Gli umidi, generalmente, sono i
piatti che più appetiscono; quindi è bene darsi per essi una cura speciale, onde
riescano delicati, di buon gusto e di facile digestione. Sono in mala voce di esser nocivi
alla salute; ma io non lo credo. Questa cattiva opinione deriva più che altro da non
saperli ben fare; non si pensa, cioè, a digrassarli, si è troppo generosi cogli aromi e
coi soffritti e, ciò che è il peggio, se ne abusa.
Nelle grandi cucine, ove il sugo di
carne non manca mai, molti umidi si possono tirare con questo insieme col burro; e allora
riescono semplici e leggieri; ma quando il sugo manca, ed è necessario ricorrere ai
soffritti, bisogna usarli con parsimonia e farli con esattezza tanto nella quantità, che
nel grado di cottura.
253. STRACOTTO DI VITELLA
Lo stracotto di vitella per condire
la minestra di maccheroni o per fare un risotto col sugo, è d'uso comune nelle famiglie
della borghesia fiorentina; la cosa non è mal pensata se si considera che esso in tal
modo serve a doppio scopo, cioè di minestra e di companatico. Guardatevi però dal
dissugar troppo la carne per voler molto sugo e sostituite in tutto o in parte l'olio,
come si usa in Toscana, colla carnesecca, che dà un sapore più spiccato e più grato.
Eccovi le proporzioni per condire 250 a 300 grammi di maccheroni
Carne magra di vitella, compreso
l'osso o la giunta, grammi 500.
Carnesecca, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Un quarto di una cipolla grossa; una piccola carota; due pezzi di sedano.
Questi tre ultimi capi tagliateli all'ingrosso e la carnesecca a piccoli
dadi.
Mettete al fuoco ogni cosa insieme e
condite con sale e pepe. Voltate la carne spesso e quando sarà rosolata, spargete sulla
medesima un pizzico di farina, annaffiatela con sugo di pomodoro o conserva e tiratela a
cottura con acqua versata a poco per volta. La farina serve per legare il sugo e per
dargli un po' di colore; ma badate ch'essa non bruci che altrimenti gli comunicherebbe un
ingrato sapore e un colore quasi nero che il sugo non deve avere. Passatelo, e se gli
darete odore con alcuni pezzetti di funghi secchi, rammolliti prima nell'acqua calda e
bolliti un poco nel sugo, non farete che bene.
I maccheroni cotti in acqua salata,
scolateli bene, ma prima di servirli teneteli un poco nel sugo vicini al fuoco e conditeli
con burro e con parmigiano a scarsa misura, perché questo si può aggiungere in tavola.
Se trattasi di riso, cuocetelo
nell'acqua versandola a poco per volta, a mezza cottura aggiungete il sugo e un pezzetto
di burro e, prima di levarlo, un po' di parmigiano.
È bene mandare in tavola il pezzo
dello stracotto con un contorno di erbaggi o legumi. Il lucertolo è il taglio migliore.
Se vi servite di olio basteranno circa grammi 20 di carnesecca.
254. STRACOTTO ALLA BIZZARRA
Se avete, puta caso, un pezzo di
magro di vitella del peso, senz'osso, di grammi 700 a 800 steccatelo con grammi 100 di
lardone i cui lardelli, grossi un dito, avrete prima conditi con sale e pepe, e così
anche la carne. Legatela onde stia raccolta e ponetela al fuoco mezzo coperta d'acqua con
due foglie di salvia, una ciocca di ramerino e mezzo spicchio d'aglio; se la carne è
molto frolla metteteci meno acqua. Quando, nel bollire, sarà rimasta asciutta, fatele
prender colore con un cucchiaino di farina; aggiungete un pezzetto di burro, poi bagnatela
con un ramaiuolo di brodo e con un dito (di bicchiere) di marsala. Passate il sugo senza
spremerlo e versatelo sul pezzo della carne quando lo mandate in tavola.
255.
FRICANDÒ
Prendete un pezzo di vitella di
latte tutto unito, levato dalla coscia, e lardellatelo con prosciutto grasso e magro.
Legate il pezzo e salatelo poco o meglio punto perché il troppo salato è il peggior
difetto delle vivande. Steccate una cipolla con due chiodi di garofani e componete un
mazzetto con carota tagliata a strisce, sedano e prezzemolo. Mettete ogni cosa in una
cazzaruola con un pezzetto di burro, fate rosolare la carne e tiratela a cottura col
brodo.
Quando è cotta gettate via la
cipolla e il mazzetto, passate il sugo, digrassatelo e restringetelo a parte fino a
ridurlo una gelatina che unirete al fricandò quando lo mandate in tavola.
Qui è bene avvertire che il brodo
(il quale ha tanta parte alla preparazione delle pietanze) può talvolta mancare: perciò
alcuni stanno provvisti dell'estratto di carne Liebig che, lì per lì, sciolto
nell'acqua, può sostituirlo. Ogni sorta di carne va lardellata per il lungo della fibra,
dovendosi scalcare per traverso.
256.
FRICASSEA
La fricassea si può fare di petto o
di muscolo di vitella di latte, d'agnello e di pollo. Prendiamo ad esempio il primo, cioè
il petto, e questo, in proporzioni all'incirca eguali, serva per le altre qualità di
carne indicata.
Petto di vitella di latte, grammi
500.
Burro, grammi 50.
Farina, grammi 5, ossia una cucchiaiata scarsa.
Acqua calda, non bollente, decilitri 2.
Due rossi d'uovo.
Mezzo limone.
Un mazzetto odoroso.
Spezzettate il petto lasciandolo con
tutte le sue ossa. Mettete una cazzaruola al fuoco colla metà del burro e, quando
comincia a liquefarsi, versate la farina mescolando finché questa abbia preso il color
nocciuola. Allora cominciate a versare a poco per volta l'acqua e poi il mazzetto che
potete comporre di alcune strisce di cipolla e di carota, di fili di prezzemolo, di sedano
e di basilico, il tutto legato insieme, escluse le foglie perché queste potrebbero
disfarsi e far bruttura alla fricassea, un pregio della quale è di avere un bel colore
paglia unito. Quando l'acqua bolle gettate giù la carne e il resto del burro e condite
con sale e pepe bianco, il quale è il fiore del pepe comune. Coprite la cazzaruola con un
foglio tenuto fermo dal coperchio e fate bollire adagio. A due terzi di cottura levate il
mazzetto e, se fosse la stagione dei funghi freschi, la potete rendere più grata con
grammi 100 o 150 di questi tagliati a fette sottili; se no, un pizzico di funghi secchi.
Quando siete per mandarla in tavola
ritirate la cazzaruola dal fuoco e versateci a poco per volta, mescolando, i rossi d'uovo
frullati coll'agro di limone.
Se la fricassea fosse di pollo,
tagliatelo a pezzi nelle giunture, escludendo la testa, il collo e le zampe; pel resto
regolatevi nello stesso modo.
La fricassea fatta in questa maniera
è un piatto sano e delicato che piace specialmente a chi non ha il gusto viziato a sapori
forti e piccanti.
257.
CIBREO
Il cibreo è un intingolo semplice,
ma delicato e gentile, opportuno alle signore di stomaco svogliato e ai convalescenti.
Prendete fegatini (levando loro la vescichetta del fiele com'è indicato nel n. 110),
creste e fagiuoli di pollo; le creste spellatele con acqua bollente, tagliatele in due o
tre pezzi e i fegatini in due. Mettete al fuoco, con burro in proporzione, prima le
creste, poi i fegatini e per ultimo i fagiuoli e condite con sale e pepe, poi brodo se
occorre per tirare queste cose a cottura.
A tenore della quantità, ponete in
un pentolino un rosso o due d'uova con un cucchiaino, o mezzo soltanto, di farina, agro di
limone e brodo bollente frullando onde l'uovo non impazzisca. Versate questa salsa nelle
rigaglie quando saranno cotte, fate bollire alquanto ed aggiungete altro brodo, se fa
d'uopo, per renderla più sciolta, e servitelo. Per tre o quattro creste, altrettanti
fegatini e sei o sette fagiuoli, porzione sufficiente a una sola persona, bastano un rosso
d'uovo, mezzo cucchiaino di farina e mezzo limone.
I granelli del n. 174, lessati e
tagliati a filetti, riescono buoni anch'essi cucinati in questa maniera.
258. POLLO DISOSSATO RIPIENO
Per disossare un pollo il modo più
semplice è il seguente:
Tagliategli il collo a metà, la
punta delle ali e le zampe alla giuntura della coscia; poi, senza vuotarlo, apritelo lungo
il dorso superficialmente, dalle ali al codrione, e con un coltellino ben tagliente
cominciate a levar dall'interno le ossa delle ali scarnendole bene. Dopo, sempre
dall'interno, levate quelle delle anche e delle coscie, quindi, radendo via via col
coltello le ossa esterne della carcassa, vi riescirà di levarla tutta intera, comprese le
interiora. I piccoli ossicini della stizza lasciateli, oppure levatela tutta e levate la
forcella del petto.
Fatto questo, rovesciate le coscie e
le ali, già spoglie d'ossa, ritirandole all'interno e portate via tutti i tendini che
trovate framezzo alla carne.
Ora che il pollo è disossato, se
fosse alquanto grosso, formate il composto per riempirlo, con grammi 300 circa di magro di
vitella di latte; se piccolo, regolatevi in proporzione. Tritatelo prima, poi pestatelo
nel mortaio per ridurlo ben fine, e a questa carne aggiungete una grossa midolla di pane
inzuppata nel brodo, un pugno di parmigiano grattato, tre rossi d'uovo, sale, pepe e, se
vi piace, odore di noce moscata. Per ultimo mescolate nel composto, grammi 20 di
prosciutto grasso e magro, e grammi 20 di lingua salata, tagliati l'uno e l'altra a
piccoli dadi; riempito che abbiate il pollo cucitelo, involtatelo stretto in un pannolino
e legatelo. Mettetelo a cuocere nell'acqua per un paio d'ore a fuoco lento, poi
toglietegli l'involucro e fatelo prender colore prima col burro poi in un sugo tirato
nella seguente maniera:
Spezzate tutte le ossa levate dal
pollo, il collo e la testa compresi, e con carnesecca a pezzetti, burro, cipolla, sedano e
carota mettetele al fuoco in una cazzaruola, condite con sale e pepe, tiratene il sugo con
l'acqua in cui ha bollito il pollo, la quale è già divenuta un buon brodo. Prima di
mandarlo in tavola, da solo o con un contorno, levategli il filo con cui fu cucito.
259. SOUFFLET DI POLLO
Questo piatto nutriente, leggero e
poco eccitante può venire opportuno se, dopo un pranzo, restano degli avanzi di pollo
arrosto (petti ed anche); specialmente poi se nella famiglia si trovasse qualche persona
vecchia. o di stomaco delicato e debole.
Polpa di pollo priva della pelle,
grammi 80.
Farina, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Latte, decilitri 2 1/2.
Uova, n. 4.
Sale, una presa.
Fate una balsamella col burro, la
farina e il latte, dopo cotta e non più a bollore, uniteci il parmigiano, il sale, i
rossi d'uovo e il pollo tritato fine con la lunetta. Poi montate ben sode le chiare,
aggiungete in bel modo al composto anche queste per versarlo in un vassoio che regga al
fuoco, rosolatelo leggermente al forno da campagna e servitelo caldo, benché sia buono
anche diaccio.
260. POLLASTRA IN UMIDO COL CONTORNO DI RISO
Una pollastra del peso, vuota, di
circa grammi 700.
Riso, grammi 300.
Burro, grammi 100.
Prosciutto grasso e magro, grammi 40.
Una cipolla più che di mezzana grandezza.
Un pezzo di carota.
Un pugnello di funghi secchi.
Legate la pollastra per tenerne
unite le parti, poi ponete in una cazzaruola grammi 30 del detto burro e il prosciutto
tagliato a striscioline; trinciateci sopra la cipolla e la carota, indi collocateci la
pollastra dalla parte del petto condendola con sale e pepe. Tenetela coperta e, colorita
che sia da ambedue le parti, bagnatela via via con acqua calda fino a cottura completa,
lasciandoci il sugo sufficiente per dar sapore al riso, ma il sugo passatelo.
Il riso mettetelo al fuoco così
naturale con la metà del burro rimasto, poi tiratelo a cottura con acqua calda e per
ultimo col sugo della pollastro. A cottura completa aggiungete il resto del burro e
dategli maggior sapore con un buon pugno di parmigiano grattato.
Il fegatino e il ventriglio
cuoceteli insieme con la pollastra e tagliati a pezzetti, mescolateli fra il riso. Il
risotto così preparato può anche servire per minestra e bastare a tre persone, ma allora
servite la pollastra a parte con alquanto del suo sugo e i funghi per contorno.
261. BRACIUOLA DI MANZO RIPIENA IN UMIDO
La braciuola di manzo ripiena
arrosto del n. 537 potete cuocerla anche in umido col burro tirandola a cottura con acqua
e sugo di pomodoro e servirla con un contorno qualunque.
262. BRACIUOLA DI MANZO ALLA SAUTÉ
Quando, per colazione, vi piacesse
di sostituire alla bistecca una braciuola di manzo, che cotta in gratella, potrebbe
riuscire troppo arida, cucinatela nella seguente maniera, che riesce molto bene. Battetela
ben bene con la costola di un coltello e mettetela al fuoco con un pezzetto di burro
proporzionato. Conditela con sale e pepe, voltatela spesso onde ròsoli da ambedue le
parti e quando avrà ritirato quasi tutto il burro bagnatela per due volte con un gocciolo
d'acqua e, cotta che sia, spargetele sopra un pizzico di prezzemolo tritato, tenetela
ancora un momento sul fuoco e servitela col suo sugo.
Potete contornarla, piacendovi, con
patate fritte
263. POLLO ALLA CONTADINA
Prendete un pollastro e steccatelo
con alcune ciocchette di ramerino e con uno spicchio d'aglio diviso in quattro o cinque
pezzi. Mettetelo al fuoco con un battutino di lardone e conditelo con sale e pepe di fuori
e di dentro. Quando sarà rosolato da tutte le parti, aggiungete pomodori a pezzi, toltine
i semi, e quando questi saranno disfatti, bagnatelo con brodo od acqua. Rosolate a parte
nell'olio, nel lardo o nel burro alcune patate crude tagliate a spicchi, fate loro
prendere sapore nell'intinto del pollo, e servitele per contorno. Al lardone sostituite il
burro, se volete il pollo di gusto più delicato.
264. POLLO COLLA MARSALA
Tagliate il pollo a grossi pezzi e
mettetelo in cazzaruola con un battutino di cipolla tritata fine e un pezzetto di burro.
Conditelo con sale e pepe e quando sarà ben rosolato, aggiungete del brodo e tiratelo a
cottura. Passate il sugo, digrassatelo se occorre e rimettete il pollo al fuoco con un po'
di marsala, levandolo appena abbia ripreso il bollore.
265. POLLO COLLE SALSICCE
Tritate minutamente mezza cipolla e
mettetela in una cazzaruola con un pezzetto di burro e quattro o cinque fettine di
prosciutto larghe un dito. Sopra questi ingredienti ponete un pollo intero, conditelo con
pepe e poco sale e mettetelo al fuoco. Fatelo prender colore da tutte le parti e quando la
cipolla sarà tutta strutta, bagnatelo con brodo o con acqua e aggiungete tre o quattro
salsicce intere fatte di fresco; lasciate cuocere a lento fuoco procurando che in ultimo
resti dell'umido.
266. POLLO IN SALSA D'UOVO
Spezzettate un pollastro giovane e
mettetelo nella cazzaruola con grammi 50 di burro. Conditelo con sale e pepe. Quando avrà
soffritto alquanto spargetegli sopra un pizzico di farina per fargli prender colore e poi
tiratelo a cottura col brodo. Levatelo asciutto in un vassoio, tenendolo in caldo, e
nell'intinto che resta versate un rosso d'uovo, frullato avanti con l'agro di mezzo
limone, per formare la salsa. Rimestatela alquanto sopra al fuoco, versatela sul pollo e
servitelo.
267. POLLO CON LA PANNA
Infilate allo spiedo un busto di
pollo giovane per dargli due terzi di cottura arrosto; ungetelo con l'olio, salatelo e
fategli prender colore. Poi dividetelo nelle sue giunture e del petto fatene due pezzi per
terminare di cuocerlo nella seguente maniera.
