due parti rifioritelo al disopra
infilandole ritte.
Invece della crema potete usare una
conserva di frutta, ma con la crema riesce un dolce squisito e perciò vi consiglio a
provarlo.
587.
DOLCE TEDESCO
Farina d'Ungheria, grammi 250.
Burro, grammi 100.
Zucchero in polvere, grammi 100.
Uova, n. 4.
Latte, cucchiaiate n. 4.
Odore di zucchero vanigliato.
Lavorate dapprima ed insieme per mezz'ora
il burro, lo zucchero e i rossi d'uovo. Aggiungete la farina e il latte e lavorate ancora
bene il composto.
Per fare alzare nella cottura questo e
consimili dolci ora viene dalla Germania e dall'Inghilterra una polvere bianca, inodora,
che in quantità di grammi 10 si mescola nel composto insieme con le chiare montate. Se
nel vostro paese non la trovate supplite con grammi 5 di bicarbonato di soda e grammi 5 di
cremor di tartaro mescolati insieme. Versate il dolce in uno stampo liscio, imburrato
soltanto, e di doppia tenuta, e cuocetelo in forno o nel forno da campagna. Si serve
diaccio.
588.
PASTA GENOVESE
Zucchero, grammi 200.
Burro, grammi 150.
Farina di patate, grammi 170.
Farina di grano, grammi 110.
Rossi d'uovo, n. 12.
Chiare, n. 7.
Odore di scorza di limone.
Si lavorano primieramente ben bene in una
catinella i rossi d'uovo col burro e lo zucchero, poi si aggiungono le due farine e quando
queste avranno avuto mezz'ora circa di lavorazione, si versano nel composto le chiare
montate. Mandate al forno la pasta in una teglia di rame preparata al solito con una
untatina di burro e infarinata. Tenetela all'altezza di un dito circa, tagliatela a
mandorle quando è cotta e spolverizzatela di zucchero a velo.
589.
PASTA FROLLA
Vi descrivo tre differenti ricette di
pasta frolla per lasciare a voi la scelta a seconda dell'uso che ne farete; ma, come più
fine, vi raccomando specialmente la terza per le crostate.
RICETTA A
Farina, grammi 500.
Zucchero bianco, grammi 220.
Burro, grammi 180.
Lardo, grammi 70.
Uova intere, n. 2 e un torlo.
RICETTA B
Farina, grammi 250.
Burro, grammi 125.
Zucchero bianco, grammi 110.
Uova intere, n. 1 e un torlo.
RICETTA C
Farina, grammi 270.
Zucchero, grammi 115.
Burro, grammi 90.
Lardo, grammi 45.
Rossi d'uovo, n. 4.
Odore di scorza di arancio.
Se volete tirar la pasta frolla senza
impazzamento, lo zucchero pestatelo finissimo (io mi servo dello zucchero a velo) e
mescolatelo alla farina; e il burro, se è sodo, rendetelo pastoso lavorandolo prima, con
una mano bagnata, sulla spianatoia. Il lardo, ossia strutto, badate che non sappia di
rancido. Fate di tutto un pastone maneggiandolo il meno possibile, ché altrimenti vi si
brucia, come dicono i cuochi; perciò, per intriderla, meglio è il servirsi da principio
della lama di un coltello. Se vi tornasse comodo fate pure un giorno avanti questa pasta,
la quale cruda non soffre, e cotta migliora col tempo perché frolla sempre di più.
Nel servirvene per pasticci, crostate,
torte, ecc., assottigliatela da prima col matterello liscio e dopo, per più bellezza,
lavorate con quello rigato la parte che deve stare di sopra, dorandola col rosso d'uovo.
Se vi servite dello zucchero a velo la tirerete meglio. Per lavorarla meno, se in ultimo
restano dei pastelli, uniteli insieme con un gocciolo di vino bianco o di marsala, il
quale serve anche a rendere la pasta più frolla.
590. PASTE DI FARINA GIALLA I
Farina di granturco, grammi 200.
Detta di grano, grammi 150.
Zucchero in polvere, grammi 150.
Burro, grammi 100.
Lardo, ossia strutto, grammi 50.
Anaci, grammi 10.
Uova, n. l.
Mescolate insieme le due farine, lo
zucchero e gli anaci ed intridete col burro, il lardo e l'uovo, quella quantità che
potrete, formandone un pane che metterete da parte. I rimasugli intrideteli con un poco di
vino bianco e un poco d'acqua e formatene un altro pane, poi mescolate insieme i due pani
e lavorateli il meno possibile, procurando che la pasta riesca piuttosto morbida.
Spianatela col matterello alla grossezza di mezzo dito, spolverizzandola di farina mista,
onde non si attacchi sulla spianatoia, e tagliatela cogli stampini di latta a diverse
forme e grandezze. Ungete una teglia col lardo, infarinatela e collocateci le paste,
doratele coll'uovo, cuocetele al forno e spolverizzatele di zucchero a velo.
591. PASTE DI FARINA GIALLA II
Queste riescono assai più gentili delle
precedenti.
Farina di granturco, grammi 200.
Burro, grammi 100.
Zucchero a velo, grammi 80.
Fiori secchi del sambuco comune, grammi l0.
Rossi d'uovo, n. 2.
Se nell'intridere la pasta riuscisse
troppo soda, rammorbiditela con un gocciolo d'acqua. Spianatela col matterello alla
grossezza poco più di uno scudo e tagliatela a dischetti come quelli del n. 634, perché
anche questi si possono servire col the, e per renderli più appariscenti si possono nella
stessa maniera screziare alla superficie con le punte di una forchetta o con la grattugia.
I fiori e le foglie del sambuco hanno
virtù diuretica e diaforetica, e cioè, perché tutti intendano senza tanto velo di
pudicizia, fanno orinare e sudare e si trovano in vendita dai semplicisti.
592.
GIALLETTI I
Signore mamme, trastullate i vostri
bambini con questi gialletti; ma avvertite di non assaggiarli se non volete sentirli
piangere pel caso molto probabile che a loro ne tocchi la minor parte.
Farina di granturco, grammi 300.
Detta di grano, grammi 100.
Zibibbo, grammi 100.
Zucchero, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Lardo, grammi 30.
Lievito di birra, grammi 20.
Un pizzico di sale.
Con la metà della farina di grano e col
lievito di birra, intrisi con acqua tiepida, formate un panino e ponetelo a lievitare.
Frattanto impastate con acqua calda le due farine mescolate insieme con tutti
gl'ingredienti suddetti, eccetto l'uva. Aggiungete al pastone il panino quando sarà
lievitato, lavoratelo alquanto e per ultimo uniteci l'uva. Dividetelo in quindici o sedici
parti formandone tanti panini in forma di spola, e con la costola di un coltello incidete
sulla superficie d'ognuno un graticolato a mandorla. Poneteli a lievitare in luogo
tiepido, poi cuoceteli al forno o al forno da campagna a moderato calore onde restino
teneri.
593.
GIALLETTI II
Se non vi grava la spesa potete farli
più gentili con la seguente ricetta nella quale non occorre né il lievito, né l'acqua
per impastarli.
Farina di granturco, grammi 300.
Detta di grano, grammi 150.
Zucchero in polvere, grammi 200.
Burro, grammi 150.
Lardo, grammi 70.
Zibibbo, grammi 100.
Uova, n. 2.
Odore di scorza di limone.
Di questi, tenendoli della grossezza di
mezzo dito, ne farete una ventina; ma potete anche dar loro la forma che più vi piace e
invece di 20, tenendoli piccoli, farne 40. Cuoceteli come i precedenti e per impastarli
regolatevi come se si trattasse di pasta frolla.
594.
ROSCHETTI
Farina, grammi 200.
Zucchero a velo, grammi 100.
Mandorle dolci, grammi 100.
Burro, grammi 80.
Strutto, grammi 30.
Uova, uno intero e un rosso.
Sbucciate le mandorle, asciugatele bene
al sole o al fuoco, tostatele color nocciuola e tritatele alla grossezza di mezzo chicco
di riso; poi mescolate tanto queste che lo zucchero fra la farina.
Nella massa così formata fate una buca
per metterci il resto, ed intridetela lavorandola il meno possibile; indi lasciatela
qualche ora in riposo nella forma di un pane rotondo.
Infarinate leggermente la spianatoia e
tirate il pane suddetto, prima col matterello liscio poi con quello rigato, alla grossezza
poco meno di un centimetro.