Tritate un quarto di cipolla di
media grossezza e mettetela al fuoco con grammi 50 di burro; quando sarà ben rosolata
buttateci grammi 10 di farina e dopo, a poco per volta, tre decilitri di panna oppure, se
questa manca, altrettanto latte buonissimo. Quando crederete che la farina sia cotta
versateci i pezzi del pollo per terminare di cuocerli.
268. POLLO ALLA MARENGO
La sera della battaglia di Marengo,
nel sottosopra di quella giornata non trovandosi i carri della cucina, il cuoco al primo
Console e ai Generali improvvisò, con galline rubate, un piatto che manipolato
all'incirca come quello che qui vi descrivo, fu chiamato Pollo alla Marengo; e si dice che
esso fu poi sempre nelle grazie di Napoleone, se non pel merito suo, ma perché gli
rammentava quella gloriosa vittoria.
Prendete un pollo giovane ed
escludendone il collo e le zampe, tagliatelo a pezzi grossi nelle giunture. Mettetelo alla
sauté con grammi 30 di burro, una cucchiaiata d'olio e conditelo con sale, pepe e una
presa di noce moscata. Rosolati che sieno i pezzi da una parte e dall'altra scolate via
l'unto e gettate nella sauté una cucchiaiata rasa di farina e un decilitro di vino
bianco. Aggiungete brodo per tirare il pollo a cottura, coperto, e a fuoco lento. Prima di
levarlo dal fuoco fioritelo con un pizzico di prezzemolo tritato e quando è nel vassoio
strizzategli sopra mezzo limone. Riesce una vivanda appetitosa.
269. PETTI DI POLLO ALLA SAUTÉ
Il miglior modo di cucinare i petti
di pollo mi pare che sia il seguente, perché riescono delicati al gusto e fanno tale
comparita che un petto di cappone può bastare in un pranzo per quattro o cinque persone.
Tagliate i petti a fette sottili quasi come la carta, date loro la miglior forma che sarà
possibile e dei minuzzoli che ricavate nel ripulir bene lo sterno, formatene un intero
pezzo, unendoli insieme e schiacciandoli. Poi conditeli con sale e pepe e metteteli in
infusione nelle uova frullate. Dopo qualche ora passateli nel pangrattato fine e cuoceteli
col burro nella sauté o in teglia. Se li aggradite naturali basta l'agro di limone; se
poi li volete coi tartufi potete trattarli come le cotolette del n. 312, oppure nella
maniera che segue:
Prendete un tegamino di metallo,
versate nel medesimo tant'olio che appena ne ricuopra il fondo, distendete un suolo di
fettine di tartufi, spargendovi sopra pochissimo parmigiano grattato e una presa di
pangrattato. Ripetete la stessa operazione per tre o quattro volte, secondo la quantità,
e per ultimo condite con olio, sale, pepe e qualche pezzettino di burro, il tutto a
piccole dosi perché non nausei. Mettete il tegame al fuoco e quando avrà alzato il
bollore annaffiate con un ramaiolino di sugo di carne o di brodo e un po' d'agro di
limone. Ritirate presto dal fuoco questo intingolo e versatelo sopra i petti già rosolati
nel modo anzidetto.
Non avendo i tartufi, servitevi di
funghi secchi rammolliti tritati all'ingrosso, e se manca l'agro di limone ricorrete al
sugo di pomodoro o alla conserva.
270. GERMANO OSSIA ANATRA SELVATICA I
Quando comperate un germano (Anas
boscas) in mercato, apritegli il becco per osservare la lingua. Se la trovate molto
risecchita dite pure che l'animale è morto da lunga data e allora annusatelo per
accertarvi che non puzzi.
Alcuni suggeriscono di lavare questi
uccelli coll'aceto prima di cuocerli, oppure di scottarli nell'acqua per toglier loro il
selvatico; ma siccome quel puzzo disgustoso, se troppo forte, risiede principalmente nella
glandola urupigiale, io ritengo che basti il recider questa. Essa trovasi all'estremità
del codrione, volgarmente chiamato stizza, e racchiude un umore giallastro e vischioso,
abbondante negli uccelli acquatici col quale essi spalmansi le penne per renderle
impermeabili.
Vuotate il germano serbando il
fegatino, il cuore e la cipolla; levategli la testa, e la pelle del collo, dopo averla
aperta per estrarne le vertebre, ripiegatela sul petto dell'animale. A questi uccelli,
quando si fanno in umido, si addice un contorno di cavolo nero o di lenticchie intere; in
ogni modo, si adoperi l'uno o l'altro, preparate un soffritto nella seguente maniera:
Se il germano pesa circa un
chilogrammo tritate fine col coltello grammi 30 di prosciutto grasso e magro insieme con
tutti gli odori, cioè sedano, prezzemolo, carota e un quarto di una grossa cipolla;
mettete ogni cosa insieme con dell'olio in una cazzaruola e sopra al battuto adagiate il
germano, condendolo con sale e pepe. Fatelo prender colore da tutte le parti e poi
aggiungete acqua per tirarlo a cottura.
Cuocete nell'acqua il contorno di
cavolo nero o di lenticchie e, sia l'uno o l'altro, rifatelo nel suddetto intinto:
assaggiatelo per aggiungervi, se occorre, un pezzetto di burro, che lo renda più grato e
saporito, e unitelo al germano quando lo mandate in tavola. Il cavolo tagliatelo
all'ingrosso e conditelo pure con sale e pepe.
271. GERMANO IN UMIDO II
Mettete il germano nella cazzaruola
con grammi 30 di burro e fategli prender colore. Levatelo e gettate nell'unto rimasto un
cucchiaio di farina per farle prendere, rimuovendola col mestolo, il color marrone. Tolto
dal fuoco e non più a bollore, versate su quell'intriso mezzo litro di acqua e
rimetteteci il germano; conditelo con sale e pepe e fatelo bollire coperto fino a cottura
completa con un quarto di una buccia d'arancio in un sol pezzo, una costola di sedano
lunga un palmo e un pezzo di carota, l'uno e l'altra trinciati all'ingrosso. Per ultimo
passate il sugo, spezzettate il germano nelle sue giunture, rimettetelo nel suo intinto
spremendogli sopra il sugo del ricordato arancio per farlo bollire ancora pochi minuti e
servitelo.
Nella stessa guisa si può trattare
l'anatra domestica, ma questa essendo molto grassa, sarà bene togliere dallo intinto il
soverchio unto prima di mandarla in tavola. Uno dei modi per toglierlo è di versare
l'intinto in una scodella e di posarci sopra qualche pezzo di carta straccia sugante la
quale ha la proprietà di assorbirlo.
272. ANATRA DOMESTICA
Preparatela come il germano del n.
270 e mettetela al fuoco con un battuto simile a quello. Quando l'anatra avrà preso
colore bagnatela con sugo di pomodoro o conserva e tiratela a cottura con acqua o brodo.
Passate il sugo, digrassatelo e rimettetelo al fuoco con l'anatra e un pezzetto di burro.
Con questo sugo e parmigiano potete condire una minestra di strisce o di lasagne fatte in
casa e l'anatra servirla con un contorno d'erbaggi rifatti in un poco di quel sugo
medesimo.
273. ANATRA DOMESTICA COL CONTORNO DI RISO
Questo mi sembra un buon umido e che
meriti una menzione speciale.
Fate un battuto con un quarto di una
grossa cipolla e tutti gli odori, cioè prezzemolo, carota e sedano tritato insieme con
grammi 50 di prosciutto grasso e magro.
Mettetelo al fuoco con due
cucchiaiate d'olio e l'anatra sopra, condita con sale e pepe. Rosolata che sia, bagnatela
con sugo di pomodoro, o conserva, e l'acqua occorrente per tirarla a cottura, gettandoci
in pari tempo un pizzico di funghi secchi per cuocerli in quell'intinto che poi va passato
dallo staccio e digrassato, serbando i funghi per unirli al riso. Questo, nella quantità
di grammi 200, mettetelo, così crudo, in una cazzaruola con grammi 40 di burro e quando
accenna a prender colore versate acqua calda a poco per volta, dandogli sapore
coll'intinto dell'anatra e parmigiano quando siete per levarlo dal fuoco.
274.
FEGATO D'OCA
Leggete l'articolo Oca domestica n.
548 e vi troverete in ultimo il modo di cucinare il fegato della medesima; ma essendomene
capitato un altro, l'ho cucinato diversamente ed essendo, a mio avviso, riuscito migliore
del primo ve lo descrivo. Dopo cotto nel modo ivi indicato levatelo asciutto e legatelo
con un intriso composto di gr. 20 di burro messo al fuoco con un cucchiaino colmo di
farina e, allorché questa avrà preso il color nocciuola, diluitela con un ramaiuolo di
brodo e tre cucchiaiate di marsala, versateci il fegato, fatelo di nuovo bollire alquanto
e servitelo.
275. FOLAGHE IN UMIDO
La folaga (Fulica Atra) si potrebbe
chiamare uccello pesce, visto che la Chiesa permette di cibarsene ne' giorni magri senza
infrangere il precetto. La sua patria sono i paesi temperati e caldi dell'Europa e
dell'Africa settentrionale, e come uccello anche migratorio viaggia di notte. Abita i
paduli e i laghi, è nuotatore, nutrendosi di piante acquatiche, d'insetti e di piccoli
molluschi. Due sole specie trovansi in Europa. Fuori del tempo della cova le folaghe
stanno unite in branchi numerosissimi, il che dà luogo a cacce divertenti e micidiali. È
assai cognita quella con barchetti, chiamata la tela, nelle vicinanze di Pisa sul lago di
Massaciuccoli, di proprietà del marchese Ginori Lisci, che ha luogo diverse volte
nell'autunno inoltrato e nell'inverno. Nella caccia del novembre 1903, alla quale presero
parte con cento barche cacciatori di ogni parte d'Italia, furono abbattute circa seimila
folaghe; così riferirono i giornali.
La carne della folaga è nera e di
poco sapore, e pel selvatico che contiene bisogna, in cucina, trattarla così:
Prendiamo, ad esempio (come ho fatto
io), quattro folaghe e, dopo averle pelate e strinate alla fiamma per tor via la gran
caluggine che hanno, vuotatele e lavatele bene. Dopo trapassatele per la lunghezza del
corpo con uno spiedo infuocato, poi tagliatele in quattro parti gettando via la testa, le
zampe e le punte delle ali; indi tenetele in infusione nell'aceto per un'ora e dopo
lavatele diverse volte nell'acqua fresca. Dei fegatini non me ne sono servito; ma le
cipolle, che sono grosse e muscolose come quelle della gallina, dopo averle vuotate,
lavate e tagliate in quattro pezzi, le ho messe pure nell'infusione.
Ora, fate un battuto, tritato fine,
con una grossa cipolla e tutti gli odori in proporzione, cioè sedano, carota e
prezzemolo, e mettetelo al fuoco con grammi 80 di burro, e nello stesso tempo le folaghe e
i ventrigli condendole con sale, pepe e odore di spezie. Quando saranno asciutte bagnatele
con sugo di pomodoro o conserva sciolta in acqua abbondante per cuocerle e perché vi
resti molto intinto. Cotte che sieno, passate il sugo e in questo unite un petto e mezzo
di folaga tritato fine e altri grammi 40 di burro, per condire con esso e con parmigiano
tre uova di pappardelle o grammi 500 di strisce che, pel loro gusto particolare, saranno
lodate. Le folaghe, con alquanto del loro intinto, servitele dopo come piatto di
companatico che non saranno da disprezzarsi. Tutta questa roba credo potrà bastare per
cinque o sei persone.
Ho inteso dire che si ottiene anche
un discreto brodo cuocendole a lesso con due salsicce in corpo.
276. PICCIONI IN UMIDO
A proposito di piccioni sentite
questa che vi do per vera, benché sembri incredibile, e valga come riprova di ciò che vi
dicevo sulle bizzarrie dello stomaco.
Una signora prega un uomo, che le
capita per caso, di ucciderle un paio di piccioni, ed egli, lei presente, li annega in un
catino d'acqua. La signora ne ricevé una tale impressione che d'allora in poi non ha più
potuto mangiar la carne di quel volatile.
Guarnite i piccioni con foglie di
salvia intere, poneteli in un tegame o in una cazzaruola sopra a fettine di prosciutto
grasso e magro e conditeli con olio, sale e pepe. Quando essi avranno preso colore,
aggiungete un pezzo di burro e tirateli a cottura con brodo. Prima di ritirarli dal fuoco
spremeteci sopra un limone e adoperate il loro sugo per servirli con fette di pane
arrostito postevi sotto. Avvertite di salarli pochissimo a motivo del prosciutto e del
brodo. Al tempo dell'agresto, potete usare quest'ultimo invece del limone, seguendo il
dettato:
Quando Sol est in leone,
Bonum vinum cum popone,
Et agrestum cum pipione.
277. PICCIONE ALL'INGLESE O PICCION PAIO
Avverto qui una volta per tutte che
nella mia cucina non si fa questione di nomi e che io non do importanza ai titoli
ampollosi. Se un inglese dicesse che questo piatto, il quale chiamasi anche con lo strano
nome di piccion paio, non è cucinato secondo l'usanza della sua nazione, non me ne
importa un fico; mi basta che sia giudicato buono, e tutti pari. Prendete:
Un piccione giovane, ma grosso.
Vitella di latte magra, gr. 1 00, oppure un petto di pollo.
Fette sottili di prosciutto grasso e magro, grammi 40.
Fette di lingua salata, grammi 30.
Burro, grammi 40.
Mezzo bicchiere di brodo buono digrassato.
Un uovo sodo.
Tagliate il piccione a piccoli pezzi
nelle sue giunture scartando la testa e le zampe. Tagliate la vitella di latte o il petto
di pollo a bracioline e battetele colla costola del coltello. Tagliate il prosciutto e la
lingua a strisce larghe un dito. Tagliate l'uovo in otto spicchi.
Prendete un piatto ovale di metallo
o di porcellana che regga al fuoco e distendetevi a strati uno sopra all'altro, prima la
metà del piccione e della vitella, poi la metà del prosciutto e della lingua, la metà
del burro sparso qua e là a pezzettini e la metà, ossia quattro spicchi, dell'uovo;
condite con pochissimo sale, pepe e odore di spezie, e ripetete l'operazione col rimanente
in modo che tutto l'insieme faccia la colma. Per ultimo annaffiate col brodo suddetto, ma
diaccio, che vedrete galleggiare sul primo orlo del piatto e che rimarrà in gran parte
dopo la cottura. ora formate una pasta per ricoprirlo, nelle seguenti proporzioni:
Farina, grammi 150.
Burro, grammi 50.
Spirito di vino, un cucchiaino
Zucchero, un cucchiaino.
Agro di limone, uno spicchio.
Un rosso d'uovo.
Sale, quanto basta.
Intridete la farina coi suddetti
ingredienti e, se non bastano, aggiungete acqua tiepida per fare una pasta alquanto
morbida. Lavoratela molto gettandola con forza contro la spianatoia, lasciatela un poco in
riposo e tiratene una sfoglia addoppiandola quattro o cinque volte, riducendola, per
ultimo, grossa come uno scudo, col matterello rigato. Con essa coprite il piatto
adornandolo, se è possibile, coi ritagli della stessa pasta, indi doratela con rosso
d'uovo; cuocete questo pasticcio (che tale si può chiamare) al forno da campagna e
servitelo caldo.
A me pare che questo piatto venga
meglio ammannito nella seguente maniera per dargli un carattere e un gusto più nazionale.
Date prima mezza cottura al piccione e alle altre carni col detto burro, condendole col
sale, il pepe e le spezie. Poi disponetele sul vassoio nel modo indicato, non escludendo
l'intinto dell'umido e il brodo. Aumentando il condimento potrete unirvi anche rigaglie di
pollo, animelle e tartufi.
278. MANICARETTO DI PICCIONI
Tagliateli a quarti o a pezzi grossi
nelle giunture e metteteli al fuoco con una fetta di prosciutto, un pezzetto di burro e un
mazzetto guarnito, condendoli con sale e pepe. Quando cominciano ad asciugare bagnateli
con brodo e, a mezza cottura, aggiungete le loro rigaglie, delle animelle a pezzi, e
funghi freschi tagliati a fette, od anche secchi ma fatti prima rinvenire nell'acqua
calda, oppure tartufi; questi però vanno messi a cottura quasi compita. Dopo averli
bagnati con del brodo, versateci, se i piccioni son due, mezzo bicchiere di vino bianco
che avrete prima fatto scemare di metà al fuoco, in un vaso a parte. Continuate a farli
bollire dolcemente, poi aggiungete altro pezzetto di burro intriso nella farina, oppure
farina sola, per legarne la salsa, e per ultimo, avanti di mandarli in tavola, levate il
prosciutto e il mazzetto, e strizzate sui piccioni un limone. Le animelle scottatele prima
e spellatele se sono di bestia grossa.
In questo stesso modo si possono
cucinare i pollastri giovani, guarnendoli di rigaglie invece che di animelle.
279. TIMBALLO DI PICCIONI
Questa pietanza dicesi timballo,
forse dalla forma che si approssima all'istrumento musicale di questo nome.
Fate un battuto con prosciutto,
cipolla, sedano e carota, aggiungete un pezzetto di burro e mettetelo al fuoco con un
piccione o due, a seconda del numero delle persone che dovranno fargli la festa. Unite ai
medesimi le loro rigaglie con altre di pollo, se ne avete. Condite con sale e pepe e,
quando i piccioni saranno rosolati, bagnateli con brodo per tirarli a cottura, ma
procurate che vi resti del sugo. Passate questo e gettatevi dei maccheroni che avrete già
cotti, ma non del tutto, in acqua salata e teneteli presso al fuoco rimovendoli di quando
in quando. Fate un poco di balsamella, poi spezzate i piccioni nelle loro giunture,
escludendone il collo, la testa, le zampe e le ossa del groppone quando non vi piacesse di
disossarli del tutto, il che sarebbe meglio. Le rigaglie tagliatele a pezzi piuttosto
grossi e alle cipolle levate il tenerume. Allorché i maccheroni avranno succhiato il
sugo, conditeli con parmigiano, pezzettini di burro, dadini o, meglio, fettine di
prosciutto grasso e magro, noce moscata, fettine di tartufi o, mancando questi, un
pugnello di funghi secchi rammolliti. Unite infine la belsamella e mescolate.
Prendete una cazzaruola di grandezza
proporzionata, ungetela tutta con burro diaccio e foderatela di pasta frolla. Versate il
composto, copritelo della stessa pasta e cuocetelo al forno; sformatelo caldo e servitelo
subito.
Con grammi 300 di maccheroni e due
piccioni farete un timballo per dieci o dodici persone se non sono forti mangiatori.
Volendo potete anche dargli la forma di pasticcio come quello del n. 349.
280. TORDI COLLE OLIVE
I tordi e gli altri uccelli minuti
in umido si possono fare come i piccioni n. 276; anzi ve li raccomando cucinati in quella
maniera che sono buonissimi. Le olive indolcite, state cioè in salamoia, si usano mettere
intere coi loro nocciolo quando i tordi sono a mezza cottura. Il nocciolo però è meglio
levarlo: con un temperino si fa della polpa un nastrino, che, avvolto a spirale sopra sé
stesso, par che formi un'oliva intera.
Una volta furono regalati sei tordi
a un signore, il quale, avendo in quei giorni la famiglia in campagna, pensò di
mangiarseli arrostiti a una trattoria. Erano belli, freschi e grassi come i beccafichi e
però, stando in timore non glieli barattassero, li contrassegnò tagliando loro la
lingua. I camerieri entrati in sospetto cominciarono ad esaminarli se segno alcuno
apparisse e, guarda guarda, aiutati dalla loro scaltrezza, lo ritrovarono. Per non la
cedere a furberia, o forse perché con essi quel signore si mostrava soltanto largo in
cintura, "gliela vogliamo fare" gridarono ad una voce; e, tagliata la lingua a
sei tordi dei più magri che fossero in cucina, gli prepararono quelli, serbando i suoi
per gli avventori che più premevano. Venuto l'amico coll'ansietà di fare in quel giorno
un ghiotto mangiare e vedutili secchi allampanati, cominciò a stralunare gli occhi e
voltandoli e rivoltandoli fra sé diceva: - Io resto! ma che sono proprio i miei tordi
questi? - Poi, riscontrato che la lingua mancava, tutto dolente, si dette a credere che
avessero operata la metamorfosi lo spiedo e il fuoco.
Agli avventori che capitarono dopo,
la prima offerta che in aria di trionfo facevano quei camerieri, era: - Vuol ella oggi un
bellissimo tordo? - e qui a raccontar la loro bella prodezza, come fu narrata a me da uno
che li aveva mangiati.
281.
TORDI FINTI
Tordi finti perché li rammenta
l'odore del ginepro e un poco anche il sapore della composizione. È un piatto che può
piacere e farete bene a provarlo.
Magro di vitella di latte senz'osso
per sei tordi, gr. 300.
Coccole di ginepro, n. 6.
Fegatini di pollo, n. 3.
Acciughe salate, n. 3.
Olio, cucchiaiate n. 3.
Lardone, quanto basta.
Questi finti tordi devono aver
l'apparenza di bracioline ripiene, quindi della vitella di latte fatene sei fette sottili,
spianatele, date loro una bella forma e mettete da parte i ritagli. Questi coi fegatini,
un pezzetto di lardone, le coccole di ginepro, le acciughe nettate, e una foglia di
salvia, formeranno il composto per riempirle; e però tritate il tutto finissimo e
conditelo con poco sale e pepe. Dopo avere arrocchiate le bracioline con questo composto,
fasciatele con una fetta sottile del detto lardone, frapponendo fra questo e la carne
mezza foglia di salvia, e legatele in croce. Grammi 60 di lardone in tutto, credo potrà
bastare.
Ora che avete preparato le
bracioline, ponetele a fuoco vivo in una sauté oppure in una cazzaruola scoperta con le
dette tre cucchiaiate d'olio, e conditele ancora leggermente con sale e pepe. Quando
saranno rosolate da tutte le parti, scolate l'unto, lasciando però il bruciaticcio in
fondo al vaso, e tiratele a cottura col brodo versato a pochino per volta, perché devono
rimanere in ultimo quasi asciutte.
Mandatele in tavola slegate, sopra a
sei fette di pane appena arrostito e bagnate coll'intinto ristretto rimasto dopo la
cottura.
Sono buone anche diacce.
282. STORNI IN ISTUFA
Gli storni, essendo uccelli di carne
ordinaria e dura, hanno bisogno del seguente trattamento per renderli mangiabili.
Per numero sei storni fate un
battuto, tritato fine, con un quarto di una grossa cipolla e grammi 30 di grasso di
prosciutto. Mettetelo al fuoco con grammi 20 di burro, tre o quattro striscioline di
prosciutto grasso e magro e due coccole di ginepro. Collocateci sopra gli storni senza
sventrarli e, guarniti con foglie di salvia, conditeli con sale e pepe. Quando avranno
tirato il sapore del battuto, voltandoli spesso, e che la cipolla sarà ben colorita,
bagnateli con un poco di vino bianco asciutto e poi versatecene tanto che fra la prima e
la seconda volta sia tre decilitri. Mancandovi il vino bianco supplite con due decilitri
d'acqua ed uno di marsala. Coprite la cazzaruola con un foglio di carta a quattro doppi
tenuto fermo da un coperchio pesante e fate bollire a fuoco dolce fino a cottura completa.
Levateli col loro sugo e serviteli.
283. UCCELLI IN SALMÌ
Cuoceteli, non del tutto, arrosto
allo spiedo conditi con sale e olio. Dopo levati, se sono uccelli piccoli o tordi,
lasciateli interi; se sono grossi tagliateli in quattro parti, e levate loro tutte le
teste che pesterete in un mortaio insieme con qualche uccellino pure arrostito o con
qualche ritaglio di uccelli grossi. Mettete una cazzarolina al fuoco con un battuto
composto di burro, qualche pezzetto di prosciutto, sugo di carne, oppure brodo, madera o
marsala nella quantità all'incirca del brodo, uno scalogno trinciato, una coccola o due
di ginepro, se sono tordi, o una foglia d'alloro se sono uccelli di altra specie. Condite
con sale e pepe e quando questo intingolo avrà bollito mezz'ora passatelo dallo staccio,
e collocatevi gli uccelli arrostiti; fateli bollire fino a cottura completa e mandateli in
tavola con fettine di pane arrostito sotto.
284. STUFATO DI LEPRE
Vi descriverò più avanti il
pasticcio di lepre, e vi dirò anche come questa si cuoce arrosto; aggiungo ora che per
farla dolce-forte potete servirvi della ricetta del cignale n. 285, e che si può mettere
in istufato nella seguente maniera:
Prendiamo, per esempio, la metà di
una lepre, e dopo averla spezzettata tritate fine un battuto con una cipolla di mediocre
grandezza, due spicchi d'aglio, un pezzo di sedano lungo un palmo e diverse foglie di
ramerino. Mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro, due cucchiaiate d'olio e quattro o
cinque strisce di prosciutto larghe un dito. Quando avrà soffritto per cinque minuti,
gettateci la lepre e conditela con sale, pepe e spezie. Rosolata che sia, bagnatela con
mezzo bicchiere di vino bianco o marsala, poi buttateci un pugnello di funghi freschi, o
secchi rammolliti, e tiratela a cottura con brodo e sugo di pomodoro o conserva; ma prima
di servirla, assaggiatela per aggiungere un altro poco di burro, se occorre.
285. CIGNALE DOLCE-FORTE
A me pare sia bene che il cignale da
fare dolce-forte debba avere la sua cotenna con un dito di grasso, perché il grasso di
questo porco selvatico, quando è cotto, resta duro, non nausea ed ha un sapore di callo
piacevolissimo.
Supposto che il pezzo sia di un
chilogrammo all'incirca, eccovi le proporzioni del condimento.
Fate un battuto con mezza cipolla,
la metà di una grossa carota, due costole di sedano bianco lunghe un palmo, un pizzico di
prezzemolo e grammi 30 di prosciutto grasso e magro. Tritatelo fine colla lunetta e
ponetelo in una cazzaruola con olio, sale e pepe sotto al cignale per cuocerlo in pari
tempo. Quando il pezzo ha preso colore da tutte le parti, scolate buona parte dell'unto,
spargetegli sopra un pizzico di farina, e tiratelo a cottura con acqua calda versata di
quando in quando. Preparate intanto il dolce-forte in un bicchiere coi seguenti
ingredienti e gettatelo nella cazzaruola; ma prima passate il sugo.
Uva passolina, grammi 40.
Cioccolata, grammi 30.
Pinoli, grammi 30.
Candito a pezzetti, grammi 20.
Zucchero, grammi 50.
Aceto quanto basta; ma di questo
mettetene poco, perché avete tempo di aggiungerlo dopo. Prima di portarlo in tavola
fatelo bollire ancora onde il condimento s'incorpori, anzi debbo dirvi che il dolce-forte
viene meglio se fatto un giorno per l'altro. Se lo amate più semplice componete il
dolce-forte di zucchero e aceto soltanto.
Nello stesso modo potete cucinare la
lepre.
286. CIGNALE FRA DUE FUOCHI
Tenetelo in una marinata come quella
della lepre n. 531 per 12 o 14 ore. Levato da questa, asciugatelo con un canovaccio e poi
preparatelo nella seguente maniera. Collocate nel fondo di una cazzaruola tre o quattro
fette di lardone sottili come la carta, ponete il pezzo del cignale sopra alle medesime,
conditelo con sale e pepe e aggiungete una cipolla intera, un mazzetto guarnito, un
pezzetto di burro e, se il cignale fosse un chilogrammo circa, mezzo bicchiere di vino
bianco. Distendete sul pezzo della carne altre tre o quattro fette dello stesso lardone e
copritelo con un foglio unto col burro, che vi stia aderente. Cuocetelo con fuoco sotto e
sopra e quando accenna a prosciugarsi, bagnatelo con brodo. Cotto che sia, passate il sugo
senza spremerlo, digrassatelo e unitelo al cignale quando lo mandate in tavola.
287. COSTOLETTE DI DAINO ALLA CACCIATORA
Le carni del daino, del capriolo e
di simili bestie di selvaggina sono aride e dure, quindi è necessario che il tempo le
frolli per essere meglio gustate.
Servitevi per questo piatto della
lombata, da cui taglie rete le costolette tenendole sottili. Mettete al fuoco olio e burro
in proporzione della quantità che avrete a cuocere, uno spicchio d'aglio intero e diverse
foglie di salvia. Quando l'aglio avrà preso colore collocateci sopra le costolette,
conditele con sale e pepe e cuocetele a fuoco ardente, alla svelta, annaffiandole col
marsala.
288. CONIGLIO IN UMIDO
Per cucinare questo piatto, vedi le
Pappardelle col sugo di coniglio, n. 94.
289. LINGUA DOLCE-FORTE
Prendete una lingua di vitella di
latte tutta intera colla sua pappagorgia, perché questa è la parte più delicata;
spellatela e lessatela a mezza cottura. Regolatevi del resto come per il cignale del n.
285, servendovi dell'acqua dove ha bollito per finire di cuocerla. Per spellare la lingua
arroventate una paletta e ponetegliela sopra ripetendo l'operazione diverse volte, se
occorre.
290. LINGUA DI BUE AL SUGO DI CARNE
Eccovi un'altra maniera di cucinare
una lingua di bue del peso, senza la pappagorgia, di oltre un chilogrammo.
Spellatela come è indicato nella
ricetta n. 289 e steccatela con grammi 60 di lardone tagliato in lardelli conditi con sale
e pepe. Legatela perché resti distesa e mettetela al fuoco con grammi 30 di burro;
conditela con altro sale e pepe rosolandola alquanto, e poi tiratela a cottura col sugo di
carne versato un poco per volta. Cotta che sia, il sugo che resta passatelo e condensatelo
al fuoco con un pezzetto di burro e meno di mezza cucchiaiata di farina per unirlo alla
lingua, che manderete in tavola tagliata a fette contornata di erbaggi lessati e rifatti
col burro ed il sugo.
291. ARNIONI SALTATI
Prendete una pietra, come la
chiamano a Firenze, cioè un arnione o rognone di bestia grossa oppure diversi di bestie
piccole, apritelo e digrassatelo tutto perché quel grasso ha un odore sgradevole.
Tagliatelo per traverso a fette sottili, ponetelo in un vaso, salatelo e versate sul
medesimo tanta acqua bollente che lo ricopra. Quando l'acqua sarà diacciata levatelo
asciutto e mettetelo in padella per farlo ributtar l'acqua che getterete via. Spargetegli
sopra un pizzico di farina, buttateci un pezzetto di burro e rimovendolo spesso fatelo
grillettare per soli cinque minuti. Conditelo con sale, pepe e mezzo bicchiere scarso di
vino bianco: lasciatelo ancora per poco sul fuoco e quando siete per levarlo aggiungete un
altro pezzetto di burro, un pizzico di prezzemolo tritato e un po' di brodo, se occorre.
Per vostra regola gli arnioni tenuti
troppo sul fuoco induriscono. Il vino è bene farlo prima bollire a parte finché sia
scemato di un terzo; se invece di vino bianco farete uso di marsala o di champagne, tanto
meglio.
292. ARNIONI PER COLAZIONE
Arnioni di vitella di latte, di
castrato, di maiale e simili si prestano bene per una colazione cucinati nella seguente
maniera. Tenete in pronto un battutino tritato fine, composto di prezzemolo, mezzo
spicchio d'aglio, il sugo di mezzo limone e cinque o sei fette di midolla di pane,
asciugato al fuoco.
Aprite gli arnioni per digrassarli e
tagliateli a fettine sottili per traverso. Dato che siano in tutto del peso di 400 o 500
grammi, gettateli in padella con grammi 50 a 60 di burro a fuoco ardente. Muoveteli spesso
e appena cominciano a soffriggere gettateci il battutino; conditeli con sale e pepe e
sempre muovendoli col mestolo versateci il sugo del limone e per ultimo un ramaiuolo di
brodo.
L'operazione deve farsi in cinque
minuti circa e prima di mandarli in tavola versateli sulle fette del pane. Basteranno per
quattro persone.