Se lo tagliate col disco del n. 162 o con
altro consimile otterrete circa 50 di queste pastine che potrete cuocere nel forno da
campagna, dopo averle collocate in una teglia unta appena col burro diaccio.
595. CENCI
Farina, grammi 240.
Burro, grammi 20.
Zucchero in polvere, grammi 20.
Uova, n. 2.
Acquavite, cucchiaiate n. l.
Sale, un pizzico.
Fate con questi ingredienti una pasta
piuttosto soda, lavoratela moltissimo con le mani e lasciatela un poco in riposo,
infarinata e involtata in un canovaccio. Se vi riuscisse tenera in modo da non poterla
lavorare, aggiungete altra farina. Tiratene una sfoglia della grossezza d'uno scudo, e col
coltello o colla rotellina a smerli, tagliatela a strisce lunghe un palmo circa e larghe
due o tre dita. Fate in codeste strisce qualche incisione per ripiegarle o intrecciarle o
accartocciarle onde vadano in padella (ove l'unto, olio o lardo, deve galleggiare) con
forme bizzarre. Spolverizzatele con zucchero a velo quando non saranno più bollenti.
Basta questa dose per farne un gran piatto. Se il pane lasciato in riposo avesse fatta la
crosticina, tornatelo a lavorare.
596. STIACCIATA COI SICCIOLI
Nel mondo bisognerebbe rispettar tutti e
non disprezzare nessuno per da poco ch'ei sia, perché, se ben vorrete considerarla, può
pure codesta persona da poco essere dotata di qualche qualità morale che non la renda
indegna.
Questo in massima generale; ma venendo al
particolare, benché il paragone non regga e si tratti di cosa meschina, vi dirò che
della stiacciata di cui mi pregio parlarvi sono debitore a una rozza serva che la faceva a
perfezione.
Lievito, grammi 650.
Zucchero in polvere, grammi 200.
Siccioli, grammi 100.
Burro, grammi 40.
Lardo, grammi 40.
Uova, n. 5.
Odore di scorza di arancio o di limone.
Per lievito qui intendo quello che serve
per impastare il pane.
Lavoratela la sera avanti; prima sulla
spianatoia il lievito senza i condimenti, poi in una catinella per più di mezz'ora con
una mano, aggiungendo a poco per volta gli ingredienti e le uova. Poi copritela bene e
ponetela in luogo tiepido perché lieviti durante la notte. La mattina appresso
rimpastatela e poi versatela in una teglia di rame unta e infarinata ove stia nella
grossezza non maggiore di due dita. Fatto questo, mandatela in caldana per la seconda
lievitatura e passatela al forno. Si può anche compiere tutta l'operazione in casa e
cuocerla nel forno da campagna; ma vi prevengo che questa è una pasta alquanto difficile
a riuscir bene, specialmente se la stagione è molto fredda. Meglio è che per farla
aspettiate il dolco ma non vi sgomentate alla prima prova.
Nel brutto caso che la mattina avesse
lievitato poco o punto, aggiungete lievito di birra in quantità poco maggiore di una
noce, facendolo prima lievitare a parte con un pizzico di farina e acqua tiepida.
597.
STIACCIATA UNTA
La chiameremo stiacciata unta per
distinguerla dalla precedente. Se quella ha il merito di riuscire più grata al gusto,
questa ha l'altro di una più facile esecuzione.
La dose di questa stiacciata e la ricetta
della torta mantovana mi furono favorite da quel brav'uomo, già rammentato, che fu
Antonio Mattei di Prato; e dico bravo, perch'egli aveva il genio dell'arte sua ed era uomo
onesto e molto industrioso; ma questo mio caro amico, che mi rammentava sempre il Cisti
fornaio di messer Giovanni Boccaccio, morì l'anno 1885, lasciandomi addoloratissimo. Non
sempre sono necessarie le lettere e le scienze per guadagnarsi la pubblica stima; anche
un'arte assai umile, accompagnata da un cuor gentile ed esercitata con perizia e decoro,
ci può far degni del rispetto e dell'amore del nostro simile.
Sotto rozze maniere e tratti umili
Stanno spesso i bei cuori e i sensi puri;
Degli uomini temiam troppo gentili,
Quai marmi son: lucidi, lisci e duri.
Ma veniamo all'ergo:
Pasta lievita da pane, grammi 700.
Lardo, grammi 120.
Zucchero, grammi 100.
Siccioli, grammi 60.
Rossi d'uovo, n. 4.
Un pizzico di sale.
Odore della scorza d'arancio o di limone.
Si lavori moderatamente perché potrebbe
perder la forza. Fatta la sera e lasciata in luogo tiepido si lievita da sé; fatta la
mattina avrà bisogno di tre ore di caldana in terra.
Se la volete senza siccioli aggiungete
altri due rossi d'uovo ed altri grammi 30 di lardo.
Metà di questa dose basta per cinque o
sei persone.
598. STIACCIATA ALLA LIVORNESE
Le stiacciate alla livornese usansi per
Pasqua d'uovo forse perché il tepore della stagione viene in aiuto a farle lievitar bene
e le uova in quel tempo abbondano. Richiedono una lavorazione lunga, forse di quattro
giorni, perché vanno rimaneggiate parecchie volte. Eccovi la nota degl'ingredienti
necessari per farne tre di media grandezza, o quattro più piccole:
Uova, n. 12.
Farina finissima, chilogrammi 1,800.
Zucchero, grammi 600.
Olio sopraffine, grammi 200.
Burro, grammi 70.
Lievito di birra, grammi 30.
Anaci, grammi 20.
Vin santo, decilitri 11/2.
Marsala, 1/2 decilitro.
Acqua di fior d'aranci, decilitri l.
Mescolate le due qualità di vino e in un
po' di questo liquido ponete in fusione gli anaci dopo averli ben lavati. A tarda sera
potrete fare questa.
1a Operazione. Intridete il lievito di
birra con mezzo bicchiere di acqua tiepida, facendogli prender la farina che occorre per
formare un pane di giusta consistenza, che collocherete sopra il monte della farina, entro
a una catinella, coprendolo con uno strato della medesima farina. Tenete la catinella
riparata dall'aria e in cucina, se non avete luogo più tiepido nella vostra casa.
2a Operazione. La mattina, quando il
detto pane sarà ben lievitato, ponetelo sulla spianatoia, allargatelo e rimpastatelo con
un uovo, una cucchiaiata d'olio, una di zucchero, una di vino e tanta farina da formare
un'altra volta un pane più grosso, mescolando ogni cosa per bene senza troppo lavorarlo.
Ricollocatelo sopra la farina e copritelo
come l'antecedente.
3a Operazione. Dopo sei o sette ore, che
tante occorreranno onde il pane torni a lievitare, aggiungete tre uova, tre cucchiaiate
d'olio, tre di zucchero, tre di vino, e farina bastante per formare il solito pane e
lasciatelo lievitar di nuovo, regolandovi sempre nello stesso modo. Per conoscere il punto
della fermentazione calcolate che il pane deve aumentare circa tre volte di volume.
4a Operazione. Cinque uova, cinque
cucchiaiate di zucchero, cinque d'olio, cinque di vino e la farina necessaria.
5a ed ultima operazione. Le tre rimanenti
uova e tutto il resto, sciogliendo il burro al fuoco, si mescoli ben bene per rendere la
pasta omogenea. Se il pastone vi riuscisse alquanto morbido, il che non è probabile,
aggiungete altra farina per renderlo di giusta consistenza.
Dividetelo in tre o quattro parti
formandone delle palle e ponete ognuna di esse in una teglia sopra un foglio di carta che
ne superi l'orlo, unta col burro, ove stia ben larga; e siccome via via che si aumenta la
dose degli ingredienti, la fermentazione è più tardiva, l'ultima volta, se volete
sollecitarla, ponete le stiacciate a lievitare in caldana e quando saranno ben gonfie e
tremolanti spalmatele con un pennello prima intinto nell'acqua di fior di arancio, poi nel
rosso d'uovo. Cuocetele in forno a temperatura moderatissima, avvertendo che quest'ultima
parte è la più importante e difficile perché, essendo grosse di volume, c'è il caso
che il forte calore le arrivi subito alla superficie, e nell'interno restino mollicone.