293. ARNIONI ALLA FIORENTINA
Aprite e digrassate gli arnioni come
nella ricetta n. 291 e così spaccati a metà per il lungo, cuoceteli nel modo seguente.
Ponete un tegame al fuoco con un pezzo di burro proporzionato e quando accenna a bollire,
poneteci l'arnione lasciandovelo un poco, poi ritiratelo dal fuoco e conditelo con sale,
pepe e un pizzico di prezzemolo tritato. Involtatelo bene nel condimento e, dopo parecchie
ore, cuocetelo nello stesso tegame, oppure in gratella, involtato nel pan grattato.
294. COSCIOTTO O SPALLA DI CASTRATO IN CAZZARUOLA I
Per associazione d'idee, la parola
castrato mi presenta alla memoria quei servitori, i quali, per un'esigenza ridicola de'
loro padroni (sono sfoghi di vanità rientrata), si tagliano i baffi e le ledine da
sembrare tanti castratoni, e facce da zoccolanti.
Per lo stesso motivo, cioè per la
vanità delle loro padrone, sbuffano e mal si prestano le cameriere a portare in capo
quelle berrette bianche, chiamate altrimenti cuffie; infatti quando non sono più giovani
e non sono belle, con quell'aggeggio in capo sembrano la bertuccia. Le balie, al
contrario, gente di campagna, che sente poco la dignità di sé stessa, con quei tanti
fiocchi e nastri di vario colore adornate (indegne pompe, di servitù misere insegne), se
ne tengono, gonfiando impettite e non s'avvedono che risvegliano l'idea della mucca quando
è condotta al mercato.
Entrando in materia, dico che la
buona fine di questi due pezzi di carne a me sembra di ottenerla nella seguente maniera.
Prendiamo, ad esempio, la spalla e sulla medesima regolatevi nelle debite proporzioni per
il cosciotto. Non ho bisogno di dirvi che il castrato deve essere di qualità fine e ben
grasso, Supponiamo che la spalla sia del peso di un chilogrammo, benché possa essere
anche di chilogrammi 11/2. Disossatela, steccatela con lardone, e conditela di dentro e di
fuori con sale e pepe, poi arrocchiatela e legatela onde prenda una bella forma; indi
mettetela in una cazzaruola con grammi 40 di burro per rosolarla, e dopo aggiungete i
seguenti ingredienti:
Alcune cotenne di lardone o di
prosciutto.
Un mazzetto legato composto di prezzemolo, sedano e carota.
Una cipolla intera di mezzana grossezza.
Le ossa spezzate che avrete levate dalla spalla o dal cosciotto che sia.
Dei ritagli di carne cruda, se ne avete.
Un bicchiere di brodo o mezzo soltanto.
Due o tre cucchiaiate di acquavite.
Tanta acqua fredda che il liquido
arrivi poco sotto alla superficie del castrato. Coprite bene la cazzaruola e fatela
bollire a fuoco lento finché il pezzo sia cotto, per la qual cosa ci vorranno da quattro
e più ore se la bestia è dura. Allora passate il sugo, digrassatelo e gettate via il
superfluo, cioè mandate in tavola soltanto il castrato.
Questo piatto si suol guarnire o di
carote o di rape o di fagiuoli sgranati; se di carote, mettetene due grosse intere fra la
carne e quando saranno cotte levatele e tagliatele a fette rotonde per aggiungerle dopo;
se di rape, avvertite che non sappiano di forte per non avere ancora sentito il freddo.
Dividetele in quattro parti, imbiancatele, tagliatele a dadi, rosolatele appena nel burro
ed unitele al sugo, il quale deve vedersi piuttosto abbondante; se di fagiuoli, cuoceteli
prima e rifateli in questo sugo.
295. COSCIOTTO O SPALLA DI CASTRATO IN CAZZARUOLA II
Questa è una ricetta più semplice
e da preferirsi a quella del numero precedente, quando non si richieda contorno alcuno di
erbaggi e di legumi.
Prendete una spalla di castrato e
dopo averla disossata steccatela con lardelli di lardone involtati nel sale e nel pepe.
Salatela alquanto, poi arrocchiata e legata stretta, mettetela al fuoco con grammi 40 di
burro e una mezza cipolla steccata con un chiodo di garofano e fatele prender colore.
Ritirata la cazzaruola dal fuoco, versateci un bicchiere d'acqua, o meglio brodo, una
cucchiaiata di acquavite, un mazzetto odoroso e, se è il tempo dei pomodori, alcuni di
questi spezzati. Fate bollire adagio per circa tre ore colla cazzaruola tenuta chiusa con
doppio foglio di carta, rivoltando spesso il pezzo della carne. Quando sarà cotta,
gettate via la cipolla, passate il sugo, digrassatelo ed unitelo alla carne quando la
mandate in tavola.
Vi avverto di non cuocerla troppo
ché allora non si potrebbe tagliare a fette.
Nella stessa maniera, colle debite
proporzioni nel condimento, si può fare il cosciotto. Se vi nausea il puzzo speciale al
montone, digrassate la carne anche da cruda.
296. LOMBATA DI CASTRATO RIPIENA
Prendete un pezzo di lombata di
castrato col suo pannicolo attaccato, del peso di un chilogrammo, digrassatela, ma non del
tutto, disossatela e conditela con sale e pepe. Formate il composto per riempirla con
Magro di vitella di latte, grammi
150.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Un uovo.
Sale e pepe.
Tritatelo ben fine e, dopo avere
spalmata con questo tutta la lombata nell'interno, arrocchiatela tirandole sopra il
pannicolo, e cucitela onde non isbuzzi il ripieno. Ora mettetela al fuoco con grammi 50 di
burro e quando sarà rosolata bagnatela con un dito (di bicchiere) di marsala, poi gettate
nella cazzaruola a crogiolare con lei a fuoco lento, mezza cipolla piuttosto piccola,
tagliata in due pezzi, due o tre pezzi di sedano, altrettanti di una carota e dei gambi di
prezzemolo, bagnandola con acqua o brodo per tirarla a cottura. Infine passate il sugo e
il resto, digrassatelo e servitela. È un piatto che potrà bastare per otto persone e
merita di essere raccomandato. Già sapete che per digrassare un sugo basta posargli sopra
qualche pezzo di carta straccia sugante.
297.
BUE ALLA MODA
Questo piatto va trattato poco
diversamente da quello del n. 294.
Prendete non meno di un chilogrammo
di magro della coscia o del culaccio di bestia grossa e steccatelo con lardelli grossi un
dito di buon lardone che avrete involtati nel sale e nel pepe. Legate il pezzo della carne
perché prenda una bella forma, salatelo a sufficienza e ponetelo in una cazzaruola con
grammi 50 di burro per rosolarlo; poi aggiungete gl'ingredienti qui appresso: mezza zampa
di vitella di latte, oppure un pezzo di zampa di vitella grossa, una grossa cipolla
intera, due o tre carote intere, un mazzetto legato di erbe odorose come prezzemolo,
sedano, basilico e simili; alcune cotenne di lardone, un bicchiere ardito d'acqua, o
meglio un bicchiere di brodo digrassato, e per ultimo mezzo bicchiere di vino bianco,
oppure due cucchiaiate di acquavite. Mettete al fuoco la cazzaruola ben coperta e fate
bollire adagio finché la carne sia cotta, ma le carote cuocendosi per le prime, levatele
onde restino intere. Gettate via il mazzetto odoroso, poi passate il sugo e digrassatelo
se occorre. Servite la carne non troppo cotta unicamente alla zampa e contornate il piatto
colle carote tagliate a fette rotonde. Se vi riesce bene, sentirete un umido delicato e
leggiero.
Alcuni steccano la cipolla con
chiodi di garofano; ma questo aroma non è da consigliarsi che agli stomachi forti. Meglio
delle carote giudico il contorno di fagiuoli sgranati cotti rifatti nel sugo del bue.
298. BUE ALLA BRACE
Sarebbe il boeuf braisé dei
Francesi. Procuratevi un bel tocco di carne magra e frolla e, dato che sia del peso di
grammi 500 senz'osso, steccatelo con grammi 50 di lardone tagliato a lardelli grossi e
lunghi un dito scarso, ma conditeli prima con sale e pepe.
Fate un battuto con un quarto di
cipolla di media grandezza, mezza carota e una costola di sedano lunga un palmo. Tritatelo
all'ingrosso con la lunetta e mettetelo al fuoco con grammi 30 di burro e sopra al
medesimo il pezzo della carne legato e condito con sale e pepe.
Quando il battuto sta per
consumarsi, bagnatelo per due volte con un gocciolo d'acqua fredda; consumata che sia e
colorita la carne, versate due ramaiuoli di acqua calda, coprite la cazzaruola con foglio
doppio di carta e fate bollire adagio finché la carne sia cotta. Allora passate il sugo,
digrassatelo e rimettetelo al fuoco con un altro pezzetto di burro per dar maggior grazia
alla carne e all'intinto, col quale potrete tirare a sapore un contorno di erbaggi, come
sarebbero spinaci, cavoli di Bruxelles, carote, finocchi, quello che più vi piace di
questi.
299. GIRELLO ALLA BRACE (GARETTO)
Volete un piatto di carne della
cucina bolognese e dei più semplici che si possano immaginare? Fate il garetto. Così
chiamano a Bologna il girello, che è quel pezzo di carne di manzo, senz'osso, situata
quasi alla estremità della coscia, tra il muscolo e lo scannello, che può essere del
peso di grammi 700 all'incirca ed è il solo che si presti per quest'uso. Mettetelo al
fuoco senz'altro condimento che sale e pepe; niente acqua e niun altro ingrediente.
Chiudete la bocca della cazzaruola con un foglio di carta a diversi doppi, tenuto fermo
dal suo coperchio, e lasciatelo cuocere molto lentamente. Vedrete che getta una copiosa
quantità di sugo che poi riassorbe a poco a poco; quando lo avrà ritirato tutto levatelo
e servitelo. È quasi migliore diaccio che caldo.
Che sia un piatto sano e nutriente,
nessuno può dubitarne; ma che, per la sua troppa semplicità, possa piacere a tutti non
saprei dirlo.
300. BUE ALLA CALIFORNIA
Chi studiò questo piatto, non
sapendo forse come chiamarlo, gli applicò questo strano titolo; del resto poi, strani o
ridicoli sono quasi tutti i termini culinari.
Le seguenti dosi sono quelle da me
prescritte in seguito a diverse prove.
Carne magra senz'osso, di vitella o
di manzo, nella groppa, nella lombata o nel filetto, grammi 700.
Burro, grammi 50.
Panna, decilitri 2.
Acqua, decilitri 2.
Aceto forte, una cucchiaiata, o più d'una, se è debole.
Mettete la carne al fuoco col detto
burro, mezza cipolla tagliata in quattro spicchi e una carota a pezzetti; sale e pepe per
condimento. Quando la carne sarà ben rosolata versate l'aceto, dopo alquanto l'acqua e
indi la panna. Fate bollire adagio circa tre ore, ma se il sugo venisse a scarseggiare
aggiungete un'altra po' d'acqua.
Mandate la carne in tavola tagliata
a fette e col suo sugo passato dallo staccio. In un pranzo di vari piatti potrà bastare
per cinque o sei persone.
301. SCANNELLO ANNEGATO
Non sapendo come chiamare
quest'umido semplice e sano, gli ho dato il titolo di scannello annegato.
Un pezzo di carne di manzo o di
vitella, tutto magro e senz'osso, tolto dallo scannello, di circa grammi 800.
Grasso di prosciutto, grammi 80.
Una grossa carota o due mezzane.
Tre o quattro costole di sedano lunghe un palmo.
Mezzo bicchiere di vino bianco asciutto, e mancando questo, due dita di
marsala.
Steccate il pezzo della carne col
suddetto grasso di prosciutto, tagliato in lardelli involtati nel sale e nel pepe;
salatelo e legatelo onde stia unito.
Tagliate a pezzetti la carota e il
sedano e metteteli in fondo a una cazzaruola piuttosto piccola ponendoci sopra il pezzo
della carne e copritela d'acqua.
Fate bollire adagio a cazzaruola
coperta, e quando avrà ritirato l'acqua passate dallo staccio il sugo e gli erbaggi, che
poi rimetterete al fuoco insieme con la carne e col vino. Cotto che sia servitelo
affettato con sopra il suo intinto.
Potrà bastare per sei persone.
Come avrete notato in questa e in
molte altre ricette della presente raccolta, la mia cucina inclina al semplice e al
delicato, sfuggendo io quanto più posso quelle vivande che, troppo complicate e composte
di elementi eterogenei, recano imbarazzo allo stomaco. Ciò non ostante un mio buon amico,
per iscambio, la calunniava. Essendo egli stato colpito da paralisi progressiva, che lo
tenne infermo per oltre tre anni, non trovava altro conforto alla sua disgrazia che quello
di mangiar bene, e quando ordinava il pranzo alla sua figliuola non mancava di dirle: -
Bada di non darmi gl'intrugli dell'Artusi. - Questa signorina, che era la massaia di casa,
avendo ricevuta la sua educazione in un collegio svizzero del cantone francese, si era
colà provveduta del trattato di cucina di Madame Roubinet; e volgendo a questo tutta la
sua simpatia, poco o punto si curava del mio. Gl'intrugli lamentati dal padre erano dunque
di questa madama dal rubinetto, la quale, si vede, dava con questo la via, più che non
farei io, alle acque torbe della cucina.
302. SCALOPPINE ALLA LIVORNESE
Perché si chiamino scaloppine non
lo so, e non so nemmeno perché sia stato dato loro il battesimo a Livorno. Comunque sia,
prendete delle bracioline di carne grossa, battetele bene per renderle tenere e buttatele
in padella, con un pezzo di burro. Quando l'avranno ritirato bagnatele con qualche
cucchiaiata di brodo per portarle a cottura, conditele con sale e pepe, legatele con un
pizzico di farina, date loro l'odore della marsala, e prima di levarle, rendetele più
grate con un pizzico di prezzemolo tritato.
303. SCALOPPINE DI CARNE BATTUTA
Prendete carne magra di bestia
grossa, nettatela dai tendini e dalle pelletiche e, se non avete il tritacarne, tritatela
ben fine prima col coltello poi colla lunetta. Conditela con sale, pepe e parmigiano
grattato; aggiungete l'odore delle spezie, piacendovi, ma c'è il caso allora che sappia
di piatto rimpolpettato. Mescolate bene e date alla carne la forma di una palla; poi con
pangrattato sotto e sopra, onde non s'attacchi, tiratela col matterello sulla spianatoia,
rimuovendola spesso per farne una stiacciata sottile poco più di uno scudo. Tagliatela a
pezzi quadri e larghi quanto la palma di una mano e cuoceteli in una teglia col burro.
Quando le scaloppine avran preso colore, annaffiatele con sugo di pomodoro o conserva
diluita nel brodo o nell'acqua e servitele. Potete anche, senza far uso del matterello,
stiacciarle colle mani e dar loro, per più eleganza, la forma di un cuore.
Avendo carne stracottata avanzata,
è conveniente il farle con questa e con carne cruda mescolate insieme.
304. SCALOPPINE ALLA GENOVESE
Formate bracioline con carne magra
di vitella e, dato che sia grammi 500 senz'osso, tritate un quarto di cipolla di mezzana
grandezza e mettetela nel fondo di una cazzaruola con olio e un pezzetto di burro.
Distendete sul battuto le bracioline, uno strato sopra l'altro, conditele con sale e pepe
e mettetele al fuoco senza toccarle che così attaccandosi insieme non si aggrinzano.
Quando avrà preso colore la parte di sotto, versate un cucchiaino di farina e dopo poco
un pizzico di prezzemolo e mezzo spicchio d'aglio tritati e due dita scarse,(di bicchiere)
di vino bianco buono, o, mancando questo, marsala. Poi distaccate le bracioline l'una
dall'altra, mescolate, lasciatele tirar l'umido, indi versate acqua calda e un poco di
sugo di pomodoro o conserva. Fatele bollire adagio e non molto per terminare di cuocerle e
servitele con intinto abbondante, e con fette di pane arrostito sotto, oppure, se più vi
piace, con un contorno di riso cotto nell'acqua, tirato asciutto e condito leggermente con
burro, parmigiano e l'intinto medesimo. Anzi, il riso ci sta molto bene e così piacciono
a tutti.
305. SCALOPPINE CON LA PANNA ACIDA
La panna acida è la panna comune,
ossia il fior di latte, quando ha preso l'agro, il qual difetto non nuoce anzi migliora il
piatto che riesce delicatissimo.
Prendete carne magra di vitella o di
vitella di latte, tagliatela a bracioline, battetele, infarinatele e mettetele al fuoco
con un pezzo proporzionato di burro. Conditele con sale e pepe e fatele bollire adagio
finché abbiano preso colore da ambedue le parti. Allora bagnatele con la detta panna e
per ultimo con un poco d'acqua o brodo, se trattasi di vitella di latte, onde la salsa non
riesca troppo densa e possano cuocer meglio.
Servitele con spicchi di limone a
parte.
Per quattro persone:
Grammi 500 di magro senz'osso,
Grammi 70 di burro
Due decilitri di panna.
306. SCALOPPINE DI VITELLA DI LATTE IN TORTINO
Vitella di latte magra senz'osso,
tagliata a scaloppine sottilissime del peso, nette dalle pelletiche, di grammi 300,
lardone a fettine sottili, grammi 70.
Sciogliete al fuoco, in una
cazzaruola proporzionata, un poco di burro e sul fondo e all'ingiro della medesima
distendete il lardone, sopra al quale collocherete un primo strato di scaloppine
condendole con sale, pepe, l'odore delle spezie, parmigiano grattato e prezzemolo tritato.
Poi un altro strato di scaloppine condite nella stessa maniera, e così di seguito finché
avrete roba. Sull'ultimo strato di scaloppine spargete diversi pezzetti di burro e
cuoceteli tra due fuochi, più sotto che sopra, finché restino quasi asciutte e rosolato
il lardone. Versate il tortino sopra a uno strato di spinaci tirati al burro e servitelo a
quattro persone.
307. BRACIOLINE RIPIENE
Bracioline sottili di vitella,
grammi 300.
Carne magra di vitella o di vitella di latte, grammi 70.
Prosciutto piuttosto magro, grammi 40.
Midollo di vitella, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Uova, n. l.
Delle bracioline ne usciranno 6 o 7
se le tenete larghe quanto una mano: battetele ben bene col batticarne oppure con un
manico di coltello intinto spesso nell'acqua per allargarle. Poi tritate fine il
prosciutto coi grammi 70 della seconda carne e a questo battuto unite il parmigiano e il
midollo ridotto prima pastoso colla lama di un coltello; per ultimo aggiungete l'uovo per
legare il composto e una presa di pepe, non occorrendo il sale a motivo del prosciutto e
del parmigiano. Distendete le bracioline e sul mezzo delle medesime distribuite il detto
composto; poi arrocchiatele e col refe legatele in croce.
Ora che hanno già preso la forma
occorrente, preparate un leggiero battuto con un po' di cipolla, un pezzetto di sedano
bianco, un pezzetto di carota e grammi 20 di carnesecca, e mettetelo al fuoco in una
cazzaruola con grammi 20 di burro, in pari tempo che vi porrete le bracioline. Conditele
con sale e pepe, e quando avranno preso colore versate sugo di pomodoro o conserva e
tiratele a cottura coll'acqua. Potete anche aggiungere, piacendovi, un gocciolo di vino
bianco.
Quando le mandate in tavola togliete
il refe con cui le avevate legate.
308. BRACIOLINE ALLA BARTOLA
La carne di vitella o di manzo che
meglio si presta per questo piatto sarebbe il filetto o il girello, ma può servire anche
il culaccio e la coscia.
Carne suddetta, peso netto
senz'osso, grammi 500.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Un piccolo spicchio d'aglio.
Un piccolo spicchio di cipolla.
Una costola di sedano lunga un palmo.
Un buon pezzo di carota.
Un pizzico di prezzemolo.
Tagliate la carne a fette grosse
quasi un dito per ottenere non più di sette od otto bracioline alle quali procurate di
dar bella forma, e battetele con la costola del coltello. Fate un battuto tritato molto
fine col prosciutto e gl'ingredienti sopra descritti, poi versate in una sauté o teglia
di rame sei cucchiaiate d'olio sul quale, a freddo, collocherete le bracioline spalmando
sopra ad ognuna un pizzico del detto battuto. Conditele con poco sale, pepe e il solo
fiore di quattro o cinque chiodi di garofano, e a fuoco vivo fatele rosolare dalla parte
di sotto, poi voltatele ad una ad una col suo battuto per rosolare anche questo, e quando
avrà soffritto a sufficienza tornatele a rivoltare onde il battuto ritorni al disopra
raccattando quello che è rimasto attaccato alla teglia, ora bagnatele con sugo di
pomodoro o conserva sciolta nell'acqua, cuopritele e fatele bollire adagio per quasi due
ore; ma mezz'ora prima di mandarle in tavola cuocete nell'intinto delle medesime una
grossa patata sbucciata e tagliata in dieci o dodici tocchetti collocandoli nei vuoti fra
una braciolina e l'altra.
Meglio sarebbe mandarle in tavola
nel recipiente dove sono state cotte; ma se questo è indecente mettetele pari pari in un
vassoio con le patate all'intorno. Questa quantità basta per quattro o cinque persone, e
non è piatto da disprezzarsi, perché non lascia lo stomaco aggravato.
309. BRACIOLINE ALLA CONTADINA
Per me, che si ribellano al mio
gusto, le lascio mangiare ai contadini; ma, poiché ad altri potrebbero non dispiacere, ve
le descrivo.
Preparate le bracioline con carne
magra di vitella battuta bene, ungetele coll'olio e conditele con poco sale e pepe. Fate
un composto di olive in salamoia, capperi strizzati dall'aceto e un'acciuga, tritando il
tutto ben fine. Lasciatelo così semplice, oppure aggiungete un rosso d'uovo e un pizzico
di parmigiano; riempitene le bracioline, legatele e quindi cuocetele con burro e sugo di
pomodoro, oppure in un soffritto di cipolla.
310. BRACIUOLE NELLA SCAMERITA
Eccovi un piatto di tipo tutto
fiorentino. La scamerita è quella parte del maiale macellato ove, finita la lombata,
comincia la coscia; essa è marmorizzata di magro e grasso, quest'ultimo in quantità tale
che piace senza nauseare. Ponete le braciuole in un tegame con pochissimo olio, due o tre
spicchi d'aglio, con la loro buccia, un po' stiacciati, e conditele con sale e pepe.
Quando avranno preso colore da ambedue le parti, versate nel tegame due o tre dita (di
bicchiere) di vino rosso e lasciate che, bollendo, l'umido prosciughi di metà. Allora
mettetele da parte asciutte conservandole calde, e in quell'intinto tirate a sapore del
cavolo nero già lessato, spremuto dall'acqua, tagliato non tanto minutamente e condito
anch'esso con sale e pepe. Mandatele in tavola col cavolo sotto.
311. COTOLETTE DI VITELLA DI LATTE IN SALSA D'UOVO
Dopo averle dorate e cotte alla
sauté, come quelle dei n. 312 e 313, spargete sopra alle medesime una salsa di rossi
d'uovo, burro e agro di limone, tenetele ancora un poco sul fuoco e servitele. Per sette
od otto cotolette basteranno tre rossi d'uovo, grammi 30 di burro e mezzo limone, frullati
in un pentolino prima di versarli.
312. COTOLETTE DI VITELLA DI LATTE COI TARTUFI ALLA BOLOGNESE
Il posto migliore per questo piatto
è il sotto-noce, ma può servire anche il magro del resto della coscia o del culaccio.
Tagliatele sottili e della dimensione della palma di una mano: battetele e date loro una
forma smussata ed elegante come, ad esempio, la figura del cuore, cioè larga da capo e
restringentesi in fondo, il che si ottiene più facilmente tritando prima la carne colla
lunetta. Poi preparatele in un piatto con agro di limone, pepe, sale e pochissimo
parmigiano grattato. Dopo essere state un'ora o due in questa infusione, passatele
nell'uovo sbattuto e tenetecele altrettanto. Poi panatele con pangrattato fine, mettetele
a soffriggere col burro in una teglia di rame, e quando saranno appena rosolate da una
parte voltatele e sopra la parte cotta distendete prima delle fette di tartufi e sopra
queste delle fette di parmigiano o di gruiera; ma sì le une che le altre tagliatele
sottili il più che potete. Fatto questo, terminate di cuocerle con fuoco sotto e sopra
aggiungendo brodo o sugo di carne; poi levatele pari pari e disponetele in un vassoio col
loro sugo all'intorno strizzandoci l'agro di un limone, o mezzo solo se sono poche.
Nella stessa maniera si possono
cucinare le costolette di agnello dopo aver ripulito, raschiandolo, l'osso della costola.
313. COTOLETTE COL PROSCIUTTO
Preparate le cotolette come quelle
del numero precedente e mettetele nell'uovo con una fetta sottilissima di prosciutto
grasso e magro della dimensione della cotoletta stessa. Panatele col prosciutto
appiccicato sopra, salatele poco e rosolatele nel burro dalla parte dove non è il
prosciutto. Sopra al prosciutto, invece de' tartufi, distendete fette sottilissime di
parmigiano o di gruiera, finite di cuocerle col fuoco sopra e servitele con sugo di carne
ed agro di limone, oppure con sugo di pomodoro.
314.
POLPETTE
Non crediate che io abbia la
pretensione d'insegnarvi a far le polpette. Questo è un piatto che tutti lo sanno fare
cominciando dal ciuco, il quale fu forse il primo a darne il modello al genere umano.
Intendo soltanto dirvi come esse si preparino da qualcuno con carne lessa avanzata; se poi
le voleste fare più semplici o di carne cruda, non è necessario tanto condimento.
Tritate il lesso colla lunetta e
tritate a parte una fetta di prosciutto grasso e magro per unirla al medesimo. Condite con
parmigiano, sale, pepe, odore di spezie, uva passolina, pinoli, alcune cucchiaiate di
pappa, fatta con una midolla di pane cotta nel brodo o nel latte, legando il composto con
un uovo o due a seconda della quantità. Formate tante pallottole del volume di un uovo,
schiacciate ai poli come il globo terrestre, panatele e friggetele nell'olio o nel lardo.
Poi con un soffrittino d'aglio e prezzemolo e l'unto rimasto nella padella passatele in
una teglia, ornandole con una salsa d'uova e agro di limone.
Se non tollerate i soffritti
mettetele nella teglia con un pezzetto di burro, ma vi avverto che i soffritti, quando
siano ben fatti, non sono nocivi, anzi eccitano lo stomaco a digerir meglio. Mi rammento
che una volta fui a pranzo con alcune signore in una trattoria di grido la quale
pretendeva di cucinare alla francese - troppo alla francese! - ove ci fu dato un piatto di
animelle coi piselli. Tanto quelle che questi erano freschi e di primissima qualità, ma
essendo stati tirati a cottura nell'umido del solo burro senza soffritto, e almeno un buon
sugo, e senza aromi di sorta, nel mangiare quella pietanza, che poteva riuscire un
eccellente manicaretto, si sentiva che lo stomaco non l'abbracciava e a tutti riuscì
pesante nella digestione.
315.
POLPETTONE
Signor polpettone, venite avanti,
non vi peritate; voglio presentare anche voi ai miei lettori.
Lo so che siete modesto ed umile
perché, veduta la vostra origine, vi sapete da meno di molti altri; ma fatevi coraggio e
non dubitate che con qualche parola detta in vostro favore troverete qualcuno che vorrà
assaggiarvi e che vi farà forse anche buon viso.
Questo polpettone si fa col lesso
avanzato, e, nella sua semplicità, si mangia pur volentieri. Levatene il grasso e tritate
il magro colla lunetta; conditelo e dosatelo in proporzione con sale, pepe, parmigiano, un
uovo o due, e due o tre cucchiaiate di pappa. Questa può essere di midolla di pane cotta
nel latte, o nel brodo, o semplicemente nell'acqua aggraziata con un po' di burro.
Mescolate ogni cosa insieme, formatene un pane ovale, infarinatelo; indi friggetelo nel
lardo o nell'olio e vedrete che da morbido qual era da prima, diverrà sodo e formerà
alla superficie una crosticina. Tolto dalla padella, mettetelo a soffriggere nel burro da
ambedue le parti entro a un tegame, e quando siete per mandarlo in tavola, legatelo con
due uova frullate, una presa di sale e mezzo limone. Questa salsa fatela a parte in una
cazzarolina, regolandovi come si trattasse di una crema, e versatela sopra il polpettone
quando l'avrete messo in un vassoio.
Per non sciuparlo, se è grosso,
quando l'avete in padella rivoltatelo con un piatto o con un coperchio di rame come
fareste per una frittata.
316. POLPETTONE DI CARNE CRUDA ALLA FIORENTINA
Prendete mezzo chilogrammo,
senz'osso, di carne magra di vitella, nettatela dalle pelletiche e dalle callosità e
prima con un coltello a colpo, poi colla lunetta tritatela fine insieme con una fetta di
prosciutto grasso e magro. Conditela con poco sale, pepe e spezie, aggiungete un uovo,
mescolate bene e colle mani bagnate formatene una palla e infarinatela.
Fate un battutino con poca cipolla
(quanto una noce), prezzemolo, sedano e carota, mettetelo al fuoco con un pezzetto di
burro e quando avrà preso colore gettate dentro il polpettone. Rosolatelo da tutte le
parti e poi versate nel recipiente mezzo bicchiere abbondante d'acqua in cui avrete
stemperata mezza cucchiaiata di farina; copritelo e fatelo bollire a lentissimo fuoco
badando che non si attacchi. Quando lo servite, col suo intinto denso all'intorno,
strizzategli sopra mezzo limone.
Se lo volete alla piemontese, altro
non resta a fare che collocare nel centro della palla, quando la formate, un uovo sodo
sgusciato, il quale serve a dar bellezza al polpettone quando si taglia a fette. Non è
piatto da disprezzarsi.
317.
QUENELLES
Le quenelles costituiscono un piatto
di origine e di natura francese, come apparisce dal nome, che non ha corrispondente nella
lingua italiana, e fu inventato forse da un cuoco il cui padrone non aveva denti.
Vitella di latte, grammi 120.
Grasso di rognone di vitella di latte, grammi 80,
Farina, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Uova, uno e un rosso.
Latte, decilitri 2.
Nettate bene la carne dalle
pelletiche e il grasso dalle pellicine che lo investono e, dopo averli pesati, tritateli
più che potete col coltello e con la lunetta, indi pestateli nel mortaio finché non sian
ridotti a una pasta finissima.
Fate una balsamella con la farina,
il burro e il latte soprannotati e quando sarà diaccia uniteci la roba pestata, le uova,
il condimento di solo sale e mescolate ben bene ogni cosa insieme. Distendete sulla
spianatoia un velo di farina, versateci sopra il composto e, leggermente infarinato,
tiratelo a bastoncino in modo da ottenere 18 o 20 rocchi, simili alle salsicce, lunghi un
dito.
Mettete dell'acqua al fuoco in un
vaso largo e quando bolle gettateci le quenelles; fatele bollire 8 o 10 minuti e le
vedrete rigonfiare. Allora con la mestola un po' forata levatele asciutte e servitele
sguazzanti nella salsa di pomodoro n. 125, a cui aggiungerete alcuni funghi freschi o
secchi (che avrete cotti avanti nella salsa medesima) e alcune olive in salamoia, alle
quali leverete il nocciolo. Alla salsa di pomodoro potete sostituire il sugo di carne,
oppure guarnire con le quenelles un intingolo di rigaglie e animelle. Si possono fare
anche con la carne bianca dei polli o con la polpa del pesce e questa quantità può
bastare per cinque persone.
Se vi servite della salsa di
pomodoro, che è la più opportuna per questo piatto di gusto molto delicato, legatela con
un intriso composto di grammi 30 di burro e un cucchiaio di farina, versandola nel
medesimo quando avrà preso sul fuoco il color nocciuola.