Con questa ricetta, eseguita con accuratezza, le stiacciate alla livornese fatte in casa,
se non avranno tutta la leggerezza di quelle del Burchi di Pisa, saranno in compenso più
saporite e di ottimo gusto.
599.
PANE DI SPAGNA
Uova, n. 6.
Zucchero fine in polvere, grammi 170.
Farina d'Ungheria o finissima, grammi 170.
Odore di scorza di limone a chi piace.
Dimenate prima i rossi d'uovo con lo
zucchero, poi aggiungete la farina, asciugata al fuoco o al sole, e dopo una lavorazione
di circa mezz'ora versateci due cucchiaiate delle sei chiare montate per rammorbidire il
composto, indi il resto mescolando adagio.
Potreste anche montare le uova sul fuoco
come nel Dolce alla napoletana n. 586. Cuocetelo al forno.
600.
BISCOTTO
Uova, n. 6.
Zucchero a velo, grammi 250.
Farina di grano, grammi 100.
Detta di patate, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Odore di scorza di limone.
Lavorate per mezz'ora almeno i rossi
d'uovo collo zucchero e una cucchiaiata delle dette farine, servendovi di un mestolo.
Montate le chiare ben sode ed aggiungetele; mescolate adagio e, quando saranno
immedesimate, fate cadere da un vagliettino le due farine, che prima avrete asciugate al
sole o al fuoco. Cuocetelo al forno o al forno da campagna in una teglia ove venga alto
tre dita circa, ma prima ungetela col burro diaccio e spolverizzatela di zucchero a velo
misto a farina. In questi dolci con le chiare montate si può anche tenere il seguente
metodo, e cioè: dimenar prima i rossi d'uovo con lo zucchero, poi gettarvi la farina e
dopo una buona lavorazione montar sode le chiare, versarne due cucchiaiate per
rammorbidire il composto, indi le rimanenti, per incorporarvele adagio adagio.
601. BISCOTTO DI CIOCCOLATA
Uova, n. 6.
Zucchero in polvere, grammi 200.
Farina di grano, grammi 150.
Cioccolata alla vainiglia, grammi 50.
Grattate la cioccolata e mettetela in una
catinella con lo zucchero e i rossi d'uovo e dimenateli con un mestolo; poi aggiungete la
farina e lavorate il composto per più di mezz'ora; per ultimo le chiare montate
mescolando adagio. Cuocetelo come l'antecedente.
602. FOCACCIA COI SICCIOLI
Farina, grammi 500.
Zucchero in polvere fine, grammi 200.
Burro, grammi 160.
Siccioli, grammi 150.
Lardo, grammi 60.
Marsala o vino bianco, cucchiaiate n. 4.
Uova, due intere e due rossi.
Odore di scorza di limone.
Formata che avrete la pasta, lavorandola
poco, uniteci i siccioli sminuzzati, ungete una teglia di rame col lardo e versatecela
pigiandola colle nocche delle dita onde venga bernoccoluta; ma non tenetela più alta di
un dito.
Prima di passarla al forno fatele, se
dopo cotta volete servirla a pezzi, dei tagli quadrati colla punta d'un coltello,
ripetendoli a mezza cottura perché facilmente si chiudono, e quando sarà cotta
spolverizzatela di zucchero a velo.
603. FOCACCIA ALLA TEDESCA
Zucchero, grammi 120.
Candito a pezzettini, grammi 30.
Pangrattato fine, grammi 120.
Uva sultanina, grammi 30.
Uova, n. 4.
Odore di scorza di limone.
Lavorate prima i rossi d'uovo con lo
zucchero finché siano divenuti quasi bianchi; aggiungete il pangrattato, poi il candito e
l'uva, e per ultimo le chiare montate ben sode. Mescolate adagio per non smontarle e
quando il composto sarà tutto unito, versatelo in una teglia imburrata e infarinata o
spolverizzata di pangrattato, ove alzi due dita circa e cuocetela al forno; questo dolce
prenderà l'apparenza del pan di Spagna che spolverizzerete, dopo cotto, di zucchero a
velo.
Se dovesse servire per dieci o dodici
persone raddoppiate la dose.
604.
PANETTONE MARIETTA
La Marietta è una brava cuoca e tanto
buona ed onesta da meritare che io intitoli questo dolce col nome suo, avendolo imparato
da lei.
Farina finissima, grammi 300.
Burro, grammi 100.
Zucchero, grammi 80.
Uva sultanina, grammi 80.
Uova, uno intero e due rossi.
Sale, una presa.
Cremor di tartaro, grammi 10.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino, ossia grammi 5 scarsi.
Candito a pezzettini, grammi 20.
Odore di scorza di limone.
Latte, decilitri 2 circa.
D'inverno rammorbidite il burro a
bagno-maria e lavoratelo colle uova; aggiungete la farina e il latte a poco per volta, poi
il resto meno l'uva e le polveri che serberete per ultimo; ma, prima di versar queste,
lavorate il composto per mezz'ora almeno e riducetelo col latte a giusta consistenza,
cioè, né troppo liquido, né troppo sodo. Versatelo in uno stampo liscio più alto che
largo e di doppia tenuta onde nel gonfiare non trabocchi e possa prendere la forma di un
pane rotondo. Ungetene le pareti col burro, spolverizzatelo con zucchero a velo misto a
farina e cuocetelo in forno. Se vi vien bene vedrete che cresce molto formando in cima un
rigonfio screpolato. È un dolce che merita di essere raccomandato perché migliore assai
del panettone di Milano che si trova in commercio, e richiede poco impazzamento.
605.
PANE BOLOGNESE
Questo è un pane che farà onore alla
classica cucina bolognese perché gustoso a mangiarsi solo e atto a essere servito per
inzupparlo in qualunque liquido.
Farina di grano, grammi 500.
Zucchero a velo, grammi 180
Burro, grammi 180.
Zibibbo, grammi 70.
Pinoli tritati all'ingrosso, grammi 50.
Cedro candito a piccoli filetti, grammi 30.
Cremor di tartaro, grammi 8.
Bicarbonato, grammi 4
Uova, n. 2.
Latte, decilitri I.
Mescolate lo zucchero con la farina e
fatene un monte sulla spianatoia; nella buca che gli farete poneteci il burro, le uova e
il latte, ma questo tiepido con le due polveri, dentro, le quali già vedrete che
cominciano a fermentare. Impastate ogni cosa insieme e quando il pastone è divenuto
omogeneo apritelo per aggiungervi i pinoli, il candito e l'uva.
Rimaneggiatelo, onde queste cose vengano
sparse egualmente per formarne due pani a forma di spola alti poco più di un dito,
dorateli col rosso d'uovo e cuoceteli subito al forno od anche al forno da campagna.
606. CIAMBELLE OSSIA BUCCELLATI I
Farina finissima, chilogrammi 1,700.
Zucchero, grammi 300.
Lievito, grammi 200.
Burro, grammi 150
Lardo, grammi 50.
Latte, decilitri 4.
Marsala, decilitri 2.
Rhum, due cucchiaiate.
Uova, n. 6.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino.
Un pizzico di sale.
Odore di scorza di limone.
Se siete precisi colle dosi indicate, la
farina basterà per l'appunto ad ottenere una pasta di giusta sodezza.
Per lievito, come ho detto altra volta,
intendo quella pasta, già preparata, che serve di fermento al pane.
Il limone da grattare dev'essere di
giardino.
Sciogliete il lievito in una catinella
colla metà del latte, facendogli prendere tanta farina da farne un pane di giusta
consistenza. Dopo formato lasciatelo stare in mezzo alla farina in modo che ne sia
circondato da uno strato più alto di un dito. Ponete la catinella in luogo non freddo,
riparato dall'aria, e quando quel pane sarà ben lievitato, per il che accorreranno, a
seconda della stagione, otto o dieci ore, guastatelo e rifatelo più grande col resto del
latte e della farina occorrente. Aspettate che abbia di nuovo lievitato e che sia ben
rigonfiato, per il che ci vorrà altrettanto tempo; versatelo allora sulla spianatoia ed
impastatelo col resto della farina e con tutti gl'ingredienti citati; ma lavoratelo ben
bene e con forza onde la pasta si affini e divenga tutta omogenea.