318. AGNELLO TRIPPATO
Spezzettate grammi 500 di agnello
nella lombata e friggetelo con lardo vergine. Fate quindi in un tegame un soffritto
coll'unto rimasto in padella, aglio e prezzemolo e, quando l'aglio avrà preso colore,
gettateci l'agnello già fritto, conditelo con sale e pepe, rivoltatelo bene e lasciatelo
alquanto sopra al fuoco perché s'incorpori il condimento. Poi legatelo con la seguente
salsa: frullate in un pentolo due uova con un buon pizzico di parmigiano grattato e mezzo
limone. Versatela nell'agnello, mescolate, e quando l'uovo sarà alquanto rappreso,
servite in tavola.
319. AGNELLO COI PISELLI ALL'USO DI ROMAGNA
Prendete un quarto d'agnello dalla
parte di dietro, steccatelo con due spicchi d'aglio tagliato a striscioline e con qualche
ciocca di ramerino; dico ciocche e non foglie, perché le prime si possono levare,
volendo, quando l'agnello è cotto. Prendete un pezzo di lardone o una fetta di carnesecca
e tritateli fini col coltello. Mettete l'agnello al fuoco in un tegame con questo battuto
e un poco d'olio; conditelo con sale e pepe e fatelo rosolare. Allorché avrà preso
colore, aggiungete un pezzetto di burro, sugo di pomodoro oppure conserva sciolta nel
brodo o nell'acqua e tiratelo a cottura perfetta. Ritirate per un momento l'agnello,
versate nell'intinto i piselli e quando avranno bollito un poco, rimettetelo sui medesimi,
fateli cuocere e serviteli per contorno.
Si può cucinare nella stessa
maniera un pezzo di vitella di latte nella lombata o nel culaccio.
In Toscana questi piatti si
manipolano nella stessa guisa, ma si fa uso del solo olio.
320. SPALLA D'AGNELLO ALL'UNGHERESE
Se non è all'ungherese sarà alla
spagnola o alla fiamminga; il nome poco importa, purché incontri, come credo, il gusto di
chi la mangia.
Tagliate la spalla a pezzi sottili e
larghi tre dita in quadro. Trinciate due cipolle novelline oppure tre o quattro cipolline
bianche; mettetele a soffriggere con un pezzetto di burro e quando avranno preso il rosso
cupo buttate giù l'agnello e conditelo con sale e pepe. Aspettate che la carne cominci a
colorire ed aggiungete un altro pezzetto di burro intriso nella farina; mescolate e
fategli prendere un bel colore, poi tiratelo a cottura con brodo versato a poco per volta.
Non mandatelo in tavola asciutto, ma con una certa quantità del suo sugo.
321. TESTICCIUOLA D'AGNELLO
Per mettere in umido la testicciuola
d'agnello non fate come quella serva a cui il padrone avendo detto che la dividesse in due
parti la tagliò per traverso; fu la stessa brava ragazza che un'altra volta aveva
infilato i tordi nello spiedo dal di dietro al davanti. Tagliate dunque la testicciuola
per la sua lunghezza e così come stanno i due pezzi naturalmente, metteteli a cuocere in
un largo tegame; ma fate prima un soffritto d'aglio, prezzemolo e olio, e quando avrà
preso colore, fermatelo con un ramaiuolo di brodo. Buttata giù la testicciuola, conditela
con sale e pepe, aggiungete a mezza cottura un pezzetto di burro, un poco di sugo o
conserva di pomodoro e tiratela a cottura con altro brodo, se occorre.
È un piatto da non presentarsi ad
estranei, ma per famiglia è di poca spesa e gustoso; la parte intorno all'occhio è la
più delicata.
322. COTEGHINO FASCIATO
Non ve lo do per un piatto fine, ma
come piatto di famiglia può benissimo andare, anzi potrete anche imbandirlo agli amici di
confidenza. A proposito di questi, il Giusti dice che coloro i quali sono in grado di
poterlo fare, devono di quando in quando invitarli ad ungersi i baffi alla loro tavola. Ed
io sono dello stesso parere, anche nel supposto che gli invitati vadano poi a lavarsi la
bocca di voi, come è probabile, sul trattamento avuto.
Prendete un coteghino del peso di
grammi 300 circa e spellatelo da crudo.
Prendete una braciuola di magro di
vitella o di manzo del peso di grammi 200 a 300 larga e sottile e battetela bene.
Involtate con essa il coteghino,
ammagliatelo tutto col refe e mettetelo al fuoco in una cazzaruola insieme con un pezzetto
di burro, sedano, carota e un quarto di cipolla, il tutto tagliato all'ingrosso.
Sale e pepe non occorrono perché il
coteghino contiene ad esuberanza questi condimenti.
Se col sugo vi piacesse di condire
una minestra di maccheroni, aggiungete alcune fettine di prosciutto grasso e magro, oppure
di carnesecca. Quando il pezzo avrà preso colore da tutte le parti, versate acqua
bastante a ricoprirlo per metà e alcuni pezzetti di funghi secchi, facendolo bollire
adagino fino a cottura completa. Passate il sugo, unite al medesimo i funghi anzidetti e
con questo, cacio e burro condite i maccheroni, servendo il coteghino fasciato, sciolto
dal refe, con alquanto del suo sugo all'intorno, per companatico.
Il sugo per condire la minestra
sarà bene condensarlo alquanto con un pizzico di farina. Mettetela in una cazzaruola con
un pezzetto di burro e quando comincia a prender colore versateci il sugo e fatelo bollire
un poco.
A questo piatto si addice molto il
contorno di carote, prima lessate a due terzi di cottura, poi rifatte in quel sugo.
323. STUFATINO DI MUSCOLO
Ognun sa che i muscoli di tutte le
bestie, compresa la bestia uomo, sono fasci di fibre che costituiscono la carne in genere;
ma muscolo volgarmente si chiama in Firenze quella carne di vitella che, per essere alla
estremità della coscia o della spalla verso le gambe, contiene tendini morbidi e
gelatinosi che si addicono a questa cucinatura. Tagliate a pezzetti grammi 500 di muscolo
di vitella o di vitella di latte. Mettete al fuoco dell'olio con due spicchi d'aglio senza
sbucciarli, ma alquanto ammaccati; lasciate soffriggere e quindi gettateci la carne,
condendola con sale e pepe. Rosolata che sia, spargetele sopra mezza cucchiaiata di
farina, aggiungete sugo di pomodoro o conserva e un pezzetto di burro; quindi acqua o
brodo, a poco per volta, e tiratela a cottura; ma fate in maniera che vi resti
dell'intinto. Disponete sopra un vassoio delle fette di pane arrostito, versate sopra le
medesime lo stufatino e mandatelo in tavola. Potete anche servirlo senza crostini e
metterci dei funghi freschi, tagliati a fette, oppure delle patate quando la carne sarà
quasi cotta.
324. STUFATINO DI PETTO DI VITELLA DI LATTE COI FINOCCHI
Spezzettate il petto di vitella di
latte lasciandogli le sue ossa. Fate un battuto con aglio, prezzemolo, sedano, carota e
una fetta proporzionata di carnesecca; aggiungete olio, pepe, sale e mettetelo al fuoco
insieme colla carne suddetta. Rivoltatela spesso, e quando sarà rosolata alquanto,
spargete sulla medesima un pizzico di farina, un po' di sugo di pomodoro o conserva e
tiratela a cottura con brodo o acqua. Per ultimo aggiungete un pezzetto di burro e i
finocchi tagliati a grossi spicchi già ridotti a mezza cottura nell'acqua e soffritti nel
burro. La cazzaruola, tanto in questo che negli altri stufati, tenetela sempre coperta.
Quando parlo di cazzaruole intendo
quelle di rame bene stagnate. Hanno a dir quel che vogliono, ma il rame, tenuto pulito, è
da preferirsi sempre ai vasi di ferro e di terra, perché quelli si arroventano e bruciano
le vivande; questa screpola e suzza gli untumi e col troppo uso comunica qualcosa che sa
di lezzo.
325. VITELLA DI LATTE IN GUAZZETTO
Riesce un umido di non molto sapore,
ma semplice e sano, perciò lo descrivo. Prendete vitella di latte nel sottonoce o nel
culaccio, battetela, legatela perché stia raccolta e ponetela in cazzaruola come
appresso.
Ammesso che il pezzo della carne sia
grammi 500 senz'osso, coprite il fondo della cazzaruola con grammi 30 di carnesecca a
fette sottilissime e grammi 30 di burro e sopra a questo strato collocate meno di mezzo
limone tagliato in quattro fette sottili alle quali leverete la corteccia e i semi. Sopra
a queste cose ponete la vitella per rosolarla ben bene da tutte le parti; ma badate che
non prenda di bruciato a motivo del poco umido che vi si trova. Fatto questo, scolate
l'unto superfluo, conditela con sale e pepe e poco dopo bagnatela con un bicchiere di
latte caldo, che avrete prima fatto alquanto bollire a parte, ma non vi sgomentate se
questo impazzirà, com'è probabile.
Coprite la cazzaruola con carta a
doppio e, a fuoco lento, tirate il pezzo della carne a cottura; quando sarete per servirla
passate il sugo.
Questa dose potrà bastare per
quattro persone.
326. PETTO DI VITELLA DI LATTE RIPIENO
In termine culinario si chiamerebbe
petto farsito.
Petto di vitella di latte tutto in un pezzo, grammi 500.
Magro di vitella di latte senz'osso, grammi 170.
Prosciutto grasso e magro, grammi 40.
Mortadella di Bologna, grammi 40.
Parmigiano, grammi 15.
Uova, n. l.
Un quarto appena di spicchio d'aglio e 4 o 5 foglie di prezzemolo.
Fate un composto col suddetto magro
di vitella di latte in questa maniera: nettatelo dai tendini e dalle pelletiche, se vi
sono, e tritatelo finissimo con un pezzetto di grasso di prosciutto levato dai suddetti 40
grammi. A questa carne battuta aggiungete l'aglio e il prezzemolo, tritati finissimo, il
parmigiano, l'uovo, una presa di pepe, pochissimo sale e mescolate il tutto ben bene. Se
avete d'occasione una pallina di tartufi tritatela nel composto e sentirete che ci sta
d'incanto.
Disossate il petto dalle ossa dure e
lasciategli le tenere; apritelo nel tessuto connettente passando il coltello al di sotto
delle costole sì che diventi doppio di superficie come si fa di un libro quando si apre.
Sopra la metà del petto dove sono rimaste le ossa tenere, distendete parte del composto e
sopra a questo disponete parte del prosciutto o della mortadella tagliati a strisce larghe
un dito intercalandole a poca distanza tra loro. Sopra a questo primo strato ponetene un
secondo e un terzo, se avete roba sufficiente, tramezzando sempre il composto e i salumi.
Finita l'operazione tirate sopra al ripieno l'altra metà del petto rimasta nuda, per
chiudere, come sarebbe a dire, il libro e con un ago grosso e refe cucite gli orli perché
il ripieno non ischizzi fuori; oltre a ciò legatelo stretto in croce con lo spago. Così
acconciato mettetelo al fuoco in una cazzaruola con un pezzo di burro, sale e pepe, e
quando avrà preso colore da ambedue le parti, portatelo a cottura con acqua versata a
poco per volta.
Servitelo caldo col suo sugo
ristretto; ma prima scioglietelo dallo spago e dal refe. Se è venuto bene deve potersi
tagliare a fette e far bella mostra di sé coi suoi lardelli. Potete contornarlo di
piselli freschi cotti nel suo sugo, o di finocchi tagliati a spicchi, ma prima lessati.
327. ARROSTINI DI VITELLA DI LATTE ALLA SALVIA
Questo piatto si forma con la
lombata di vitella di latte priva di pelletiche e col suo osso attaccato, e tagliata a
braciuole sottili. Servitevi di una sauté o di una teglia di rame, e mettetela al fuoco
con alcune foglie intere di salvia e un pezzo di burro proporzionato. Quando avrà
soffritto un poco gettateci le braciuole e mentre rosolano, a fuoco vivo, salatele da
ambedue le parti, poi spargeteci un po' di farina e terminate di cuocerle con la marsala.
Devono restare con poco umido.
Dato che con grammi 500 circa di
lombata, pulita dal superfluo, formiate sei di dette braciuole, basterà un dito scarso
(di bicchiere) di marsala, e se mai un po' di sugo di pomodoro; della farina un
cucchiaino.
328. LOMBO DI MAIALE RIPIENO
Per lombo qui s'intende un pezzo di
lombata dalla parte che non ha costole.
Lombo di maiale, chilogrammi l.
Rete di maiale, grammi 100.
Magro di vitella di latte, grammi 100.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Mortadella, grammi 50.
Midollo, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Un rosso d'uovo.
Odore di noce moscata a chi piace.
Rosolate nel burro la vitella di
latte e tanto questa che il prosciutto e la mortadella tritateli coi coltello e poi
pestateli nel mortaio per ridurli finissimi. Versate questo pesto sul tagliere, unitevi il
midollo, il parmigiano e il rosso d'uovo, conditelo scarsamente con sale, pepe e noce
moscata, e con la lama di un coltello riducetelo a poltiglia tutta eguale. Ora levate il
grasso superficiale alla lombata, disossatela e poi tagliatela in sette od otto braciuole,
ma in modo che restino tutte unite alla base per poterle aprire come i fogli di un libro e
sopra ad ognuna di queste appiccicate una cucchiaiata della detta poltiglia; poi unitele
insieme per formarne un rotolo che spolverizzerete di sale e pepe e legherete stretto con
lo spago. Fatto ciò copritelo con la rete di maiale, legandola con un filo onde vi stia
aderente, e cuocetelo a lento fuoco in cazzaruola senza null'altro. Tre ore di cottura
potranno bastare e servirà per otto persone.
È un piatto buono, tanto caldo che
freddo, e non grave; ma servito caldo potrete mandarlo in tavola accompagnato da un
erbaggio rifatto nel suo unto. Per tagliarlo a fette devesi trinciare non nel senso delle
divisioni, ma pel contrario, che così farà bella mostra.
329. BUE GAROFANATO
Per bue, intendo carne grossa,
comprendendovi cioè il manzo e la vitella.
Prendete un bel tocco di magro nella
coscia o nel culaccio, battetelo, e ponetelo in infusione nel vino la sera per la mattina
di poi. Dato che il pezzo sia di un chilogrammo all'incirca, steccatelo con lardone e
quattro chiodi di garofani, legatelo e mettetelo al fuoco con mezza cipolla tagliata a
fette sottili, burro e olio in quantità eguali e salatelo. Rosolatelo da tutte le parti e
strutta la cipolla, versate un bicchier d'acqua e, coperta la bocca della cazzaruola con
un foglio di carta a due o tre doppi tenuti fermi dal coperchio, fatelo bollire adagio
fino a cottura. Scioglietelo e servitelo coi suo sugo all'intorno, passato e digrassato. I
lardelli di lardone, come vi ho detto altre volte, è bene tenerli grossi un dito e
condirli con sale e pepe.
Non lo credo cibo confacente agli
stomachi deboli.
330. ANIMELLE ALLA BOTTIGLIA
Quelle d'agnello non hanno bisogno
di alcuna preparazione; a quelle di bestia più grossa bisogna dare mezza cottura
nell'acqua, spellandole, se occorre. Le prime lasciatele intere, le seconde tagliatele a
pezzi e sì le une che le altre infarinatele bene e mettetele a rosolare nel burro
condendole con sale e pepe. Poi bagnatele con vino di Marsala o di Madera, e dopo fate
loro alzare un solo bollore. Si può anche tirare la salsa a parte con una presa di
farina, un pezzetto di burro e il vino.
Se poi le aggraziate col sugo di
carne, da buone che sono, diventeranno squisite.
331. TRIPPA COL SUGO
La trippa, comunque cucinata e
condita, è sempre un piatto ordinario. La giudico poco confacente agli stomachi deboli e
delicati, meno forse quella cucinata dai Milanesi, i quali hanno trovato modo di renderla
tenera e leggiera, non che quella alla côrsa che vi descriverò più sotto. In alcune
città si vende lessata e questo fa comodo; non trovandola tale, lessatela in casa e
preferite quella grossa cordonata. Lessata che sia, tagliatela a strisce larghe mezzo dito
ed asciugatela fra le pieghe di un canovaccio. Mettetela poi in una cazzaruola a
soffriggere nel burro e quando lo avrà tirato, aggiungete sugo di carne o, non avendo
questo, sugo di pomodoro; conditela con sale e pepe, tiratela a cottura più che potete e
quando siete per levarla, gettateci un pizzico di parmigiano.
332. TRIPPA LEGATA COLLE UOVA
Lessate e tagliate la trippa come
quella della ricetta precedente, poi mettetela al fuoco in un soffritto di aglio,
prezzemolo e burro, conditela con sale e pepe, e quando la credete cotta legatela con uova
frullate, agro di limone e parmigiano.
333. TRIPPA ALLA CÔRSA
Sentirete una trippa unica nel suo
genere, di grato sapore e facile a digerirsi, superiore a tutte le altre fin qui
conosciute; ma il segreto sta nel trattarla con sugo di carne ben fatto e in grande
abbondanza, perché ne assorbe molto. Oltre a ciò, è un piatto che non può farsi che in
quei paesi ove si usa vendere le zampe delle bestie bovine rasate dal pelo, per la ragione
che quella cotenna collosa è necessaria a legare il sugo.
Trippa cruda, grammi 700.
Zampa senz'osso, grammi 100.
Burro, grammi 80.
Lardone, grammi 70.
La metà di una grossa cipolla.
Due piccoli spicchi d'aglio.
Odore di noce moscata e spezie.
Sugo di carne, quanto basta.
Un pugnello di parmigiano.
Dico cruda la trippa, perché in
molti paesi si usa di venderla lessata.
Dopo averla lavata ben bene,
tagliatela a strisce non più larghe di mezzo dito e così pure la zampa. Fatto questo,
trinciate minuta la cipolla e mettetela al fuoco col burro, e quando comincia a prender
colore aggiungete il lardone tritato fine colla lunetta insieme coll'aglio. Allorché
questo soffritto avrà preso il color nocciuola, gettateci la trippa e la zampa condendole
con sale, pepe e gli aromi indicati, ma questi ultimi a scarsa misura. Fatela bollire
finché sarà asciutta, indi bagnatela col sugo e col medesimo finite di cuocerla a fuoco
lento onde ridurla tenera, per il che ci vorranno in tutto da 7 a 8 ore; se per caso il
sugo vi venisse a mancare aiutatevi col brodo. Quando sarete per servirla, datele maggior
sapore col parmigiano e versatela sopra fette di pane arrostito che devono sguazzare nel
sugo. Basterà per cinque persone.
334. POLPETTE DI TRIPPA
Questo piatto, tolto da un trattato
di cucina del 1694, vi parrà strano e il solo nome di trippa vi renderà titubanti a
provarlo; ma pure, sebbene di carattere triviale, coi condimenti che lo aiutano, riesce
gradito e non grave allo stomaco.
Trippa lessata, grammi 350.
Prosciutto più magro che grasso, grammi 100.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Midollo di bue, grammi 20.
Uova, n. 2.
Un buon pizzico di prezzemolo.
Odore di spezie o di noce moscata.
Pappa non liquida, fatta di pane bagnato col brodo o col latte, due
cucchiaiate.
Tritate con la lunetta la trippa
quanto più potete finissima. Fate lo stesso del prosciutto, del midollo e del prezzemolo,
aggiungete le uova, il resto, un poco di sale e mescolate. Con questo composto formate 12
o 13 polpette, che potranno bastare per quattro persone, infarinatele bene e friggetele
nell'olio o nel lardo.
Ora fate un battutino con un quarto
scarso di cipolla di mediocre grossezza e mettetelo in una teglia proporzionata con gr. 60
di burro e, colorito che sia, collocateci le polpette, annaffiatele dopo poco con sugo di
pomodoro o conserva sciolta nel brodo, copritele e fatele bollire adagio una diecina di
minuti, rivoltandole; quindi mandatele in tavola con un po' del loro intinto e
spolverizzate di parmigiano. L'autore aggiunge al composto uva passolina e pinoli, ma se
ne può fare a meno.
335.
ZAMPA BURRATA
La trippa, per analogia di
cucinatura e d'aspetto, richiama alla memoria la zampa burrata che è un piatto di
carattere e di fisonomia del tutto fiorentina che va lodato perché nutriente e di natura
gentile. Usandosi in Firenze di macellare bestie bovine giovani, se n'è tirato partito
per far servire come alimento quello che in altri paesi si lascia unito alla pelle per
farne cuoio; intendo dire delle zampe, che, dal ginocchio in giù, vengon rase dal pelo e
così belle e bianche son vendute a pezzi od intere.
Prendasi dunque un buon pezzo di
questa zampa e si lessi, poi si disossi, si tagli a pezzetti e si metta al fuoco con
burro, sale e pepe, un po' di sugo di carne e parmigiano quando si leva. Mancando il sugo
di carne, può supplire discretamente il sugo o la conserva di pomodoro.
Di questo piatto prese una solenne
indigestione una signora attempata che era in casa mia, forse perché ne mangiò troppa e
la molta cottura che richiede non la rese abbastanza morbida.
336. LINGUA IN UMIDO
Prendete una lingua di manzo che,
senza la pappagorgia, potrà pesare un chilogrammo all'incirca. Lessatela quel tanto che
basti per poterla spellare, e poi trattatela come appresso:
Fate un battuto generoso con grammi
50 di prosciutto grasso e magro, la metà di una cipolla di mezzana grandezza, sedano,
carota e prezzemolo, e mettetelo al fuoco con grammi 50 di burro insieme con la lingua
condita con sale e pepe. Rosolata che sia, tiratela a cottura con brodo versato a poco per
volta e sugo di pomodoro o conserva; poi passate il sugo. Fate a parte un intriso con
grammi 20 di burro e una cucchiaiata rasa di farina e quando avrà preso il color
nocciuola versateci dentro il detto sugo e nel medesimo rimettete la lingua per tenerla
ancora alquanto sul fuoco e poi servitela tagliata a fette grosse un centimetro con un
contorno di sedano o altro erbaggio rifatto nel medesimo sugo.
È un piatto che potrà bastare per
sette od otto persone.
337. FEGATO DI VITELLA DI LATTE ALLA MILITARE
Tritate ben fine uno scalogno o una
cipolla novellina, fatela soffriggere in olio e burro, e quando avrà preso il colore
rosso carico, gettateci il fegato tagliato a fette sottili. A mezza cottura conditelo con
sale, pepe e un pizzico di prezzemolo trito. Fatelo bollire adagio onde resti sugoso, e
servitelo col suo sugo, unendovi l'agro di un limone quando lo mandate in tavola.
338. BRACIUOLE DI CASTRATO E FILETTO DI VITELLA ALLA FINANZIERA
Ponete nel fondo di una cazzaruola
una fetta di prosciutto, alquanto burro, un mazzettino composto di carota, sedano e gambi
di prezzemolo, e sopra a queste cose delle braciuole intere di castrato nella lombata, che
condirete con sale e pepe. Fatele rosolare da ambedue le parti, aggiungete un altro
pezzetto di burro, se occorre, e unite alle braciuole ventrigli di pollo, e dopo fegatini,
animelle e funghi freschi o secchi, già rammolliti, il tutto tagliato a pezzi; quando
anche queste cose avranno preso colore, bagnate con brodo e fate cuocere a fuoco lento.
Legate l'umido con un po' di farina, e per ultimo versate mezzo bicchiere, od anche meno,
di vino bianco buono, fatto prima scemare di metà al fuoco, in un vaso a parte, e fate
bollire ancora un poco perché s'incorpori. Quando siete per mandarlo in tavola levate il
prosciutto e il mazzetto, passate il sugo dal colino e digrassatelo.
Nella stessa maniera si può fare un
pezzo di filetto di vitella, invece del castrato, aggiungendo ai detti ingredienti anche
dei piselli. Se farete questi due piatti con attenzione, sentirete che sono squisiti.
339. BRACIOLINE RIPIENE CON CARCIOFI
Ai carciofi levate tutte le foglie
dure e tagliateli in quattro o cinque spicchi. Prendete una fetta di prosciutto grasso e
magro, tritatelo fine fine, mescolatelo con un poco di burro e con questo composto
spalmate gli spicchi dei carciofi. Battete e spianate le bracioline, che possono essere di
vitella o di manzo, conditele con sale e pepe e ponete in mezzo a ciascuna due o tre dei
detti spicchi, poi avvolgetele e legatele in croce con un filo. Fate un battutino con poca
cipolla, mettetelo in una cazzaruola con burro e olio e quando la cipolla sarà ben
rosolata collocateci le bracioline e conditele ancora con sale e pepe. Rosolate che sieno,
tiratele a cottura con sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua, e quando le mandate
in tavola scioglietele dal filo.
340. FILETTO COLLA MARSALA
La carne del filetto è la più
tenera, ma se quel briccone del macellaio vi dà la parte tendinosa, andate franco che ne
resterà la metà pel gatto.
Arrocchiatelo, legatelo, e, dato che
sia un chilogrammo all'incirca, mettetelo al fuoco con una cipolla di mediocre grandezza
tagliata a fette sottili, insieme con alcune fettine di prosciutto e un pezzo di burro:
conditelo poco con sale e pepe. Quando sarà rosolato da tutte le parti e consumata la
cipolla, spargetegli sopra un pizzico di farina, lasciatelo prender colore e poi bagnatelo
con brodo o acqua. Fate bollire adagio, indi passate il sugo, digrassatelo e con questo e
tre dita (di bicchiere) di marsala rimettetelo al fuoco a bollire ancora, ma lentamente;
mandatelo in tavola con sugo ristretto, ma non denso per troppa farina.
Si può anche steccare il filetto
con lardone e cuocerlo con solo burro e marsala.
341. FILETTO ALLA PARIGINA
Poiché spesso sentesi chiedere
nelle trattorie il filetto alla parigina, forse perché piatto semplice, sano e nutriente,
bisognerà pure dirne due parole e indicare come viene cucinato. Fatevi tagliare dal
macellaio, nel miglior posto del filetto di manzo, delle braciole rotonde, grosse circa
mezzo dito, e queste mettetele a soffriggere nel burro dopo che esso avrà preso colore a
fuoco ben vivo; sale e pepe per condimento, e quando avranno fatto la crosticina da tutte
le parti onde dentro restino succose e poco cotte, spargeteci sopra un pizzico di
prezzemolo tritato e levatele subito: ma prima di portarle in tavola copritele con sugo di
carne o con una salsa consimile, oppure, che è cosa più semplice, nel sugo rimasto dopo
la cottura gettateci un pizzico di farina e con brodo, fate un intriso e servitevi di
questo invece del sugo.
342. CARNE ALLA GENOVESE
Prendete una braciuola magra di
vitella del peso di grammi 300 a 400, battetela e spianatela bene. Frullate tre o quattro
uova, conditele con sale e pepe, un pizzico di parmigiano, alquanto prezzemolo tritato e
friggetele nel burro in forma di frittata, della larghezza approssimativa della braciuola
su cui la distenderete ritagliandola dove sopravanza e collocando i ritagli dove essa è
mancante. Fatto questo, arrocchiate la braciuola insieme colla frittata ben stretta e
legatela; indi infarinatela e mettetela in una cazzaruola con burro, condendola con sale e
pepe.
Quando sarà ben rosolata da tutte
le parti, bagnatela con brodo per finire di cuocerla e servitela col suo sugo, che a
motivo della farina riuscirà alquanto denso.
343. SFORMATO DI SEMOLINO RIPIENO DI CARNE
Gli sformati ripieni di bracioline o
di rigaglie si fanno ordinariamente di erbaggi, di riso o di semolino; se di quest'ultimo,
servitevi della ricetta n. 230, mescolate tutto il burro e il parmigiano entro al
composto, versatelo in una forma liscia, oppure col buco in mezzo che avrete prima
imburrata, coprendone il fondo con carta unta egualmente col burro. Il ripieno di carne,
che porrete in mezzo al semolino o nel buco dello stampo, tiratelo a sapor delicato con
odore di tartufi o di funghi secchi. Cuocetelo a bagno-maria e servitelo caldo con
alquanto sugo sopra, per dargli migliore apparenza.
344. SFORMATO DI PASTA LIEVITA
Questo sformato di pasta lievita
serve come di pane per mangiare con esso il suo contenuto, che può essere un umido
qualunque di carne o di funghi.
Farina d'Ungheria, grammi 300.
Burro, grammi 70.
Altro burro, grammi 30.
Lievito di birra, grammi 30.
Rossi d'uovo, n. 3.
Panna, o latte buonissimo, decilitri 2.
Sale, quanto basta.
Vi avverto che la panna sarà troppa
al bisogno.
Con un quarto della detta farina, il
lievito di birra e un poco della detta panna tiepida formate un panino come quello dei
Krapfen e mettetelo a lievitare. Intridete il resto della farina, coi grammi 70 di burro,
sciolto d'inverno, i rossi d'uovo, il sale, il panino quando sarà cresciuto del doppio e
tanta panna tiepida da ottenerne una pasta di giusta consistenza da potersi lavorare col
mestolo entro a una catinella. Quando con la lavorazione darà cenno di distaccarsi dalle
pareti del vaso, mettetela a lievitare in luogo tiepido e, ciò ottenuto, versatela sulla
spianatoia sopra a un velo di farina e con le mani infarinate spianatela alla grossezza di
mezzo centimetro.
Prendete uno stampo liscio col buco
in mezzo della capacità di circa un litro e mezzo di acqua, perché con la pasta deve
riempirsi solo per metà, ungetelo e infarinatelo e, tagliata la pasta a strisce,
disponetele in questa maniera. Ad ogni suolo di strisce, finché ne avrete, ungetele coi
grammi 30 di burro soprindicato servendovi di un pennello. Coprite lo stampo e messo
nuovamente a lievitare il composto, quando sarà arrivato alla bocca, cuocetelo al forno o
al forno da campagna.
Riempitelo dopo averlo sformato e
mandatelo in tavola per servire cinque o sei persone.
345. SFORMATO DI RISO COL SUGO GUARNITO DI RIGAGLIE
Tirate un buon sugo di carne e
servitevi del medesimo tanto pel riso che per le rigaglie. Queste, a cui potete aggiungere
qualche fettina di prosciutto, fatele dapprima soffriggere nel burro, conditele con sale e
pepe e tiratele a cottura col detto sugo. L'odore dei funghi o dei tartufi non fa che
bene.
Il riso fatelo soffriggere
ugualmente nel burro così all'asciutto, poi tiratelo a cottura coll'acqua bollente e
dategli grazia e sapore col detto sugo, e per ultimo col parmigiano. Ammesso che il riso
sia grammi 300, uniteci due uova frullate quando avrà perduto il forte calore.
Prendete una forma liscia, tonda od
ovale, ungetela col burro, copritene il fondo con una carta imburrata e versateci il riso
per assodarlo al forno da campagna. Quando lo avrete sformato versateci sopra il sugo
delle rigaglie, che avrete prima condensato alquanto con un pizzico di farina, e servitelo
colle sue rigaglie in giro, avvertendovi che queste devono diguazzare nel sugo.
346. SFORMATO DELLA SIGNORA ADELE
La bella e gentilissima signora
Adele desidera vi faccia conoscere questo suo sformato di gusto assai delicato.
Burro, grammi 100.
Farina, grammi 80.
Gruiera, grammi 70.
Latte, mezzo litro.
Uova, n. 4.
Fate una balsamella con la farina,
il latte e il burro, e prima di levarla dal fuoco aggiungete il gruiera grattato o a
pezzettini e salatela. Non più a bollore gettateci le uova, prima i rossi, uno alla
volta, poi le chiare montate. Versatelo in uno stampo liscio col buco in mezzo dopo averlo
unto col burro e spolverizzato di pangrattato, e cuocetelo al forno da campagna per
mandarlo in tavola ripieno di un umido di rigaglie di pollo e di animelle. Potrà bastare
per sei persone.
347. BUDINO ALLA GENOVESE
Vitella di latte, grammi 150.
Un petto di pollo di circa grammi 130.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Uova, n. 3.
Odore di noce moscata.
Un pizzico di sale.
Tritate colla lunetta la vitella, il
petto e il prosciutto e poi metteteli in un mortaio insieme col burro, col parmigiano, con
un pezzetto di midolla di pane inzuppata nel latte e pestate moltissimo il tutto per
poterlo passare dallo staccio. Ponete il passato in una catinella ed aggiungete tre
cucchiaiate di balsamella n. 137, che, per questo piatto, farete della consistenza di una
pappa; unite al medesimo le uova e l'odore e mescolate bene.