Preparate dei teglioni di ferro o delle
teglie di rame stagnate, unte col lardo e infarinate, e nelle medesime collocate le
ciambelle che farete grandi a piacere, ma in modo che vi stiano assai larghe. Lasciatele
lievitare in cucina o in altro luogo di temperatura tiepida, ed allorché saranno ben
rigonfiate, ma non passate di lievito, fate loro colla punta di un coltello delle lunghe
incisioni alla superficie, doratele coll'uovo e spargeteci sopra dello zucchero
cristallino pestato grosso.
Cuocetele in forno a moderato calore.
Vi avverto che d'inverno sarà bene
impastare il lievito col latte tiepido e mandare le ciambelle a lievitare nella caldana.
Colla metà dose potete ottenere quattro belle ciambelle di grammi 350 circa ciascuna,
quando non vogliate farle più piccole.
607. CIAMBELLE OSSIA BUCCELLATI II
Queste ciambelle da famiglia sono di più
semplice fattura delle precedenti.
Farina d'Ungheria, grammi 500.
Zucchero, grammi 180.
Burro, grammi 90.
Cremor di tartaro, grammi 15.
Bicarbonato di soda, grammi 5.
Uova, n. 2.
Odore di buccia di limone o di anaci od anche di cedro candito in pezzettini.
Fate una buca nella farina per metterci
il burro sciolto, le uova e lo zucchero. Intridete la farina con questi ingredienti e col
latte che occorre per formare una pasta di giusta consistenza e dimenatela molto.
Le due polveri e gli odori aggiungeteli
in ultimo.
Invece di una sola ciambella potete farne
due e tenerle col buco largo, che vengono grosse abbastanza. Fate loro qualche incisione
alla superficie, doratele col rosso d'uovo e cuocetele al forno o al forno da campagna
ungendo la teglia con burro o lardo. Anche con la metà delle dosi si ottiene una discreta
ciambella.
608.
PASTA MADDALENA
Zucchero, grammi 130.
Farina fine, grammi 80.
Burro, grammi 30.
Rossi d'uovo, n. 4.
Chiare, n. 3.
Una presa di bicarbonato di soda.
Odore di scorza di limone.
Lavorate prima i rossi d'uovo collo
zucchero, e quando saranno diventati biancastri, aggiungete la farina e lavorate ancora
per più di un quarto d'ora. Unite al composto il burro liquefatto se è d'inverno, e per
ultimo le chiare montate.
La farina asciugatela al fuoco, o al
sole, se d'estate.
A questa pasta potete dare forme diverse,
ma tenetela sempre sottile e di poco volume. Si usa metterla in degli stampini lavorati,
unti col burro e infarinati, oppure in teglia alla grossezza di un dito scarso,
tagliandola dopo in forma di mandorle che spolverizzerete di zucchero a velo. Potete anche
farla della grossezza di mezzo dito e appiccicare insieme le mandorle a due per due con
conserve di frutta.
609. PIZZA ALLA NAPOLETANA
Pasta frolla metà della ricetta A del n.
589, oppure l'intera ricetta B dello stesso numero.
Ricotta, grammi 150.
Mandorle dolci con tre amare, grammi 70.
Zucchero, grammi 50.
Farina, grammi 20
Uova, n. 1 e un rosso.
Odore di scorza di limone o di vainiglia.
Latte, mezzo bicchiere.
Fate una crema col latte, collo zucchero,
colla farina, con l'uovo intero sopraindicato e quando è cotta ed ancor bollente
aggiungete il rosso e datele l'odore. Unite quindi alla crema la ricotta e le mandorle
sbucciate e pestate fini. Mescolate il tutto e riempite con questo composto la pasta
frolla disposta a guisa di torta, e cioè fra due sfoglie della medesima ornata di sopra e
dorata col rosso d'uovo. S'intende già che dev'essere cotta in forno, servita fredda e
spolverizzata di zucchero a velo. A me sembra che questo riesca un dolce di gusto
squisito.
610.
PIZZA GRAVIDA
Servitevi del seguente composto, uso
crema:
Latte, un quarto di litro.
Zucchero, grammi 60.
Amido, grammi 30.
Rossi d'uovo, n. 2.
Odore che più aggradite.
Aggiungete quando la ritirate dal fuoco:
Pinoli interi, grammi 30.
Uva passolina, grammi 80.
Riempite con questo composto una pasta
frolla come avete fatto per la pizza alla napoletana e cuocetela come la precedente.
611. QUATTRO QUARTI ALL'INGLESE
Uova n. 5 e del loro peso, compreso il
guscio, altrettanto zucchero ed altrettanta farina.
Uva passolina, grammi 200.
Burro, grammi 200.
Candito a pezzettini, grammi 30.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino.
Lavorate prima le uova con lo zucchero,
aggiungete la farina e continuate a lavorare con un mestolo per mezz'ora all'incirca.
Lasciate il composto in riposo per un'ora o due, indi unite al medesimo il burro sciolto a
bagnomaria, il bicarbonato, l'uva e il candito; versatelo in una teglia o in una forma
liscia, unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo misto a farina e cuocetelo al
forno.
L'uva passolina lavatela prima, onde
nettarla dalla terra che ordinariamente contiene, ed asciugatela. Qui viene a proposito
uno sfogo contro la proverbiale indolenza degl'Italiani i quali sono soliti di ricorrere
ai paesi esteri anche per quelle cose che avrebbero a portata di mano nel proprio. Nelle
campagne della bassa Romagna si raccoglie un'uva nera a piccolissimi chicchi e senza seme,
colà chiamata uva romanina, che io, per uso di casa mia, ho messo talvolta a profitto
perché non si distingue dalla passolina se non per essere di qualità migliore e priva
d'ogni sozzura. Per seccarla distendete i grappoli in un graticcio, tenetela in caldana
per sette od otto giorni, nettandola dai raspi quando sarà secca.
612. QUATTRO QUARTI ALL'ITALIANA
Questo dolce si fa nella stessa maniera
del precedente eccetto che si sostituisce al candito l'odore della buccia di limone, e
all'uva passolina gr. 100 di mandorle dolci con alcune amare. Usando anche qui il
bicarbonato di soda, il dolce riescirà più leggiero. Le mandorle, dopo averle sbucciate,
asciugatele al sole o al fuoco, pestatele fini con due cucchiaiate dello zucchero della
ricetta e mescolatele alla farina prima di gettarle nel composto. Se non usate questa
precauzione c'è il caso di trovar le mandorle tutte ammassate insieme. È un dolce che ha
bisogno di essere lavorato molto, tanto prima che dopo averci versato il burro; e il mio
cuoco ha sperimentato che riesce meglio tenendo la catinella immersa nell'acqua calda,
mentre si lavora, cosa questa che si può dire anche per le altre paste consimili. Se
fatto con attenzione sarà giudicato un dolce squisito.
613.
DOLCE DI MANDORLE
Uova, n. 3.
Zucchero, il peso dell'uova.
Farina di patate, grammi 125.
Burro, grammi 125.
Mandorle dolci con tre amare, grammi 125.
Odore di buccia di limone grattata.
Sbucciate le mandorle, asciugatele al
sole o al fuoco e pestatele finissime nel mortaio con un terzo del detto zucchero.
Lavorate con un mestolo i tre rossi delle uova colla rimanenza dello zucchero e la buccia
del limone, finché saranno divenuti biancastri; uniteci dopo la farina di patate, poi le
mandorle pestate e il burro liquefatto, lavorando ancora il composto. Per ultimo versateci
le chiare montate e quando sarà amalgamata ogni cosa insieme cuocetelo nel forno da
campagna, spolverizzandolo di zucchero a velo diaccio che sia.
Se vi servirete di una teglia, il cui
fondo sia del diametro di centimetri 22 circa, il dolce verrà giusto di altezza. Potete
servirvi dello stesso burro per unger la teglia, la quale, come sapete, va spolverizzata
con zucchero a velo misto a farina. È un dolce di gusto delicato che può bastare per
otto persone.
614. OFFELLE DI MARMELLATA
La parola offella, in questo significato,
è del dialetto romagnolo e, se non isbaglio, anche del lombardo, e dovrebbe derivare
dall'antichissima offa, focaccia, schiacciata composta di farro e anche di varie altre
cose.
Dar l'offa al cerbero è una frase che ha
il merito dell'opportunità parlandosi di coloro, e non son pochi oggigiorno, che danno la
caccia a qualche carica onde aver modo di riceverla e mangiare sul tesoro pubblico a
quattro ganascie. Ma torniamo alle offelle, che sarà meglio.
Mele rose, grammi 500.
Zucchero in polvere, grammi 125.
Candito, grammi 30.
Cannella in polvere, due cucchiaini.
Tagliate le mele in quattro spicchi,
sbucciateli e levate loro la loggia del torsolo. Tagliate questi spicchi a fette più
sottili che potete e ponetele al fuoco in una cazzaruola con due bicchieri d'acqua,
spezzettandole col mestolo. Queste mele sono di pasta dura e per cuocerle hanno bisogno
d'acqua; anzi, se bollendo rimanessero troppo asciutte, aggiungetene dell'altra. Aspettate
che siano spappolate per gettarvi lo zucchero e poi assaggiate se il dolce è giusto,
perché le frutta in genere, a seconda della maturità, possono essere più o meno acide.
Per ultimo aggiungete il candito a piccoli pezzettini e la cannella.
Servitevi della pasta frolla n. 589 nel
quantitativo della ricetta A, distendetela col matterello alla grossezza di uno scudo e
tagliatela collo stampo rotondo e smerlato come quello segnato [figura10];
un disco sotto e un disco sopra,
quest'ultimo tirato col matterello rigato, e in mezzo la marmellata, umettando gli orli
perché si attacchino. Dorate le offelle col rosso d'uovo e mandatele al forno,
spolverizzandole dopo di zucchero a velo.
615. OFFELLE DI MARZAPANE
Servitevi della pasta frolla n. 589 nel
quantitativo della ricetta A, distendetela col matterello alla grossezza di uno scudo e
tagliatela collo stampo rotondo e smerlato come quello segnato [figura11];
un disco sotto e un disco sopra,
quest'ultimo tirato col matterello rigato, e in mezzo la marmellata, umettando gli orli
perché si attacchino. Dorate le offelle col rosso d'uovo e mandatele al forno,
spolverizzandole dopo di zucchero a velo.
616.
CROSTATE
Per crostate io intendo quelle torte che
hanno per base la pasta frolla e per ripieno le conserve di frutta o la crema.
Prendete la dose intera della ricetta del
B n. 589, o la metà della ricetta A, e in ambedue servitevi, come si è detto, di un uovo
intero e un torlo; ma prima di metterli nella pasta frullateli a parte e, per risparmio,
lasciate indietro un po' d'uovo che servirà per dorare la superficie della crostata. Alla
pasta frolla che deve servire a quest'uso sarà bene dare un qualche odore come quello di
scorza di limone o d'acqua di fior d'arancio; il meglio sarebbe servirsi esclusivamente
della ricetta C.
Per formar la crostata spianate col
matterello liscio una metà della pasta per avere una sfoglia rotonda della grossezza di
uno scudo all'incirca e ponetela in una teglia unta col burro. Sopra la medesima
distendete la conserva oppure la crema od anche l'una e l'altra, tenendole però separate.
Se la conserva fosse troppo soda rammorbiditela al fuoco con qualche cucchiaiata d'acqua.
Sopra la conserva distendete a eguale distanza l'una dall'altra tante strisce di pasta
tirata col matterello rigato, larghe un dito scarso, e incrociatele in modo che formino un
mandorlato; indi coprite l'estremità delle strisce con un cerchio all'ingiro fatto colla
pasta rimanente, inumiditelo coll'acqua per attaccarlo bene. Dorate coll'uovo lasciato a
parte la superficie della pasta frolla, e cuocete la crostata in forno o nel forno da
campagna. Migliora dopo un giorno o due.
617.
CROCCANTE
Mandorle dolci, grammi 120.
Zucchero in polvere, grammi 100
Sbucciate le mandorle, distaccatene i
lobi, cioè le due parti nelle quali sono naturalmente congiunte, e tagliate ognuno dei
lobi in filetti o per il lungo o per traverso come più vi piace. Ponete queste mandorle
così tagliate al fuoco ed asciugatele fino al punto di far loro prendere il colore
gialliccio, senza però arrostirle. Frattanto ponete lo zucchero al fuoco in una
cazzaruola possibilmente non istagnata e quando sarà perfettamente liquefatto, versatevi
entro le mandorle ben calde, e mescolate. Qui avvertite di gettare una palettata di cenere
sulle bragi, onde il croccante non vi prenda l'amaro, passando di cottura, il punto
preciso della quale si conosce dal color cannella che acquista il croccante. Allora
versatelo a poco per volta in uno stampo qualunque, unto prima con burro od olio, e
pigiandolo con un limone contro le pareti, distendetelo sottile quanto più potete.
Sformatelo diaccio e se ciò vi riescisse difficile, immergete lo stampo nell'acqua
bollente. Si usa anche seccar le mandorle al sole, tritarle fini colla lunetta, unendovi
un pezzo di burro quando sono nello zucchero.
618.
SALAME INGLESE
Questo dolce, che si potrebbe più
propriamente chiamare pan di Spagna ripieno e che fa tanto bella mostra nelle vetrine de'
pasticcieri, sembra, per chi è ignaro dell'arte, un piatto d'alta credenza: ma non è
niente affatto difficile ad eseguirsi.
Fate un pan di Spagna colle seguenti dosi
e per cuocerlo al forno distendetelo all'altezza di mezzo dito in un teglione
possibilmente rettangolare, unto col burro e spolverizzato di farina.
Zucchero in polvere, grammi 200.
Farina finissima, grammi 170.
Uova, n. 6.
In questo e consimili casi, alcuni
trattati dell'arte suggeriscono di asciugar bene la farina al sole o al fuoco prima di
adoperarla, per renderla forse più leggiera.
Lavorate i rossi d'uovo collo zucchero
per circa mezz'ora; unite ai medesimi le chiare ben montate e dopo averle mescolate
adagino fate cadere la farina da un vagliettino, oppure tenetevi al metodo indicato al n.
588.
Levato dal forno, tagliate dal medesimo,
quando è ancora caldo, un numero sufficiente di strisce, larghe 2 centimetri circa e
lunghe quanto il pezzo di pan di Spagna, al quale devono servire di ripieno; ma perché
queste strisce facciano un bell'effetto, devono prendere colori diversi; quindi alcune
aspergetele di rosolio bianco e resteranno gialle; altre di alkermes e figureranno rosse,
e alle ultime fate prendere il nero con un rosolio bianco ove sia stata infusa della
cioccolata. Questi filetti così preparati disponeteli uno sopra l'altro, alternandoli,
nel mezzo del pezzo di pan di Spagna rimasto intero, la superficie del quale avrete prima
spalmata di una liquida conserva di frutta e spalmati pure i filetti, onde stiano uniti.
Tirate i lembi del pan di Spagna sopra i medesimi e formate un rotolo tutto unito il
quale, tagliato poi a fette, presenterà per ripieno una scacchiera a diversi colori.
Questo dolce si può far più semplice
per uso di famiglia nel seguente modo, bastando la metà della dose anche per una teglia
grande.
Spalmate il pan di Spagna con rosolio e
conserva di frutta, sia di cotogne, di albicocche o di pesche poco importa, distendete
sulla medesima delle fettine sottili di candito e rotolate come un foglio il pezzo intero
sopra sé stesso; ma nell'una o nell'altra maniera sarebbe bene, per dargli più
bell'aspetto, di ornare la superficie o con un ricamo di zucchero o con una crosta di
cioccolata come usano i pasticcieri; ma codesti signori, per fare tali cose a perfezione,
hanno certi loro segreti particolari che non insegnano volentieri. Conosco, però, così
alto alto, un loro processo speciale che troverete descritto al n. 789. Frattanto
contentatevi del seguente, che è più semplice ma non del tutto perfetto:
Intridete dello zucchero a velo con
chiara d'uovo, facendolo molto sodo, e distendetelo sopra al dolce uniformemente, oppure
mettetelo in un cartoccio foggiato a forma di cornetto, e strizzandolo, per farlo uscire
dal piccolo buco in fondo, giratelo sul dolce per formare il disegno che più vi piace. Se
la crosta la fate nera, prendete gr. 60 di zucchero a velo e gr. 30 di cioccolata in
polvere, mescolate, intridete ugualmente con chiara d'uovo e distendete l'intriso sul
dolce. Se non si asciuga naturalmente, ponetelo sotto l'azione di un moderato calore.