Prendete uno stampo liscio di latta,
ungetelo tutto con burro e ponete in fondo al medesimo, tagliato a misura, un foglio di
carta ugualmente unto col burro; versateci il composto e cuocetelo a bagno-maria.
Dopo sformato, levate il foglio e
sul posto di quello spargete un intingolo composto di un fegatino di pollo tritato e cotto
nel sugo. Servitelo caldo e se vi verrà ben fatto, lo sentirete da tutti lodare per la
sua delicatezza.
Però qui viene opportuno il dire
che tutti i ripieni di carni pestate riescono più pesanti allo stomaco di quelle vivande
che hanno bisogno di essere masticate perché, come dissi in altro luogo, la saliva è uno
degli elementi che contribuiscono alla digestione.
348. BUDINO DI CERVELLI DI MAIALE
Per le sostanze che lo compongono è
un budino nutriente ed atto ad appagare, io credo, il gusto delicato delle signore.
Cervelli di maiale, n. 3.
Questi, che possono arrivare al peso
di grammi 400 circa, richiedono:
Uova, n. 2 e un rosso.
Panna, grammi 240.
Parmigiano grattato, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Odore di noce moscata.
Sale, quanto basta.
Per panna intendo quella densa che i
lattai preparano per montare.
Mettete al fuoco i cervelli col
suddetto burro, salateli e, rimovendoli spesso perché s'attaccano, cuoceteli; ma
avvertite di non rosolarli, indi passateli dallo staccio. Aggiungete dopo il parmigiano,
la noce moscata, le uova frullate, la panna e, mescolato bene ogni cosa, versate il
composto in uno stampo liscio, che avrete unto con burro diaccio e mettetelo al fuoco per
restringerlo a bagno-maria.
È quasi migliore freddo che caldo e
questa dose potrà bastare a sei persone.
349. PASTICCIO DI MACCHERONI
I cuochi di Romagna sono
generalmente molto abili per questo piatto complicatissimo e costoso, ma eccellente se
viene fatto a dovere, il che non è tanto facile. In quei paesi questo è il piatto che
s'imbandisce nel carnevale, durante il quale si può dire non siavi pranzo o cena che non
cominci con esso, facendolo servire, il più delle volte, per minestra.
Ho conosciuto un famoso mangiatore
romagnolo che, giunto una sera non aspettato fra una brigata di amici, mentre essa stava
con bramosia per dar sotto a un pasticcio per dodici persone che faceva bella mostra di
sé sulla tavola, esclamò: - Come! per tante persone un pasticcio che appena basterebbe
per me? - Ebbene, gli fu risposto, se voi ve lo mangiate tutto, noi ve lo pagheremo. - Il
brav'uomo non intese a sordo e messosi subito all'opra lo finì per intero. Allora tutti
quelli della brigata a tale spettacolo strabiliando, dissero: - Costui per certo stanotte
schianta! - Fortunatamente non fu nulla di serio; però il corpo gli si era gonfiato in
modo che la pelle tirava come quella di un tamburo, smaniava, si contorceva, nicchiava,
nicchiava forte come se avesse da partorire; ma accorse un uomo armato di un matterello, e
manovrandolo sul paziente a guisa di chi lavora la cioccolata, gli sgonfiò il ventre, nel
quale chi sa poi quanti altri pasticci saranno entrati.
Questi grandi mangiatori e i
parassiti non sono a' tempi nostri così comuni come nell'antichità, a mio credere, per
due ragioni: l'una, che la costituzione dei corpi umani si è affievolita; l'altra, che
certi piaceri morali, i quali sono un portato della civiltà, subentrarono ai piaceri dei
sensi.
A mio giudizio, i maccheroni che
meglio si prestano per questa pietanza sono quelli lunghi all'uso napoletano, di pasta
sopraffine e a pareti grosse e foro stretto perché reggono molto alla cottura e succhiano
più condimento.
Eccovi le dosi di un pasticcio
all'uso di Romagna, per dodici persone, che voi potrete modificare a piacere, poiché, in
tutti i modi, un pasticcio vi riuscirà sempre:
Maccheroni, grammi 350.
Parmigiano, grammi 170.
Animelle, grammi 150.
Burro, grammi 60.
Tartufi, grammi 70.
Prosciutto grasso e magro, grammi 30.
Un pugnello di funghi secchi.
Le rigaglie di 3 o 4 polli, e i loro ventrigli, i quali possono pur anche
servire, se li scattivate dai tenerumi.
Se avete oltre a ciò creste, fagiuoli e uova non nate, meglio che mai.
Odore di noce moscata.
Tutto questo gran condimento non vi
spaventi, poiché esso sparirà sotto alla pasta frolla.
Imbiancate i maccheroni, ossia date
loro mezza cottura nell'acqua salata, levateli asciutti e passateli nel sugo n. 4, e lì,
a leggerissimo calore, lasciateli ritirare il sugo stesso, finché sieno cotti.
Frattanto avrete fatta una
balsamella metà dose del n. 137 e tirate a cottura le rigaglie col burro, sale e una
presina di pepe, annaffiandole col sugo. Tagliate le medesime e le animelle a pezzetti
grossi quanto una piccola noce e dopo cotte, aggiungete il prosciutto a piccole strisce, i
tartufi a fettine sottili, i funghi fatti prima rinvenire nell'acqua calda e qualche presa
di noce moscata, mescolando ogni cosa insieme.
La pasta frolla suppongo l'abbiate
già pronta, avendo essa bisogno di qualche ora di riposo. Per questa servitevi della
intera dose del n. 589, ricetta A, dandole odore colla scorza di limone; ed ora che avete
preparato ogni cosa, cominciate ad incassare il vostro pasticcio, il che si può fare in
più modi; io, però, mi attengo a quello praticato in Romagna ove si usano piatti di rame
fatti appositamente e bene stagnati. Prendetene dunque uno di grandezza proporzionata ed
ungetelo tutto col burro; sgrondate i maccheroni dal sugo superfluo e distendetene un
primo suolo che condirete con parmigiano grattato, con pezzetti di burro sparsi qua e là
e con qualche cucchiaiata di balsamella e rigaglie; ripetete la stessa operazione finché
avrete roba, colmandone il piatto.
Tirate ora, prima col matterello
liscio, poi con quello rigato, una sfoglia di pasta frolla grossa uno scudo e coprite con
essa i maccheroni fino alla base, poi tiratene due strisce larghe due dita e colle
medesime formanti una croce a traverso, rinforzate la copritura; cingetelo all'intorno con
una fasciatura larga quanto gli orli del piatto e se avete gusto per gli ornamenti, fatene
tanti quanti n'entrano colla pasta che vi rimane, non dimenticando di guarnire la cima con
un bel fiocco. Dorate l'intera superficie con rosso d'uovo, mandate il pasticcio in forno,
e in mancanza di questo cuocetelo in casa nel forno da campagna; infine imbanditelo caldo
a chi sta col desiderio di farne una buona satolla.
350. UMIDO INCASSATO
Fate una balsamella con:
Farina, grammi 150.
Burro, grammi 70.
Parmigiano, grammi 30,
Latte, decilitri 6.
Prendete poi:
Uova, n. 3.
Sale, quanto basta.
Spinaci, un mazzetto.
Gli spinaci lessateli, spremeteli e
passateli dal setaccio. Le uova scocciatele quando ritirate la balsamella dal fuoco, e
alla metà della medesima date il color verde coi detti spinaci.
Prendete uno stampo di rame fatto a
ciambella, col buco in mezzo e scannellato all'ingiro, ungetelo bene con burro diaccio e
riempitelo prima colla balsamella verde, poi colla gialla e fatela ristringere a
bagno-maria. Sformatela calda e riempitela nel mezzo con un intingolo ben fatto di
rigaglie di pollo e di animelle, oppure di bracioline di vitella di latte con odore di
funghi o tartufi. Il manicaretto tiratelo a cottura col burro e col sugo di carne oppure
in altra maniera, facendo in modo che riesca delicato, e vedrete che questo piatto farà
bellissima figura e sarà lodato.
351. SFORMATO DI RISO COLLE RIGAGLIE
Riso, grammi 150.
Parmigiano, grammi 30.
Burro, grammi 20.
Latte, circa decilitri 7.
Uova, n. 3.
Sale, quanto basta.
Cuocete il riso nel latte unendovi
il burro, salatelo e in ultimo, quando è diaccio, aggiungete il resto. Versatelo in uno
stampo liscio col buco in mezzo e la carta imburrata sotto, mettetelo per poco tempo, onde
non indurisca, a bagno-maria, sformatelo caldo e guarnitelo colle rigaglie in mezzo.
Questa dose potrà bastare per cinque persone.
352. UMIDO DI RIGAGLIE DI POLLO COL SEDANO
Quando alle rigaglie di pollo si
uniscono i colli, le teste e le zampe, diventa un piatto da famiglia che tutti conoscono;
ma quando si tratta di farlo più gentile coi soli fegatini, creste, uova non nate,
fagiuoli e anche ventrigli (purché questi li scottiate prima nel brodo e li nettiate dal
tenerume), per renderlo di grato sapore e delicato, potete regolarvi nella seguente
maniera:
Prima date un terzo di cottura
nell'acqua salata al sedano tagliato lungo mezzo dito all'incirca. Poi fate un battutino
di prosciutto grasso e magro e poca cipolla, mettetelo al fuoco con burro e quando sarà
ben rosolato, versate prima i ventrigli, tagliati in tre pezzi, poi un pizzico di farina
di patate, indi i fegatini in due pezzi e tutto il resto. Conditelo con sale, pepe e odore
di spezie e quando avrà tirato il sapore annaffiatelo con brodo e poco sugo di pomodoro o
conserva. Mettete a soffriggere a parte il sedano nel burro e quando sarà cotto versateci
dentro le rigaglie, fatelo bollire ancora alquanto, se occorre brodo versatecene e
servitele.
353. SCALOPPINE ALLA BOLOGNESE
Questo è un piatto semplice e sano
che può servire da colazione o per tramesso in un pranzo famigliare.
Magro di vitella di latte senz'osso,
grammi 300.
Patate, grammi 300.
Prosciutto grasso e magro tagliato fine, grammi 80.
Burro, grammi 70.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Odore di noce moscata.
Lessate le patate non troppo cotte,
o cuocetele a vapore, il che sarebbe meglio, e dopo tagliatele a fette sottili più che
potete. Tagliate il prosciutto per traverso a striscioline larghe un dito scarso.
Tritate minutissima la carne con un
coltello a colpo, e conditela con sale, pepe e un poco di noce moscata, perché questa e
le droghe in genere, come già sapete, sono opportune nei cibi ventosi. Dividete questa
carne in dodici parti per formarne altrettante scaloppine, schiacciandole con la lama del
coltello, poi cuocetele in bianco, cioè senza rosolarle, con la metà del detto burro.
Prendete un piatto o un vassoio di
metallo, versateci l'unto che può esser rimasto dalla cottura e quattro scaloppine,
coprendole con la terza parte del prosciutto e sopra questo collocate la terza parte delle
patate che condirete col parmigiano e con pezzetti del burro rimasto. Ripetete la stessa
operazione per tre volte, e per ultimo ponete il piatto a crogiolar fra due fuochi e
servitelo. È un quantitativo che può bastare per quattro o cinque persone.
354. PICCIONE COI PISELLI
Vogliono dire che la miglior morte
dei piccioni sia in umido coi piselli. Fateli dunque in umido con un battutino di cipolla,
prosciutto, olio e burro collocandovi i piccioni sopra, bagnandoli con acqua o brodo
quando avranno preso colore da tutte le parti per finirli di cuocere. Passatene il sugo,
digrassatelo e nel medesimo cuocete i piselli co' quali contornerete i piccioni nel
mandarli in tavola.
355.
LESSO RIFATTO
Talvolta per mangiare il lesso più
volentieri, si usa rifarlo in umido; ma allora aspettate di avere un tocco di carne corto
e grosso, del peso non minore di mezzo chilogrammo. Levatelo dal brodo avanti che sia
cotto del tutto e mettetelo in cazzaruola sopra un battuto di carnesecca, cipolla, sedano,
carota e un pezzetto di burro, condendolo con sale, pepe e spezie. Quando il battuto sarà
strutto, tirate la carne a cottura con sugo di pomodoro o conserva sciolta nel brodo.
Passate l'intinto, digrassatelo e rimettetelo al fuoco col pezzo della carne e con un
pugnello di funghi secchi rammolliti.
356. LESSO RIFATTO ALL'INGLESE
L'arte culinaria si potrebbe
chiamare l'arte dei nomi capricciosi e strani. Toad ín the bole, rospo nella tana; così
chiamasi questo lesso rifatto, il quale, come osserverete dalla ricetta, e come sentirete
mangiandolo, se non è un piatto squisito sarebbe ingiuria dargli del rospo.
A Firenze mezzo chilogrammo di carne
da lesso, che può bastare per tre persone, resta, netta dell'osso, gr. 350 circa e,
prendendo questa quantità per base, frullate in un pentolo un uovo con grammi 20 di
farina e due decilitri di latte. Tagliate il lesso in fette sottili e, preso un vassoio
che regga al fuoco, scioglieteci dentro grammi 50 di burro e distendetelo sopra questo,
poi conditelo con sale, pepe e spezie. Quando avrà soffritto da una parte e dall'altra
spargetegli sopra una cucchiaiata colma di parmigiano e poi versate sul medesimo il
contenuto del pentolo. Lasciate che il liquido assodi e mandatelo in tavola.
357. LESSO RIFATTO ALL'ITALIANA
Se non vi dà noia la cipolla,
questo riesce migliore del precedente. Per la stessa quantità di lesso trinciate gr. 150
di cipolline, mettetele in padella con grammi 50 di burro e allorché cominciano a
rosolare buttateci il lesso tagliato a fette sottili, uno spicchio d'aglio intero, vestito
e leggermente stiacciato, che poi leverete, e conditelo con sale e pepe. Via via che
accenna a prosciugare bagnatelo col brodo e dopo sette od otto minuti uniteci un pizzico
di prezzemolo tritato e il sugo di mezzo limone, e servitelo.
358.
OSSO BUCO
Questo è un piatto che bisogna
lasciarlo fare ai Milanesi, essendo una specialità della cucina lombarda. intendo quindi
descriverlo senza pretensione alcuna, nel timore di essere canzonato.
È l'osso buco un pezzo d'osso
muscoloso e bucato dell'estremità della coscia o della spalla della vitella di latte, il
quale si cuoce in umido in modo che riesca delicato e gustoso. Mettetene al fuoco tanti
pezzi quante sono le persone che dovranno mangiarlo, sopra a un battuto crudo e tritato di
cipolla, sedano, carota e un pezzo di burro; conditelo con sale e pepe. Quando avrà preso
sapore aggiungete un altro pezzetto di burro intriso nella farina per dargli colore e per
legare il sugo e tiratelo a cottura con acqua e sugo di pomodoro o conserva. Il sugo
passatelo, digrassatelo e rimesso al fuoco, dategli odore con buccia di limone tagliata a
pezzettini, unendovi un pizzico di prezzemolo tritato prima di levarlo dal fuoco.
359. CARNE ALL'IMPERATRICE
Vi è molta ampollosità nel titolo,
ma come piatto famigliare da colazione può andare; le dosi qui indicate bastano per
cinque persone.
Carne magra di manzo nello
scannello, grammi 500.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Parmigiano grattato, cucchiaiate colme n. 3.
Uova, n. 2.
Se non avete il tritacarne per
ridurre in poltiglia tanto la carne che il prosciutto, servitevi del coltello e del
mortaio. Uniteci il parmigiano e le uova, condite il composto con sale e pepe, mescolatelo
bene, e con le mani bagnate fatene una stiacciata alta due dita.
Ponete al fuoco in una teglia o in
un tegame 30 grammi di burro e due cucchiaiate d'olio; quando cominciano a bollire
collocateci la detta stiacciata di carne e sulla medesima spargete uno spicchio d'aglio
tagliato a fettine e alcune foglie di ramerino. Fate bollire, e quando comincia a
prosciugarsi bagnatela con sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua. Mandatela in
tavola contornata dalla sua salsa.