619. CAVALLUCCI DI SIENA
I dolci speciali a Siena sono il
panforte, i ricciarelli, i cavallucci e le cupate. I cavallucci sono pastine in forma di
mostacciuoli della dimensione segnata qui sotto [figura12];
quindi vedete che la figura di un cavallo
non ci ha niente che fare, e perché siano così chiamati credo non si sappia neanche a
Siena di tre cose piena: di torri, di campane e di quintane.
Con questa ricetta intendo indicarvi il
modo di poterli imitare, ma non di farli del tutto precisi perché se nel sapore
all'incirca ci siamo, la manipolazione lascia a desiderare, ed è cosa naturale. Dove si
lavora in grande e con processi che sono un segreto ai profani, l'imitazione zoppica
sempre.
Farina, grammi 300.
Zucchero biondo, grammi 300.
Noci sgusciate, grammi 100.
Arancio candito, grammi 50.
Anaci, grammi 15.
Spezie e cannella in polvere, grammi 5.
Le noci tritatele alla grossezza della veccia all'incirca.
L'arancio tagliatelo a dadettini.
Lo zucchero mettetelo al fuoco con un
terzo del suo peso di acqua e quando è ridotto a cottura di filo gettate in esso tutti
gli ingredienti, mescolate e versate il composto caldo nella spianatoia sopra la farina
per intriderla; ma per far questo vedrete che vi occorrerà dell'altra farina, la quale
serve a ridurre la pasta consistente. Formate allora i cavallucci, dei quali, con questa
dose, ne otterrete oltre a 40, e siccome, a motivo dello zucchero, questa pasta appiccica,
spolverizzateli di farina alla superficie. Collocateli in una teglia e cuoceteli in bianco
a moderato calore. State molto attenti alla cottura dello zucchero, perché se cuoce
troppo diventa scuro. Quando, prendendone una goccia tra il pollice e l'indice, comincia a
filare, basta per questo uso.
620. RICCIARELLI DI SIENA
Zucchero bianco fine, grammi 220.
Mandorle dolci, grammi 200.
Dette amare, grammi 20.
Chiare d'uovo, n. 2.
Odore di buccia d'arancio.
Sbucciate le mandorle, asciugatele bene
al sole o al fuoco e pestatele finissime nel mortaio con due cucchiaiate del detto
zucchero, versato in diverse volte; poi uniteci il resto dello zucchero mescolando bene.
Montate le chiare in un vaso qualunque e
versateci le mandorle così preparate e la buccia dell'arancio grattata. Mescolate di
nuovo con un mestolo e versate il composto sulla spianatoia sopra a un leggiero strato di
farina per fargliene prendere soltanto quella ben poca quantità che occorre per tirare
leggermente col matterello una stiacciata morbida, grossa mezzo dito. Allora tagliateli
con la forma qui sotto segnata [figura13]
e ne otterrete da 16 a 18 per cuocerli
nel seguente modo:
Prendete una teglia, fatele uno strato di
crusca alto quanto uno scudo e copritelo tutto di cialde per posarvi su i ricciarelli e
cuocerli al forno a moderato calore onde restino teneri. in mancanza del forno, che
sarebbe il più opportuno, servitevi del forno da campagna.
Dopo cotti tagliate via la cialda che
sopravanza agli orli di queste paste, che riescono di qualità fine.
621.
CIALDONI
Ponete in un pentolo:
Farina, grammi 80.
Zucchero biondo, grammi 30.
Lardo vergine e appena tiepido, grammi 20.
Acqua diaccia, sette cucchiaiate.
Sciogliete prima, coll'acqua, la farina e lo zucchero, poi aggiungete il lardo.
Ponete sopra un fornello ardente il ferro
da cialde e quando è ben caldo apritelo e versatevi sopra ogni volta mezza cucchiaiata
della detta pastella; stringete le due parti del ferro insieme, passatelo sul fuoco da una
parte e dall'altra, levate le sbavature con un coltello ed apritelo quando conoscerete che
la cialda ha preso il color nocciuola. Allora distaccatela alquanto da una parte col
coltello e subito così calda sopra il ferro medesimo o sopra a un canovaccio disteso sul
focolare arrotolatela con un bocciuolo di canna o semplicemente colle mani. Quest'ultima
operazione bisogna farla molto svelti perché se la cialda si diaccia non potrete più
avvolgerla su sé stessa. Se le cialde restassero attaccate al ferro ungetelo a quando a
quando col lardo, e se non venissero tutte unite, aggiungete un po' di farina.
Sapete già che i cialdoni si possono
servir soli; ma è meglio accompagnarli con la panna o con la crema montata ed anche col
latte brûlé o col latte alla portoghese.
622. FAVE ALLA ROMANA O DEI MORTI
Queste pastine sogliono farsi per la
commemorazione dei morti e tengono luogo della fava baggiana, ossia d'orto, che si usa in
questa occasione cotta nell'acqua coll'osso di prosciutto. Tale usanza deve avere la sua
radice nell'antichità più remota poiché la fava si offeriva alle Parche, a Plutone e a
Proserpina ed era celebre per le cerimonie superstiziose nelle quali si usava. Gli antichi
Egizi si astenevano dal mangiarne, non la seminavano, né la toccavano colle mani, e i
loro sacerdoti non osavano fissar lo sguardo sopra questo legume stimandolo cosa immonda.
Le fave, e soprattutto quelle nere, erano considerate come una funebre offerta, poiché
credevasi che in esse si rinchiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti alle
porte dell'inferno.
Nelle feste Lemurali si sputavano fave
nere e si percuoteva nel tempo stesso un vaso di rame per cacciar via dalle case le ombre
degli antenati, i Lemuri e gli Dei dell'inferno.
Festo pretende che sui fiori di questo
legume siavi un segno lugubre e l'uso di offrire le fave ai morti fu una delle ragioni, a
quanto si dice, per cui Pitagora ordinò a' suoi discepoli di astenersene; un'altra
ragione era per proibir loro di immischiarsi in affari di governo, facendosi con le fave
lo scrutinio nelle elezioni.
Varie sono le maniere di fare le fave
dolci; v'indicherò le seguenti: le due prime ricette sono da famiglia, la terza è più
fine.
PRIMA RICETTA
Farina, grammi 200.
Zucchero, grammi 100.
Mandorle dolci, grammi 100.
Burro, grammi 30.
Uova, n. l.
Odore di scorza di limone, oppure di cannella, o d'acqua di fior d'arancio.
SECONDA RICETTA
Mandorle dolci, grammi 200.
Farina, grammi 100.
Zucchero, grammi 100.
Burro, grammi 30.
Uova, n. l.
Odore, come sopra.
TERZA RICETTA
Mandorle dolci, grammi 200.
Zucchero a velo, grammi 200.
Chiare d'uovo, n. 2.
Odore di scorza di limone o d'altro.
Per le due prime sbucciate le mandorle e
pestatele collo zucchero alla grossezza di mezzo chicco di riso. Mettetele in mezzo alla
farina insieme cogli altri ingredienti e formatene una pasta alquanto morbida con quel
tanto di rosolio o d'acquavite che occorre. Poi riducetela a piccole pastine, in forma di
una grossa fava, che risulteranno in numero di 60 o 70 per ogni ricetta. Disponetele in
una teglia di rame unta prima col lardo o col burro e spolverizzata di farina; doratele
coll'uovo. Cuocetele al forno o al forno da campagna, osservando che, essendo piccole,
cuociono presto. Per la terza seccate le mandorle al sole o al fuoco e pestatele fini nel
mortaio con le chiare d'uovo versate a poco per volta. Aggiungete per ultimo lo zucchero e
mescolando con una mano impastatele. Dopo versate la pasta sulla spianatoia sopra a un
velo sottilissimo di farina per poggiarla a guisa di un bastone rotondo, che dividerete in
40 parti o più per dar loro la forma di fave che cuocerete come le antecedenti.
623.
COTOGNATA
Mele cotogne, chilogrammi 3.
Zucchero bianco fine, chilogrammi 2.
Mettete al fuoco le mele coperte d'acqua
e quando cominciano a screpolare, levatele, sbucciatele e grattatele alla meglio per
levarne tutta la polpa che passerete poi dallo staccio. Rimettetela al fuoco collo
zucchero e rimestatela sempre onde non si attacchi. Sette od otto minuti di bollitura
basteranno; ma poi, se presa su col mestolo comincia a cadere a stracci, levatela. Se la
mettete in vasi potrà servirvi come conserva e fatta in tal modo resterà più bianca di
quella che vi descriverò al n. 741, ma con meno fragranza, perché una parte dell'odore
particolare a questo frutto si sperde nell'acqua.
Per ridurla a cotognata distendetela
sopra un'asse alla grossezza poco più di uno scudo ed asciugatela al sole coperta di un
velo perché le mosche e le vespi ne sono ghiottissime. Quando è asciutta di sopra
tagliatela in forma di tavolette di cioccolata e passandole sotto un coltello per
distaccarla dall'asse, rivoltatela dalla parte opposta.
Se poi vi piacesse di darle forme
bizzarre procuratevi degli stampini di latta vuoti dalle due parti, riempiteli, lisciateli
e distaccando la marmellata dagli orli con delicatezza, ponetela ugualmente sull'asse ed
asciugatela nella stessa maniera.
Potete anche crostarla, volendo, e allora
mettete a struggere grammi 100 di zucchero bianco con due cucchiaiate d'acqua e quando
avrà bollito tanto da fare il filo (presane una goccia fra due dita) spalmate ogni pezzo
con un pennello. Se lo zucchero vi si rappiglia durante l'operazione (che è bene fare in
una giornata non umida) rimettetelo al fuoco con un altro gocciolo d'acqua e fatelo
bollire di nuovo. Quando lo zucchero è asciutto da una parte e sugli orli, spalmate la
parte opposta.
624.
TORTELLI DI CECI
Eccovi un piatto che si usa fare in
quaresima.
Ceci secchi (dico secchi perché in
Toscana si vendono rammolliti nell'acqua del baccalà), grammi 300.
Metteteli in molle la sera nell'acqua
fresca e la mattina unite ai medesimi 7 o 8 marroni secchi e poneteli al fuoco con acqua
ugualmente fresca entro a una pentola di terra con grammi 3 di carbonato di soda legato in
una pezzettina. Questo il popolo lo chiama il segreto e serve a facilitare la cottura dei
ceci. Invece del carbonato di soda si può usare la rannata. La sera avanti mettete i ceci
in un vaso qualunque, copritene la bocca con un canovaccio ove abbiate messo una palettata
di cenere; fate passare attraverso la medesima dell'acqua bollente fino a che i ceci
restino coperti e la mattina, levati dalla rannata, prima di metterli al fuoco lavateli
bene coll'acqua fresca. Cotti che siano, levateli asciutti e passateli per istaccio caldi,
bollenti, insieme coi marroni; e se, nonostante il segreto o la rannata, fossero rimasti
duri per la qualità dell'acqua, pestateli nel mortaio. Quando li avrete passati,
conditeli ed aggraziateli con un pizzico di sale, con sapa nella quantità necessaria a
rendere il composto alquanto morbido, mezzo vasetto di mostarda di Savignano, o di quella
descritta al n. 788, grammi 40 di candito a piccoli pezzettini, un poco di zucchero, se la
sapa non li avesse indolciti abbastanza, e due cucchiaini di cannella pesta.
In difetto di cavalli, si cerca di far
trottare gli asini, si va alla busca di compensi; e in questo caso, se vi mancassero la
sapa e la mostarda (la migliore al mio gusto è quella di Savignano in Romagna), si
supplisce alla prima con grammi 80 di zucchero e alla seconda con grammi 7 di senapa in
polvere sciolta nell'acqua calda degli stessi ceci. Ora passiamo alla pasta per chiuderli,
in merito alla quale potete servirvi di quella de' Cenci n. 595, metà dose di detta
ricetta, oppure della seguente:
Farina, grammi 270.
Burro, grammi 20.
Zucchero, grammi 15.
Uova, n. l.
Vino bianco, o marsala, cucchiaiate n. 3 circa.
Sale, un pizzico.
Tiratene una sfoglia della grossezza di
mezzo scudo all'incirca e tagliatela collo stampo rotondo smerlato del n. 614. Fate che
nei dischi il ripieno abbondi ed avrete, riunendone i lembi, i tortelli in forma di un
quarto di luna. Friggeteli nel lardo o nell'olio e quando non sono più a bollore
spolverizzateli di zucchero a velo.
Colla broda de' ceci potete fare una
zuppa o cuocervi, come si usa in Toscana, le strisce di pasta comperata.
Questi tortelli riescono così buoni che
nessuno saprà indovinare se sono di ceci.
625. FOCACCIA ALLA PORTOGHESE
Questo ve lo do per un dolce assai
delicato e gentile.
Mandorle dolci, grammi 150.
Zucchero, grammi 150.
Farina di patate, grammi 50.
Uova, n. 3.
Aranci. n. 11/2
Lavorate dapprima i rossi d'uovo collo
zucchero, aggiungete la farina, poi le mandorle sbucciate e pestate fini con una
cucchiaiata del detto zucchero, e dopo il sugo passato dagli aranci e la buccia
superficiale raschiata di un solo arancio. Per ultimo unite al composto le chiare montate,
versatelo in una scatola di carta unta di burro, alla grossezza di un dito e mezzo e
cuocetelo al forno a moderatissimo calore. Dopo cotta, copritela di una crosta bianca come
al n. 789.
626.
AMARETTI I
Zucchero bianco in polvere, grammi 250.
Mandorle dolci, grammi 100.
Mandorle amare, grammi 50.
Chiare d'uovo, n. 2.
Le mandorle spellatele e seccatele al
sole o al fuoco, poi tritatele finissime con la lunetta. Lavorate col mestolo lo zucchero
e le chiare per mezz'ora almeno, e aggiungete le mandorle per formarne una pasta soda in
modo da farne delle pallottole grosse quanto una piccola noce; se riuscisse troppo morbida
aggiungete altro zucchero e se troppo dura un'altra po' di chiara, questa volta montata.
Se vi piacesse dare agli amaretti un colore tendente al bruno, mescolate nel composto un
po' di zucchero bruciato.
Via via che formate le dette pallottole,
che stiaccerete alla grossezza di un centimetro, ponetele sopra le ostie, o sopra pezzetti
di carta, oppure in una teglia unta col burro e spolverizzata di metà farina e metà
zucchero a velo; ma a una discreta distanza l'una dall'altra perché si allargano molto e
gonfiano, restando vuote all'interno. Cuocetele in forno a moderato calore.
627.
AMARETTI II
Eccovi un'altra ricetta di amaretti che
giudico migliori dei precedenti e di più facile esecuzione.
Zucchero bianco a velo, grammi 300.
Mandorle dolci, grammi 180.
Mandorle amare, grammi 20.
Chiare d'uovo, n. 2.
Le mandorle spellatele e seccatele al
sole o al fuoco; poi pestatele fini nel mortaio con una chiara versata in più volte.
Fatto questo mescolateci la metà dello zucchero, mantrugiando il composto con una mano.
Dopo versatelo in un vaso e, mantrugiando sempre perché s'incorpori, aggiungete una mezza
chiara, poi l'altra metà dello zucchero e appresso l'ultima mezza chiara.
Otterrete, così lavorato, un impasto
omogeneo e di giusta consistenza che potrete foggiare a bastone per tagliarlo a pezzetti
tutti eguali. Prendeteli su a uno a uno con le mani bagnate alquanto per formarne delle
pallottole grosse come le noci. Stiacciatele alla grossezza di un centimetro e pel resto
regolatevi come per i precedenti, ma spolverizzateli leggermente di zucchero a velo prima
di metterli in forno a calore ardente, e dico forno perché il forno da campagna non
sarebbe al caso per questa pasta. Con questa dose otterrete una trentina di amaretti.
628. PASTICCINI DI MARZAPANE
Fate una pasta frolla colla ricetta C del
n. 589.
Fate un marzapane come quello del n. 579
nelle seguenti proporzioni:
Mandorle dolci con tre amare, sbucciate,
grammi 180.
Zucchero, grammi 150.
Burro, grammi 25.
Arancio candito, grammi 25.
Un rosso d'uovo.
Diverse cucchiaiate d'acqua.
Servitevi degli stampini da brioches o
alquanto più piccoli, che sarebbe meglio; ungeteli col burro, foderateli di pasta frolla
sottile quanto uno scudo, riponeteci il marzapane, ripiegategli sopra i lembi della pasta,
bagnate l'orlo coll'acqua, copriteli colla stessa pasta frolla, dorateli alla superficie,
cuoceteli in forno o nel forno da campagna e dopo spolverizzateli di zucchero a velo.
Con questa dose potrete farne da 16 a 18.
629. PASTICCINI DI SEMOLINO
Semolino, grammi 180.
Zucchero, grammi 100.
Pinoli, grammi 50.
Burro, grammi 20.
Latte, decilitri 8.
Uova, n. 4.
Sale, una presa.
Odore di scorza di limone.
Cuocete il semolino nel latte e quando
comincia a stringere versate i pinoli pestati nel mortaio insieme con lo zucchero; poi il
burro e il resto, meno le uova, che serberete per ultimo quando il composto sarà diaccio.
Pel resto regolatevi come i pasticcini di riso del n. 630.
Con questa dose ne farete da 18 a 20.
Prima di servirli spolverizzateli di
zucchero a velo.
630.
PASTICCINI DI RISO
Riso, grammi 150.
Zucchero, grammi 70.
Burro, grammi 30.
Candito, grammi 30.
Latte, decilitri 8.
Uova, n. 3
Rhum, cucchiaiate n. 2.
Sale, una presa.
Cuocete moltissimo il riso rimuovendolo
spesso col mestolo perché non si attacchi. A due terzi di cottura versate lo zucchero, il
burro, il sale e il candito tagliato a pezzettini. Quando sarà cotto e diaccio aggiungete
il rhum, i rossi d'uovo prima e le chiare montate dopo.
Prendete gli stampini da brioches,
ungeteli bene col burro, spolverizzateli di pangrattato, riempiteli e cuoceteli al forno
da campagna. Sono migliori caldi che diacci.
Con questa dose ne farete 12 o 14.
631. PASTICCINI DI PASTA BEIGNET
Acqua, grammi 150.
Farina, grammi 100,
Burro, grammi 10.
Uova, n. 3 e un rosso.
Sale, quanto basta.
Quando bolle l'acqua versate la farina
tutta a un tratto e, rimestando subito, aggiungete il burro e tenetela sul fuoco per 10
minuti, seguitando sempre a rimestaria. Deve riuscire una pasta dura che distenderete alla
grossezza di un dito e pesterete nel mortaio insieme con un uovo per rammorbidirla
alquanto. Ciò ottenuto, mettetela in una catinella per lavorarla col mestolo, aggiungendo
le altre uova uno per volta, montando le chiare. Non vi stancate di lavorarla finché non
sia ridotta come un unguento; lasciatela in riposo per qualche ora, e quindi mettetela a
cucchiaiate (le quali riusciranno dieci o dodici) in una teglia, unta col burro. Frullate
un rosso d'uovo con un po' di chiara per renderlo più sciolto, dorateli e lisciateli con
un pennellino (ma questo supplemento non è necessario), poi metteteli in un forno che sia
ben caldo. Quando sono cotti fate loro col temperino un'incisione da una parte, o in forma
di mezzo cerchio nella parte di sotto, per riempirli di crema o di conserve di frutta,
spolverizzateli di zucchero a velo e serviteli.
Vi avverto che quando lavorate paste che
devono rigonfiare, il mestolo invece di girarlo in tondo è meglio muoverlo dal sotto in
su.
632.
BRIGIDINI
È un dolce o meglio un trastullo
speciale alla Toscana ove trovasi a tutte le fiere e feste di campagna e lo si vede
cuocere in pubblico nelle forme da cialde.
Uova, n. 2.
Zucchero, grammi 120.
Anaci, grammi 10.
Sale, una presa.
Farina, quanto basta.
Fatene una pasta piuttosto soda,
lavoratela colle mani sulla spianatoia e formatene delle pallottole grosse quanto una
piccola noce. Ponetele alla stiaccia nel ferro da cialde a una debita distanza l'una
dall'altra e, voltando di qua e di là il ferro sopra il fornello ardente con fiamma di
legna, levatele quando avranno preso colore.
633. DOLCE DI CHIARE D'UOVO
Se avete d'occasione delle chiare d'uovo,
che non sappiate come consumare, potreste fare un dolce nel seguente modo, che riesce
buono.
Chiare d'uovo, n. 8 o 9.
Farina d'Ungheria, grammi 300.
Zucchero a velo, grammi 150.
Burro, grammi 150.
Uva sultanina, grammi 100.
Cremor di tartaro, grammi 10.
Bicarbonato di soda, grammi 5.
Odore di zucchero vanigliato.
Montate le chiare e versate nelle
medesime la farina e lo zucchero; mescolate e poi aggiungete il burro liquefatto. Quando
il composto sarà tutto unito aggiungete le polveri e per ultimo l'uva. Versate il
composto in una teglia unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo e farina, ove il
dolce riesca alto almeno due dita, cuocetelo al forno o al forno da campagna e servitelo
diaccio.
634.
PASTINE PEL THE
Mistress Wood, un'amabile signora
inglese, avendomi offerto un the con pastine fatte con le sue proprie mani, ebbe la
cortesia, rara nei cuochi pretenzionosi, di darmi la ricetta che vi descrivo, dopo averla
messa alla prova.
Farina d'Ungheria o finissima, grammi
440.
Farina di patate, grammi 160.
Zucchero a velo, grammi 160
Burro, grammi 160.
Due chiare d'uovo.
Latte tiepido, quanto basta.
Formate un monticello sulla spianatoia
con le due farine e lo zucchero mescolati insieme. Fategli una buca in mezzo, collocateci
le chiare e il burro a pezzetti e, colla lama di un coltello prima e con le mani dopo,
servendovi del latte, intridetelo e lavoratelo mezz'ora circa per ottenere un pastone
piuttosto tenero. Tiratelo col matterello in una sfoglia della grossezza di uno scudo,
tagliatela a dischi rotondi, come quello del n. 7, bucherellateli con le punte di una
forchetta e cuoceteli al forno o al forno da campagna in una teglia unta col burro. Con
sola mezza dose della ricetta se ne ottengono assai.
635.
LINGUE DI GATTO
Sono pastine pel the, tolte da una
ricetta venuta da Parigi.
Burro, grammi 100.
Zucchero bianco a velo, grammi 100.
Farina d'Ungheria, grammi 100.
Una chiara d'uovo.
Ponete in un vaso il burro così naturale
e cominciate a dimenarlo col mestolo; poi versateci lo zucchero, indi la farina e per
ultimo la chiara d'uovo, lavorando sempre il composto per ridurlo una pasta omogenea.
Ponetela nella siringa con un disco di buco rotondo o quadro della grandezza di circa un
centimetro, e spingetela in una teglia, unta leggermente col burro, in forma di pezzetti
lunghi un dito, tenendoli radi perché, squagliandosi, allargano. Cuoceteli al forno da
campagna a moderato calore. Con questa dose ne otterrete una cinquantina.
636.
PANE DI SABBIA
Anche il pane di sabbia è un dolce
tedesco, così chiamato perché si sfarina in bocca come la sabbia e però si usa servirlo
col the che lo rende più piacevole al gusto. Non vi spaventate nel sentire che per
manipolarlo occorrono due ore di lavorazione non interrotta in luogo riparato da correnti
d'aria, girando il mestolo sempre per un verso. Le signore, che sono di natura pazienti e
quelle particolarmente che si dilettano d'improvvisare dolci, non si sgomenteranno per
questo, se si procurano l'aiuto di due braccia robuste.
Burro fresco, grammi 185.
Zucchero a velo, grammi 185.
Farina di riso, grammi 125.
Farina d'amido, grammi 125.
Farina di patate, grammi 60.
Uova, n. 4.
L'agro di un quarto di limone.
Cognac, una cucchiaiate.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino.
Odore di vainiglia.
La farina d'amido non è altro che
l'amido comune di buona qualità ridotto in polvere fine.
Lavorate prima il burro da solo, poi
aggiungete i rossi ad uno ad uno, girando il mestolo sempre per un verso; indi versate lo
zucchero, poi il cognac e l'agro di limone; dopo le farine e, per ultimo, il bicarbonato
di soda e le chiare montate; ma di quest'ultime versatene prima due cucchiaiate per
rammorbidire il composto, e mescolate adagio il restante. Versate il composto in una
teglia proporzionata, unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo e farina, e
cuocetelo in forno o nel forno da campagna, a moderato calore. Un'ora di cottura potrà
bastare.